Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
Times of Israel_Negevdesert

Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete!” (Is 35,4)

Qualcuno che abbia avuto la pazienza di contare tutte le occorrenze, attesta che nella Bibbia siano 365 le espressioni con cui siamo invitati a superare la paura, perché è in Dio, Signore della Vita, che si svolge la nostra vita con le sue mille ri-partenze.Quasi a ricordarci che, ogni giorno, abbiamo bisogno  di qualcuno che ci affianchi e scacci ogni nostra paura, da quella di morire a quella di vivere, fino a quella – trasversale – che nell’altro risieda il rischio principe della nostra esistenza.

Il deserto che fiorisce

La prima lettura della III domenica di Avvento, tratta dal libro del profeta Isaia, è un tripudio di immagini, realistiche e al contempo simboliche.
Ci raccontano l’esperienza di un popolo che vive a stretto contatto con un deserto, come quello del Negev. Con il suo fascino aspro e crudele, che ci mette a contatto con la difficoltà di stare al mondo, in tanti contesti naturali e umani, in cui la vita è, anzitutto, lotta per non soccombere.

Con una traslazione antropomorfa, abbiamo la steppa che “canta con gioia e con giubilo” (Is 35,2). Senza viverlo, è difficile immaginare l’esperienza di vitalità che il deserto sa esprimere quando una sola goccia d’acqua, attesa da tempo, diventa abbastanza affinché la vita fiorisca in ogni angolo, con fauna e flora che si risvegliano, come da un lungo torpore. Allora, anche il deserto e la steppa fioriscono, regalando mille colori sgargianti, ad una realtà – fino a quel momento – monocolore.

Dalla natura all’uomo

Lo spettacolo di un risveglio graduale, progressivo ma inesorabile, pare coinvolgere, a poco a poco, anche l’uomo: anche “le mani fiacche” si irrobustiscono e le “ginocchia vacillanti” tornano “salde” (Is 35, 3); “lo zoppo” salta “come un cervo” e grida “di gioia la lingua del muto” (Is 35, 6).

Come inebriato, l’uomo esplode di gioia, gratitudine e stupore. Tutte le immagini rimandano a qualcosa di incontenibile, che prorompe, che esonda dagli argini, come l’acqua dei fiumi che scende impetuosa, dopo mesi di secca.

Questa è la reazione auspicata dal profeta Isaia,  da parte dell’uomo, di fronte all’arrivo di Dio.

Felice ricongiungimento

Proseguendo nel testo, la descrizione ci informa che “ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa”: si tratta di “una via che il suo popolo potrà percorrere e gli ignoranti non si smarriranno” (Is 35, 8).

La natura non è più infida: non ci sono più leoni , né altre bestie feroci (Is 35, 9). Sono rimossi tutti gli ostacoli che rendono disagevole l’attraversamento. Non ci sono più ragioni che spingano a provare paura e smarrimento, per cui, nel versetto finale (Is 35, 10) arriva a dire che “fuggiranno tristezza e pianto”.

Deserto: fuori e dentro di noi

Da noi non c’è il deserto del Negev, con l’aspro fascino delle sue distese di sabbia a perdita d’occhio, fino a che l’intero orizzonte sembra dissolversi in un’unica nuvola di polvere, lasciandoti incerto sul tuo incedere. C’è però l’asperità dell’inverno, che rende il terreno rigido e difficoltoso da calpestare. C’è il letargo della natura e degli animali, per affrontare la rigidità delle temperature. C’è quel senso di sonnolenza greve che -– in un certo senso – accomuna l’aria fina e penetrante dei mesi invernali, con quel “meriggiare pallido e assorto” di montaliana memoria che caratterizza, al contrario, i torridi pomeriggi estivi.

E allora, forse, anche da qui, senza partire per il Negev, possiamo comprendere l’invito alla gioia che proviene dal profeta Isaia. Se Dio non è solo il Creatore che, nella notte dei tempi, ha dato avvio al respiro del mondo, ma è – soprattutto – il “Dio dei vivi” (Lc 20, 38) e la “sorgente della vita” (Gv 4, 5-42), allora è in Dio che si svolge la nostra vita – tutta intera – con le sue mille ri-partenze. E, ognuna, può diventare occasione di propizia crisi, perché ogni “morte” diventa vita, quando è a contatto con il Signore della vita, Colui che, sconfiggendo la morte, fa “nuove tutte le cose” (Ap 21, 5).  


Riferimento: letture festive ambrosiane,  (anno A), particolarmente Isaia 35, 1-10

Fonte immagine: Times of Israel

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