Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
Sposa_Chiesa

La sposa è la chiesa

La chiesa è la sposa. La Chiesa-Sposa richiama il linguaggio del popolo d’Israele e del libro del profeta Osea1, in cui l’amore di Dio, fedele oltre ogni tradimento, riconquista l’amore della sposa, che si è mostrata come prostituta, immagine del popolo d’Israele, infedele ed idolatra.

Particolarità ambrosiane

Il rito ambrosiano, al contrario del romano, in questo periodo vede una difformità significativa. La seconda domenica di ottobre vede sempre la solennità della Dedicazione della Cattedrale, cui seguono due domeniche, prima della Solennità di Cristo Re e l’Avvento, che nel Rito Ambrosiano, ricalcando il periodo penitenziale della Quaresima è di ben sei settimane. La seconda domenica dopo la Dedicazione cede alla Commemorazione di tutti i fedeli defunti, mentre la solennità di Tutti i Santi (1º novembre), qualora cadesse di Domenica, è anticipata e celebrata il sabato 31 ottobre.

Fare ed essere Chiesa: la storia del Duomo

Ancora oggi, la “fabbrica del Duomo”, non solo a Milano, è sinonimo di un’opera mai conclusa, sempre in via di compimento, di cui si sospetta di non poter vedere il termine effettivo, nel corso di una sola vita umana. La leggenda vede iniziare nel 1386 e la storia dice consacrata da san Carlo Borromeo il 20 ottobre 15772. Numerosi furono le maestranze ed i manovali che parteciparono, a titolo puramente gratuito, con professionalità e generosità, all’opera, ma ben pochi ebbero il privilegio di vedere compiuta questa colossale impresa. È quasi una metafora del Regno di Dio: ciascuno di noi è chiamato a costruirlo, dove si trova, con quello che ha ed il tempo che ha; il risultato parrà sempre piccola cosa, ma la giusta prospettiva è possibile averla solo con lo sguardo dell’aquila, che osserva dall’alto, a cose finite, l’opera compiuta. Solo allora, tutto acquista senso e significato.

Il Duomo e la città

La cattedrale domina l’omonima piazza, in una simbosi che le rende pressoché combacianti, tanto è vero che, nell’accezione, il Duomo “è”, alternativamente, ma indissolubilmente, la chiesa, la piazza, come anche la congiunzione delle linee metropolitane 1 e 3, punto di riferimento universale rispetto a qualunque altra meta cittadina. Fulcro del brulichio della vita cittadina, operosa ed indaffarata durante il giorno, diventa cornice di splendidi albe e tramonti, indistintamente ad uso di sperduti turisti o lavoratori che vi passano accanto.

In cima alle guglie, tra tante statue, tutta d’oro, svetta la “Madonnina”, tanto cara ai milanesi che, dal pavimento stradale, alzano gli occhi in su, quasi a domandarne protezione, nelle loro giornate indaffarate.

Il Duomo di Milano non è quindi – soltanto – una “bella chiesa” e neppure solo la Cattedrale dei Milanesi. È il cuore pulsante della religiosità di tutto il rito ambrosiano, diffuso, a macchia di leopardo, in Lombardia, a partire dall’opera liturgica dello stesso vescovo Ambrogio, a cui deve il proprio nome. Ebbene, è in questa cornice che s’innesta la lettura apocalittica.

L’apocalisse, rivelazione di Dio

Il termine “Apocalisse”, titolo dell’ultimo libro della Bibbia, deriva dal vocabolo greco ἀποκάλυψις (apocalipsys), che deriva, a propria volta, dal verbo ἀποκαλύπτω (apocalyptō, lett. “azione di togliere ciò che copre o nasconde”): per questo motivo, in alcune traduzioni, specie nel mondo anglosassone e tedesco.,è nota – forse con un termine meno ambiguo, ai giorni nostri – come “Rivelazione”. Basta pensare, del resto, a film iconici come “Apocalypse Now” per rendersi conto che, spesso, ci si muove dall’equivoco che apocalisse sia sinonimo di “disastro irreversibile”.

Cristo e la Chiesa

In realtà, temi fondamentali sono proprio la rivelazione di Gesù Cristo e del suo messaggio di salvezza, sia nella storia che oltre il tempo storicamente inteso.

L’approfondimento della figura del Salvatore emerge, in modo particolare, anche tramite il rincorrersi di titoli cristologici, che la liturgia, nel corso del tempo, ha acquisito (l’alfa e l’omega 3, Colui che siede sul trono 4, l’Amen 5). È, inoltre un testo che parla di e alla chiesa, in ogni sua accezione – immanente e trascendente, locale ed universale, nel tempo ed oltre il tempo –.

Canonicità e diffusione

Se in Egitto e in Occidente, il testo è stato valutato come canonico, in Oriente ha vissuto una certa incertezza, che spiega l’assenza di antichi commentari greci dell’Apocalisse. All’inizio del IV secolo questo libro è abbondantemente utilizzato da sette eretiche, come quelle millenariste, in aperta polemica con la chiesa universale. Ciò spinge autori della fine del IV secolo, come Gregorio di Nazianzo, a sospettarne6.

Sposa, adorna di gioielli”

«Vidi la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21, 2)

Come non vedere in questo passo un richiamo al capitolo 62 di Isaia7? Se la Chiesa è la Nuova Gerusalemme e se il popolo d’Israele, nel suo rifiuto, ha consentito lo spazio per i pagani e per i gentili, ciò può essere detto anche per la chiesa locale, oltre che per quella universale. Del resto, già Ignazio d’Antiochia, nella sua lettera agli Smirnioti, già attuava un’identificazione molto forte tra Gesù Cristo, capo della Chiesa ed il vescovo della chiesa locale che lo rappresentava:

«Ove si presenta il vescovo, lì sia la moltitudine, come dov’è Gesù Cristo, là è la Chiesa universale»8

Tenda di Dio con gli uomini”

La seconda presentazione della Gerusalemme Nuova, che ha luogo verso la fine dell’opera, al capitolo 21, vede un’accentuazione della relazione tra Cristo e la Chiesa, in senso nuziale. Una chiesa che ha – al tempo in cui Giovanni scrive, cioè – ormai piena consapevolezza della propria vocazione universale a chiamare a sé l’intera umanità, così che l’Alleanza di Dio non è più con un solo popolo (Israele), bensì, con l’Umanità. La tenda nuziale richiama la comunione con Dio e la progressiva “divinizzazione” dell’uomo, vero obiettivo di ogni evangelizzazione, compimento progressivo della pienezza del disegno divino di un Dio-con-noi.

“Asciugherà ogni lacrima”

Già in Giobbe9 abbiamo avuto una prima dimostrazione, della sapienza che concilia, “pedagogicamente”, gli alti e i bassi della vita: «Egli fa la piaga e la fascia, ferisce e la sua mano risana” (Gb 5, 18)». Non due divinità, dunque, come professano i manichei. Ma la possibilità che, nella persistenza della libertà, il male possa ritagliarsi un “certo spazio”, che gli sia “permesso” avere luogo. Non, però, per sempre: riprendendo Isaia10, è prospettata la fine, per tutto ciò che è estraneo a Dio ed il compimento, nella comunione senza fine, di coloro che hanno cercato Dio, in parole e opere.

“Parole certe e vere”

La Parola di Dio è nel tempo, ma lo oltrepassa, perché è trascendente. È affidabile, perché è vera. Potente, perché si tratta della stessa parola che ha creato l’universo. Quella stessa parola è incarnata, in Cristo, Figlio di Dio.
Proprio per questo può dire “rendo nuove tutte le cose”(Ap 21, 5).

Apocalisse, il compimento…

La lettura dell’Apocalisse, con la sua esplicita tensione escatologica, potrebbe instillare una sensazione di smarrimento. In realtà, riprendendo i brani profetici veterotestamentari (Ezechiele, Geremia, Isaia, Osea), rende esplicita la novità, compiuta in Cristo, preannunciata dall’Antico Testamento: “Io gli sarò Padre ed egli mi sarà figlio” (2Sam 7, 14)11.

… ma a noi, il cammino!

Un amore affettuoso e tenero, rispettoso ed esigente, ma anche tenace e persistente. È difficile – nelle relazioni umane – mantenere un equilibrio: interessarsi e farsi prossimi, ma senza mai diventare invadenti, impedendo la crescita personale di ciascuno. Per questo, è a Dio che – come singoli, nella Chiesa – guardiamo: puntiamo in alto, è vero, ma consapevoli che la meta è distante, ma meritevole del cammino necessario!


1 Cfr. Osea 2, 21-22:
Ti farò mia sposa per sempre,
ti farò mia sposa
nella giustizia e nel diritto,
nell’amore e nella benevolenza,
22ti farò mia sposa nella fedeltà
e tu conoscerai il Signore.
2 Rif. M. NAVONI, Il duomo di Milano e la liturgia ambrosiana, Nuove Edizioni Duomo, 1992, pp. 31-34
3 Ap 1,8
4 Ap 4,2
5 Ap 3,14
6 Fu inserito nel canone siriaco solo nel VI-VII secolo, mentre bisogna aspettare il XII per il canone armeno (cfr. G. GHIBERTI, Opera giovannea, p. 156 )
7 Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,così
il tuo Dio gioirà per te. (Is 62, 2-5)
8 IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Lettera agli Smirnei, n.8, da Epistolario di Ignazio di Antiochia, contenuto in “Scrittori cristiani antichi”, Roma, Libreria di cultura, 1925, p. 113
9 Che abbiamo trovato nella liturgia di domenica scorsa
10 Il Signore Dio eliminerà la morte per sempre, asciugherà le lacrime su ogni volto, farà scomparire da tutta la terra l’ignominia del suo popolo. (Is 25,8)
11 Cui fa eco l’apolittico verso, poco distante dal brano liturgico: “sarò per lui Dio ed egli mi sarà figlio” (Ap 21, 7)


Rif. Bibliografici:

  • M. NAVONI, Il Duomo di Milano e la liturgia ambrosiana, 2005
  • G. GHIBERTI, Opera giovannea, Elledici, 2003
  • U. VANNI, Apocalisse, libro della Rivelazione : esegesi biblico-teologica e implicazioni pastorali, EDB, 2009

Vedi anche:


Rif. Letture festive ambrosiane, nella Dedicazione della Cattedrale (Ap 1, 10; 21, 2-5)

Io, Giovanni, fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore, e vidi la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e vere».

Fonte immagine Pexels

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