Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
Deserto - figli del Padre

Peculiarità ambrosiane

Per la Chiesa ambrosiana, l’ingresso in Quaresima – oltre al “ritardo”, rispetto alla chiesa universale – si caratterizza da alcune peculiarità; in particolar modo, si caratterizza dal mantenimento di un unico ciclo di letture evangeliche, uguale ogni anno, che connota in modo cristologico e sacramentale1 questo periodo liturgico.

L’ambientazione: un deserto che chiama la comunione

Il deserto chiama alla nostra memoria la solitudine, l’isolamento dalla folla e da ogni altro essere umano. Privo di elementi antropizzati, ci sollecita ad una visione di asperità, dovuta per l’appunto all’assenza dell’intervento umano. Eppure, come ci ricorda Osea2, il deserto è anche un richiamo all’intimità. La possibilità di potersi guardare negli occhi, ascoltandosi profondamente, dopo aver eliminato ogni altra, possibile distrazione. Non si tratta, quindi, di una “fuga” dalla realtà o dall’umano, ma, inserendosi nel solco della Scrittura, Gesù rivela, in questa risposta all’ispirazione dello Spirito («fu condotto dalla Spirito nel deserto»), l’obbedienza al più profondo dei desideri di comunione, che è la ricerca di profonda intimità.

La “maledizione” della croce e la gloria terrena

Pur nella differenza che ciascuna delle tentazioni comporta, tutte e tre possono essere assimilate da due caratteristiche: Satana utilizza la Parola di Dio per cercare di distogliere Cristo dall’obbedienza filiale alla divina volontà, cercando di convincerlo che possa esserci un modo differente per redimere l’uomo, che dribblasse lo “stile” della Croce e, tramite la gloria terrena e una concezione più vicina all’idea di Dio come una sorta di re ipertrofico, potesse corrispondere ai desideri più profondi dell’uomo.

Pietre, pane e Parole

Nella prima tentazione, troviamo una triangolazione di tre immagini: le pietre, il pane e la parola. Le pietre, nel deserto e per chiunque cammini a lungo sono simbolo di un ostacolo che può ostacolare il cammino: anche qualora non costringa ad interromperlo, comporta una maggiore fatica da affrontare, in modo proporzionale alla dimensione di esse. Nel deserto, le pietre diventano sinonimo di frustrazione, se non allucinazione. Ricordano, per forma, il pane. Eppure, chiunque sa bene che assecondare una simile fantasia provocherebbe un dolore lancinante, senza risolvere il problema dello stomaco vuoto. Beninteso, sempre che tu non sia Dio. Questo, evidentemente, impone un cambiamento di prospettiva: l’onnipotenza divina presuppone che non ti sia preclusa la possibilità di trasformare le pietre in pane. Non solo sfamando te stesso, ma risolvendo l’annoso problema della fame, che attanaglia l’uomo, provocando dolore, sofferenza e morte.

Una soluzione sempre allettante

A ben pensarci, una simile tentazione non si esaurisce nel primo incontro col Tentatore, ma accompagna Cristo in tutta la sua predicazione. Il pane moltiplicato per i cinquemila3 diventa, per molti di essi, il motivo principale della sequela: l’aspettativa di essere sfamati è sufficiente a divenire pungolo convincente per seguire quell’insolito, ma autorevole rabbi di Galilea. Ma è sufficiente – anche – a celare tutte le altre “fami” più profonde e significative, che si celano nelle profondità di ogni uomo.

Scegliere un mondo possibile

Tuttavia, pensare a Dio come “risolutore” di ogni problema concreto, equivale a sentirci de-responsabilizzati nelle nostre scelte rispetto ai beni materiali. Mentre, al contrario, è proprio dalla concretezza del nostro rapporto con essi che passa la nostra crescita spirituale. È questo, del resto, il senso proprio del digiuno quaresimale: non una scelta estetica o salutare, ma il tentativo di progredire nello sperimentare nel quotidiano Dio come priorità e i fratelli (anche quando sono molesti!) come destinatari dell’amore che da Dio riceviamo4.

Sic transit gloria mundi

Una redenzione spettacolare. Come un gioco di prestigio, come un’abilità soprannaturale, con cui dilettare l’uomo, ma – anche – distrarlo dalla grande occupazione di vivere, lasciandogli l’illusione che, con un improvviso e inatteso intervento divino, quasi come una magia, sia possibile distruggere il dolore e la morte, senza neppure affrontarli.

Influenzare gli altri, per possederne la volontà

Forse, ogni tanto, vorremmo un Dio che si lanci dal pinnacolo del tempio, che plani sui nostri problemi e li risolva al posto nostro. Simili “performance” potrebbero senz’altro catturare, con la loro esuberante evidenza, la nostra attenzione e portarci a scegliere Dio. In realtà, però, si tratterebbe di soggiogare la volontà dell’uomo, inducendolo ad una fede che non sarebbe davvero libera da condizionamenti, ma “viziata” dalla sensazione di poter vedere risolto ogni nostro problema di ordine pratico – su tutti, il nostro problema atavico con il “limite dei limiti”, cioè la morte.

Un solo Dio

L’ultima tentazione scopre le carte sulle vere intenzioni del diavolo, che è separatore ed ingannatore. Prendere il posto di Dio, scimmiottarne il potere, illudendo i propri adepti che potranno farne parte anche loro, in cambio di qualcosa.

Solo una scimmia…

Prestando attenzione alle parole della proposta, emerge chiaramente l’inganno. Si tratta solo di uno scimmiottamento. Le condizioni proposte sono svantaggiose. L’unica offerta sono regni di questo mondo. Regni che l’uomo può conquistare anche senza Satana. Tutt’altro stile di Dio, che vuole condividere con l’uomo l’amore della vita trinitaria e chiama l’uomo alla pienezza della propria vita.

Fedele al Padre…

Di fronte al tentativo di “rimuovere” Dio dalla sua vita, Cristo non permette che sia incrinato il suo rapporto filiale con il Padre. A rimanere saldo è il desiderio di aderire pienamente alla volontà di Dio, anche quando si rivela impervia o difficile da accettare5.

…fedeli al Padre?

San Tommaso nota come il peccato sconvolga i tre ordini cui l’uomo è soggetto (della ragione, della legge umana e della legge divina)6: per tale motivo, è inevitabile incorrere nelle conseguenze del peccato, che, però, possono anche non essere immediate7. Il peccato è, in definitiva, ciò che mette in discussione e ferisce la relazione con Dio: ecco perché vi si contrappone il profondo desiderio di aderire alla divina volontà e, tramite esso, Cristo riesce ad avere la meglio sulle tentazioni. Per questo, anche noi possiamo seguire la scia di Cristo, facendoci “suoi imitatori”8, solo se riscopriamo il nostro essere figli, amati, del Padre.

L’augurio è che questa incipiente Quaresima possa essere, per ciascuno, un tempo opportuno (kayros) di crescita personale della vita di fede, inserita all’interno della propria vita quotidiana e di relazioni.


1 Se la centralità di Cristo è cifra stilistica tipica della liturgia ambrosiana, la sottolineatura sacramentale sul Battesimo ci ricorda come, in età antica, la Veglia Pasquale rappresentava – oltre alla vittoria di Cristo sulla morte – la celebrazione dell’ingresso dei catecumeni che, dopo aver ricevuto il Battesimo, avevano facoltà di partecipare al consesso dell’assemblea eucaristica in senso pieno (non più solamente alla liturgia della Parola, ma anche alla seconda parte, cioè a quella eucaristica).

2 «…io la sedurrò,
la condurrò nel deserto
e parlerò al suo cuore» (Os 2, 16)

3 Mt 14, 13-21

4 È in quest’ottica che vanno riletti gli appunti profetici contro il culto, la liturgia e il digiuno, come ad esempio, l’accusa mossa in Is 58,4: «Voi digiunate fra litigi e alterchi». Il digiuno rischia di essere sterile, quando non controproducente, se non è sorretto dalla preghiera e non è indirizzato verso una progressione della vita di fede.

5 Del resto, questa è la preghiera di Cristo, di fronte alla prospettiva dell’incombere della Passione e della Croce: “Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!” (cfr. Mt 26, 44)

6 Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, Q. 87, articolo 1

7 Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, Q. 87, articolo 3. L’esempio che riporta è quello del cieco nato: l’Aquinate, riprendendo le parole di Cristo stesso, riconduce alcuni mali (come il “male innocente”) ad effetti a lungo termine del peccato originale e non di un singolo peccato.

8 Cfr. 1Cor 11, 1


Rif. Letture festive ambrosiane, nella I Domenica di Quaresima, ANNO B

Fonte immagine: Juza Photo

Vedi anche: La parola della festa. Quaresima e Pasqua. Anno B/2 – Franco Manzi

2 risposte

  1. il senso proprio del digiuno quaresimale: non una scelta estetica o salutare, ma il tentativo di progredire nello sperimentare nel quotidiano Dio come priorità e i fratelli (anche quando sono molesti!) come destinatari dell’amore che da Dio riceviamo.

    Questo pensiero così profondo mi illumina sulla parola digiuno in questo tempo quaresimale.
    Grazie

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