Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Lassù, nel punto massimo del collasso, Cristoddìo (ri)trova il suo avvocato, mentre «il popolo stava a vedere e i capi, invece, deridevano Gesù»: tutti ridono dei matti in piazza, purché non siano della loro razza. Il pubblico non pagante è una bolgia di ultras inferociti, radunatisi per sbeffeggiare la squadra avversaria: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui l’eletto!» Cristo, rantolante come un agnello che sta per esser scartavetrato, regge gli insulti, resta al suo posto: “Se scendessi, Madremmìa – temo abbia spifferato a Maria – questi ci crederebbero che sono colui che dissi di essere. Ma facendo così, li costringerei. Preferisco, ancora, il rischio della libertà al comodo dell’obbligo”. Restà lì, appeso come un pendolo al palo, in compagnia dei due impostori: anche quassù c’è una trinità a spartirsi gli ultimi rantoli del Re. «Costui è il Re dei Giudei»: lo prendono per i fondelli fino all’ultimo, finchè Dio non dice basta. Finche Cristo non crollerà.

Quand’era vivo era pieno zeppo di gente che gli andava dietro, che stava appresso a lui: adesso che la salita pende e nessuno può più nascondersi, non c’è anima viva di quella ciurma d’ammiratori. Che, chissà perchè, quando facea miracoli sgomitava per stargli appresso mentre adesso ch’è Lui ad aver bisogno dell’unico miracolo – che non lo lascino da solo come un cane abbandonato – se la filano via come fossero dei passeri storditi dopo una sassaiola. In questa bolgia ritrova un’unica bava di conforto: gli arriva dall’ultimo della classe, da quello che meno te l’aspetteresti. Da quello che “quando finisce l’asfalto è lì che inizia la realtà”. La sua carta d’identità, alla voce “segni particolari”, sbizzarrisce la sua fantasia: scavezzacollo, depravato, fustigatore, assassino, bastardo, reo, borioso, infame, spaccone, malvagio. La vita sua, a vedere la condanna che gli hanno affibbiato, è stata tutta un dentro-fuori dalle galere: “Eppure, Signoremio, tu sai bene che non ho esaurito la mia ricchezza nel male che ho fatto!” Eggià: si è tenuto nascosta l’ultima briciola di bontà nel suo sguardo. È l’ultimo presidio della salvezza, la più grande occasione della vita: accorgersi della grandezza di quell’Uomo mentre tutti lo danno per sconfitto. Riconoscer la sua bellezza nella bruttezza di quella deformazione: ritrovare il sorriso di quel Bambino che, nella notte di Betlemme, aveva rischiarato il mondo di speranza. Glielo dice al collega ch’è dall’altra parte, galeotto pure lui, che si diletta a sfottere il Cristo lì vicino: «Noi riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; Egli non ha fatto nulla di male». Mai definizione più suggestiva fu diretta al Cristo: Colui che «non ha fatto nulla di male». Colui che ha fatto solo del bene. Più un’anima è cristiana più si sente responsabile dei peccati altrui. Di difendere il suo Dio.

Il Cielo, in quegli attimi, è una caffettiera fumante sul punto di esplodere: la storia non ha mai vissuto, prima d’ora, uno stress così paranoico. E proprio qui, mentre tutti si arrendono, quest’uomo si sporge dove gli altri hanno già fallito: a scorgere che nella carne squarciata di quell’agonizzante sta il segreto dell’intera storia. Della sua storia sbilenca: “T’ho riconosciuto: sei Re. D’altronde dovunque c’è un’ombra dev’esserci anche una luce. Tu sei il mio Re”. Si guardano negli occhi, s’incrociano in quell’ultimo avamposto di sincerità rimasta e si accorgono che si stavano già guardando: “Quant’è bello quando guardi qualcuno e questo qualcuno era già lì che ti guardava?” avrà riflettuto il Cristo moribondo. È uno sguardo che ti denuda: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Capiscono entrambi di essere giunti puntuali all’appuntamento, è questa la loro sorte: «Oggi, con me, sarai in paradiso (amico mio)». Come una mamma che si rallegra di più della guarigione di uno dei suoi bimbi malati che della costante salute della famiglia intera. A tenerci lontani da Dio non è il male che abbiamo compiuto, è l’insistere nel male. Per chi ritorna e accetta la disciplina, il Paradiso è a portata di mano. Non è mai stato così vicino, ad un battito di ciglia.

(da Il Sussidiario, 19 novembre 2022)

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Vangelo di Luca 23,35-43).

3 Responses

  1. Molte volte non ci accorgiamo di avere Dio così vicino.
    A due passi da noi .
    Pensiamo che visti i nostri fallimenti e le nostre debolezze siamo lontani da Lui.
    Ma Lui è lì .. che ci guarda appunto …basta alzare lo sguardo.
    Grazie Don Marco
    Anna

  2. Quant’è toccante questo Commento, don Marco, specialmente nelle righe conclusive: “Per chi ritorna e accetta la disciplina il Paradiso è a portata di mano”.
    Un segnale di forte speranza, in un mondo che si erge a giudice persino di Dio!
    Già, la Sua lettura del Vangelo è dal basso verso l’alto, e questo facilita anche l’incontro con Cristo Re sofferente, la bellezza di sguardi che si incrociano.
    Spero d’esserci anch’io, un passo dietro San Disma, a chiedere a Gesù di ricordarsi di me.
    Buona serata, Don!

  3. Che bello incontrare un’ occasione così, proprio quando sei disperato sperduto e ti senti da una vita non amato e ancora averci creduto in qualcuno e sentirsi nuovamente non amato e respinto e umiliato proprio da chi dovrebbe farti sentire che non è così che forse ti sei sbagliato e scoprire che non ti sei sbagliato che non ti ama proprio lei una della tua stessa famiglia . Tu che ormai una famiglia non c’è l’ hai più né padre né madre perché sono morti e né fratelli o sorelle perché non ne hai. Non riesci a capire quel gesto di abbandono morale in cui ti lascia, dicendo tanto lei non ha bisogno, sta bene una casa c’è l’ ha i suoi genitori l” hanno lasciata in ottime condizioni, ha anche un lavoro. Come se questo spiegasse la mia fame d”amore . Come se una casa o un lavoro potessero darmi quella carezza sul cuore, quel sentirmi amata che tutti hanno diritto di sentire nella loro vita . Allora in quest’ abbandono incontrare Cristo che anche Lui da quella Croce pende e ha la consapevolezza di dire perdona loro Padre perché non sanno quello che fanno . Allora io la perdono anche se mille volte l’ ho odiata e l’ ho stramaladetta ma ora so che non sapeva ciò che faceva. Non sa con chi ha ed ha avuto a che fare . Ti perdono perché non sai .

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