Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

L’inizio non è affatto dei più semplici. Non dev’essere stato semplice, per quella ciurma di umani che, al seguito del Cristo, decisero di dargli retta per tentare di acciuffare la felicità. Non dev’essere stato facile per un semplice motivo: perchè non si trattava di gettare via il passato ma di rimetterci mano per assicurargli un avvenire. A quel tempo, diciamo, la maggioranza dei fedeli era tutt’intenta a fare l’adorazione perpetua delle regole, h24: erano convinti – li avevano convinti – che l’osservanza delle regole avrebbe assicurato loro felicità perpetua, duratura: una sorta d’immunità contro ogni forma d’insofferenza. Eppure, a veder riflettere le loro facce tristi specchiate ovunque, non si riusciva a credere che la felicità dipendesse esclusivamente dalla legge osservata. Adorata, protetta, custodita. Fu per questo che Cristo, quando venne al mondo, fece capire d’essere venuto per rivoltarlo esattamente come fosse un calzino. La novità ha un fascino a cui difficilmente possiamo resistere: è altrettanto vero, però, che nessuna novità, al momento in cui sopraggiunge, è motivo di felicità. Tutt’altro: «Avete inteso che fu detto (…) Ma io vi dico» sono parole che, dopo millenni di storia, s’ostinano a maledire la comodità dei cuori poco avvezzi a lasciarsi obiettare dal Cristo.

Eppure, a leggerle tutte d’un fiato, non c’è annuncio più melodioso che i cieli siano mai riusciti a cogliere da quando il mondo è tale. L’annuncio è alla portata dei più piccoli: “Cristiano non è colui che osserva scrupolosamente la legge, ma colui che accetta di lasciarsi tenere per mano (mantenere) da Dio”. Nulla di più semplice è mai stato scritto d’apparire così ardimentoso da cogliersi: nessuno, d’altra parte, darebbe mai la sua vita per una pagina piena di parole. Tantissimi, e la storia lo racconta a piene mani, sanno dare la vita in nome dell’amicizia, nel nome d’una persona che nel tempo si è dimostrata affidabile: «Non ci si fida di chiunque – mi confidò un giorno il filosofo Salvatore Natoli -, ci si fida di chi ha dato prova, nel tempo, di essere affidabile. La fiducia si trasforma in dare fiducia a partire dall’affidabilità». Nessuna legge, da sola, può ispirare fiducia per il solo fatto d’esser una legge scritta: è necessario che il legislatore, che chi interpreta una legge, sia in grado di far risuonare l’anima nascosta dietro quelle parole. Al contrario, appariranno poco più che ramaglia destinata ad accendere il fuoco, e non a riscaldare i cuori. Per questo Cristoddio, volendo mettere a ferro e fuoco il mondo intero, non disprezzò nessuna delle parole pronunciate prima di lui ma cercò in tutti i modi di assicurare a quelle parole un futuro, altrimenti avrebbero corso il rischio di diventare delle parole morte. L’annuncio, pertanto, suonò più o meno così: “Suo figlio è intelligentissimo, signora. Però, applicandosi, potrebbe fare molto di più”. Alla famiglia la prof non rinfaccia l’ignoranza crassa e supina del figliolo, ma condivide l’amarezza di vedere che con tutto quel talento sono altre le vette che si potrebbero raggiungere con un po’ d’applicazione in più.

A questo Cristo aspira: non basta essere convinti della bontà di chi invita a «non uccidere», ma essere consapevoli che anche «chiunque si adira con il proprio fratello» se ne sta andando a campi rispetto alla grazia di Dio, al suo bel sogno di umanità. Non basta andare a letto con una donna che non è la tua per disgustare il buon Dio, ma anche una bava lasciata andare a zonzo per il cuore è stare già con un piede nella fossa. E non basta neppur la firma in comune per il divorzio per starsene a cuccia distesi, perchè le conseguenze, quelle no che il tempo non accetterà mai di sistemare con un timbro del messo comunale. Robe così semplici da far innervosire le intelligenze d’ogni tempo. Sfumature senza le quali la vetta rimarrà sempre ad un passo da possibile, annessi e connessi: che ci sfondiamo a furia di rispettare ogni regola con la più certosina delle attenzioni per poi non ricevere in cambio null’altro che un’eterna frustrazione. Cristo, per (ri)dire queste parole, avrà sempre a disposizione la sue più che buone ragioni.

(da Il Sussidiario, 11 febbraio 2023)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno» (Vangelo di Matteo 5,17-37).

2 risposte

  1. Don Marco, corro il rischio di uscire…fuori traccia ma questa cosa che ho dentro devo esprimerla: della serie “o adesso o mai più!”.
    Penso che di Gesù Cristo abbiamo afferrato ben poco, se è vero -come è vero- che al termine della pandemia siamo rientrati nelle nostre chiese come se niente fosse, ossia così come ne siamo usciti (dalle chiese) nel Febbraio/Marzo 2020.
    Ho provato a far presente a qualche Sacerdote l’opportunità di una bella celebrazione all’aperto, col Celebrante e i chierichetti sul sagrato, con amplificatori ben posizionati che permettessero di udire bene il canto del Te Deum, quale ringraziamento solenne al Signore e quale segno delicato di gioia profonda, di attenzione e di rispetto per Lui.
    Nessuna risposta (come di consueto…), quasi ci fosse assuefazione ai Riti. E mi fermo qui.
    Ci inchiniamo alla società, pure al contesto digitale, che chiede l’ossessionante conferma della nostra identità, ma ci viene l’orticaria se dobbiamo riconoscere in Gesù Cristo il Kyrios.
    Quel “sta scritto, ma io vi dico” mi piace assai perché mi fa pensare all’autorevolezza di Chi mi parla e al fascino di una possibilità che va ben oltre le mie povere attese e ben oltre la mia immaginazione, ragion per cui sto mandando all’aria almeno questi due anni e mezzo di ossessiva dipendenza tecnologica (quasi non fossimo più uomini e donne senza essere connessi) per restituire alla Presenza il posto che merita.
    Ben vengano, allora, le h24 perpetue se c’è Lui davvero al centro e se rendere significativa la Sua Presenza significa mettersi in ascolto della Parola e dinanzi a quello Sguardo che attrae!
    L’insignificanza evidenziata in M. POZZA, Chi dorme non piglia Cristo, Rizzoli 2022 p. 152 ha, senza dubbio, a che vedere con “i pagani che vanno a messa”: proprio perché pagani, ci occupiamo dei punti e delle virgole, dei sacrifici (inutili), di guardare di traverso i sorrisi gioiosi di chi ha scoperto Cristo e avverte l’urgenza di raccontare la sua nuova Vita, per fossilizzarci -noi “pagani che vanno a messa”- nelle abitudini.
    Tutto questo mi irrita, e non poco, e l’esempio della prof. che ha fatto nel Commento odierno descrive alla perfezione ciò che un giorno potremmo sentirci dire.
    Ed è bellissimo questo passaggio: “L’argomentare di Cristo è liscio: ‘Se vi comporterete come vi siete comportati finora, al massimo resterete a galla. Io sono venuto per allenarvi a diventare fuoriclasse’. Diventare adulti, con Cristo, è terribile a farsi. E’ molto più facile evitarlo e passare da un’infanzia all’altra, da una regola all’altra, da una schiavitù all’altra” (M. POZZA, Chi dorme non piglia Cristo, Rizzoli 2022, p. 155).
    Grazie di cuore, Don!

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