Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
"Dal latte materno noi veniamo", statua di Vera Omodeo

Maggio è il mese della madri, perché mese del rosario, dove le Avemaria ci ricordano ad ogni incedere della preghiera che c’è stata una donna che ha portato in grembo Dio. È mese della Festa della Mamma. È un mese che, per la sua bellezza stagionale – la primavera nel suo splendore, il sole che torna a scaldarci, la luce che si spinge fino alle ore che, fino a poco fa, erano dominio della notte, insomma per la sua dolcezza – non può che riportarci col pensiero proprio a colei che ci ha portato in grembo, alla madre di ciascuno di noi.

Quest’anno, però, è accaduto che una madre abbia fatto scalpore, che abbia fatto molto parlare di sé.

Qualche settimana fa, infatti, abbiamo assistito al rifiuto, da parte della Soprintendenza delle Belle Arti di Milano, di una statua dell’artista Vera Omodeo, da collocarsi, eventualmente, in una piazza milanese. Titolo dell’opera: Dal latte materno veniamo. Motivazione del rifiuto: “la scultura rappresenta valori certamente rispettabili ma non universalmente condivisibili da tutti, tali da scoraggiarne l’inserimento nello spazio pubblico”. Poi viene suggerito che “l’opera venga proposta in donazione a un Istituto privato, come un ospedale o un istituto religioso, all’interno del quale sia maggiormente valorizzato il tema della maternità, qui espresso con delle sfumature squisitamente religiose”. 

Il cortocircuito dell’Occidente mi pare abbastanza sintetizzato in questo episodio, il cui inevitabile polverone mediatico non si è ancora placato.

È chiaro che, anche a livello culturale, una statua di donna che allatta insospettisce. La risposta della commissione, infatti, è paradossalmente molto chiara. 

Qual è il problema? Il problema è la madre che allatta, che, a parere della commissione, ha sfumature squisitamente religiose. E il religioso, il sacro, non può più trovare spazio nei luoghi pubblici, in Occidente. Tanto che se ne consiglia la collocazione in un istituto privato, dove il sacro, forse, può continuare a vivere.

A questo punto, però, è naturale chiedersi, ma la maternità è un valore cristiano o universale? Essere madri (e anche padri) è una questione che riguarda solo i credenti? In che senso una madre e il figlio rappresentano “valori rispettabili ma non un universalmente condivisibili”?

Essere madri e padri, figli e figlie, non è una questione che ci riguarda tutti, al di là del credo, politico e religioso, dell’etnia, della nazionalità? Il fatto stesso di essere figli, di provenire tutti da un padre e da una madre, non rende la paternità e la maternità un valore universale? 

A quanto pare per alcuni (molti?), non è così. Perché se una madre che allatta un bambino causa così tanto trambusto e turbamento, significa che la genitorialità è oggi troppo sospetta, forse troppo cristiana, almeno secondo le motivazioni della commissione.

Sorge così, necessariamente, un’altra domanda. 

Negare il valore universale della maternità, non significa negare anche chi ci ha generato, nostra madre e, quindi, negare noi stessi?

È il titolo stesso dell’opera di Vera Omodeo a spiegare perché la maternità è invece un valore universale, ovvero perché tutti noi dal latte materno veniamo. Sta lì, in quel nutrimento che passava dal corpo di nostra madre al nostro, la verità del valore. Senza quel latte, non saremo qui. E anche chi non è stato nutrito a quel modo, è per cause di forza maggiore che non ha potuto suggere dalla madre. Ma ciò non nega la verità di ciò che l’artista aveva ben compreso e ben espresso con la sua opera.

Così, in un periodo in cui le statue delle mamme che allattano vengono rifiutate perché “turbatrici” dello spazio pubblico, ci verrebbe da dire, con Troisi e Benigni, non ci resta che piangere! Oppure, e questo sì sarebbe molto cristiano, alle litanie finali del rosario che in questi giorni stiamo recitando, potremo pensare di aggiungere, senza turbare nessuno, un Madre che allatti, prega per noi!

Alberto Trevellin (Padova 1988), laureato in scienze religiose prima a Padova, poi a Venezia, è insegnante di religione. Sostiene che i bambini salveranno il mondo e che senza di essi non potrebbe vivere. La mattina, quando si sveglia, guarda verso il monte Grappa, per il quale ha un amore smisurato. Ama camminare tra le alte cime delle Dolomiti, correre in mezzo ai boschi, andare per sentieri sconosciuti. È sposato con una donna che crede affidatagli da Dio e ha due bambine bellissime quanto vispe.

4 Responses

  1. Davvero non ci resta che piangere,la cosa più bella del mondo viene sottovalutata e rinnegata,ormai è tutto artificiale forse per questo si trovano scuse per non trasmettere alle nuove generazioni la grandezza e la tenerezza che l’amore può dare,in questo modo il mondo và a rotoli.ma l’amore e la speranza vincono sempre.buona giornata

  2. Bellissima la chiusa Madre che allatti prega per noi, perché in ogni parte del mondo non c’è mamma che con il suo adorabile fagottino non stia allattando dalla foresta alla savana……!!!

  3. Ma, per esempio, le statue di Garibaldi o la statua del dito medio in piazza Affari a Milano rappresentano invece valori universalmente condivisibili da tutti?
    Com’è evidente, la motivazione della censura è pretestuosa.
    Il problema è che la dittatura femminista e gender, anche se ancora non formalmente, di fatto è già al potere e pretende di imporre i propri dogmi a tutti, e la vicenda della statua di Vera Omodeo ne è una delle tantissime testimonianze.
    Altro che stato laico…!

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