Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Ammetto senza vergogna che la geografia della mia nazione, l’ho imparata alla televisione prima che sui libri di geografia. Ancora oggi, quando percorro una autostrada del nostro bel paese, leggendo i nomi delle città sui cartelli stradali mi viene spontaneo abbinarle a qualche tappa del Giro d’Italia. Non mi rendo nemmeno conto, così facendo, che contribuisco a vincere l’innato campanilismo che c’è tra un paese e l’altro, unendoli con un trattino: non Cuneo contro Pinerolo (il calcio ragiona così), ma Cuneo-Pinerolo. La città di Cuneo che crea un filo di alleanza con quella di Pinerolo per dare vita, nel 1949, all’epica fuga del grande Coppi. È la bellezza del Giro d’Italia che, ogni anno, ritorna a fare da collante alla nostra madre patria. Vicentini e siracusani, emiliani e calabresi, quelli del Nord e quelli del Sud aspettano il Giro come uno specchio nel quale riconoscersi. Ed è tutta bellezza gratis, in diretta: «Il ciclismo è lo sport più popolare perchè non si paga il biglietto» scrisse Pier Paolo Pasolini. Passa davanti a casa tua: basta uscire.

Ogni anno, poi, è sempre la solita tiritera: “Troppo piatto, troppo noioso, è troppo montuoso o troppo collinare, poche salite o troppe discese”. Il Giro lo sa, però, che la differenza alla fine la faranno i corridori. Ed è l’altra lezione di vita a disposizione: anche i giorni della vita sono tutti uguali, della stessa durata, con più o meno lo stesso probabile meteo (per questo, le patate, si è soliti piantarle ad aprile). Eppure ogni giorno è sempre una potenzialità nuova: sono gli uomini a rendere diverso un giorno dall’altro. Sono i ciclisti a rendere ogni tappa, anche la più semplice, una tragedia classica o un romanzo, a seconda dell’estro e della forza fisica, anche dell’anima. Pantani, il Marco nazional-popolare, era più che convinto che fosse inutile avere una bici leggera se poi si porta nell’anima un corpo pesante come un macigno. Quando morì, le sue parole raddoppiarono la loro leggerezza e la loro pesantezza.

Ancora oggi adoro questo corso di geografia sull’Italia: il Giro è un maestro che spiega e racconta l’Italia scrivendo con la penna sull’asfalto. Cancellando imprecisioni e sbavature con gocce di sudore dalla fronte dei suoi protagonisti. Che, alla fine, vincono tutti: chi una tappa, chi una maglia (rosa, ciclamino o azzurra che sia), chi la classifica finale, chi passa per primo sulla montagna più alta. Anche chi si migliora dall’anno precedente, chi non molla, chi non si perde d’animo, chi tiene duro e lo completa. È la felicità che assomiglia al Giro d’Italia: l’aspetti a lungo e lei passa velocissima davanti a te. Lasciandoti batticuore o mestizia.

(da Specchio de La Stampa, 12 maggio 2024)

3 Responses

  1. Hai ragione caro Don Marco,la vita è come il giro d’ Italia con le sue salite, discese, fughe,ritorni, lacrime,gioie, che alla fine,se ne siamo consapevoli, potrebbe migliorarci. Buona giornata e…. buona tappa!.

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