Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Ci sono due giorni importanti nella nostra vita, da celebrarsi ogni anno con un bellissimo anniversario. Il primo, il più scontato, è il giorno in cui siamo nati: il nostro compleanno. L’altro, non meno importante, è il giorno nel quale abbiamo icapito perchè siamo nati. La letteratura stessa lo conferma: non basta nascere, occorre rinascere ogni giorno. Un giorno si morirà: questa è l’affare ineludibile. Vita e morte, però, rimarranno sempre legate tra loro: la morte, perpetuamente, farà da pungilione alla vita – “L’unica cosa certa è la morte!” diciamo – mentre la vita, nel frattempo, cercherà di farsi spazio anche dentro la morte. Calcolarla tra le sfacettature della vita non è pubblicizzare la jella: è costringere ogni singolo attimo a non svuotarsi mentre viviamo, per farci trovare vivi nell’attimo in cui la morte ci farà l’improvvisata incomprensibile, inevitabile, impensabile. Non per questo, però, cancellerà la vita. “Si muore come si vive” raccontano gli anziani.

«Agli assenti. Della morte ovvero della vita» è l’ispirazione che “Torino Spiritualità” – il Festival che dal 27 al 30 ottobre animerà le piazze di Torino – ha scelto come filo conduttore di quest’anno. Quasi un dialogo con l’assenza, una sorta di felice dubbio: “E se fosse proprio la certezza della fine a dare un senso alla nostra vita?” Capita vivendo, che l’assenza dica molto più di una presenza. Non sempre la presenza racconta la verità di una storia, di un amore. L’assenza di ciò, invece, non riesce a mentire: “Vivi in maniera che la tua presenza non sia notata, ma che la tua assenza sia sentita” ha scritto qualcuno su un muretto. Impegnati a vivere, assomigliamo a dei ciechi: vediamo tantissime cose, ma ad attirarci è sempre quello che ci manca. È per questo, forse, che di una persona ci fanno impazzire due cose: la sua presenza e la sua assenza.

Riflettere sull’assenza, dunque, è convocare a convegno la presenza. Non è un caso, forse, che quando viene a mancarci una persona cara, è proprio dal dolore che ci arreca la sua assenza che riusciamo a misurare quant’è stato forte il legame tessuto durante la vita. Non ci fosse questo dolore, qualora si potesse, verrebbe da dire alla persona che non c’è più: “Attenta a tornare: non vorrei mai che si fossero abituati alla tua assenza”. Certe assenze, poi, sono tremende: in carcere fanno esplodere le farfalle nei giorni di chi resta. Se poi quell’assenza è il risultato di un gesto omicida compiuto, capita spesso che da quella morte la vita si riprenda lo scenario. Alla faccia di chi pensa vita e morte in competizione.

(da Specchio de La Stampa, 24 settembre 2023)

(*) All’interno di Torino Spiritualità, don Marco Pozza terrà una riflessione dal titolo «La mia anima è triste fino alla morte» mercoledì 27 settembre 2023, alle ore 21.00, presso il Circolo dei Lettori (Palazzo Graneri della Roccia via Bogino 9, 10123 Torino).
Entrata su prenotazione. Info su www.torinospiritulità.org.

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