Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
Ha segnato il portiere - Provedel, Champions League

All’improvviso, dal nulla, avanza il numero 94. Ha la maglia diversa dagli altri, perché è diverso dagli altri. Sta salendo, per quella che è una delle ultime azioni. Un portiere che sale, negli ultimi minuti, nel tentativo di segnare. L’apoteosi della disperazione?
Un corner. Inizialmente ribattuto. Quel corpo estraneo, giallo evidenziatore, rimane lì. Non dovrebbe passare inosservato. È un intruso. È diverso, evidentemente diverso. Eppure, fa la superiorità numerica.
Era un passaggio o un tiro diretto in porta? Chi lo sa. Fatto sta che, come un navigato centravanti qualsiasi, si smarca come da manuale e si fa trovare al posto giusto al momento giusto: uno stacco poderoso, una torsione del collo appena accennata, che fa sembrare tutto facile e persino spontaneo e quella palla, partita dal piede di Luis Alberto e che aveva attraversato l’area avversaria s’insacca finalmente in porta. Il gol agognato per tutta la partita è finalmente arrivato, ponendo il sigillo ad un 1-1, che regala punti preziosi non solo nell’immediato, ma anche rispetto al computo che avverrà alla fine delle partite del girone eliminatorio, dove un gol, specie in trasferta, in più o in meno può fare la differenza.

“Luis Alberto la tira sempre lì e io mi ci sono fatto trovare” ha modo di commentare Ivan Provedel (di cui anche gli avversari futuri, a questo punto, ringraziano e Luis Alberto, forse, un po’ meno…), rammentandoci qualcosa, che non è solo indispensabile nel calcio, ma vale nella vita quotidiana. Non basta che ognuno faccia il proprio, in un angolo. Se lavoriamo assieme, osservare come lavorano gli altri, può – prima o poi – rivelarsi utile, quando non essenziale. Come, effettivamente, è avvenuto al minuto 94 di questa partita, che resterà negli anni per un fatto relativamente raro, nel calcio: un portiere che segna. Per di più, un gol determinante per il cammino di Champions League della propria squadra.

In realtà, il ragazzone friulano – il cui nome è diventato ricercatissimo su Google, in seguito alla partita contro l’atletico Madrid di settimana scorsa – non è nuovo a queste prodezze: già era accaduto nella serie minore, con la Juve Stabia, andando in gol, anche in questo caso, di testa, contro l’Ascoli. Del resto, non nasce portiere: inizia la sua carriera come centravanti e certe cose ti rimangono attaccate, sotto pelle, come un tatuaggio. Tale è il vizio del gol, per chi ne ha fatto un fratello e un compagno di scorribande. I suoi trascorsi giovanili sono segnati nel Pordenone e, fino al 2009 (è un 1994), Ivan Provedel era un giocatore di movimento.

Non è neppure il primo portiere a segnare una rete. Possiamo ricordare i nomi di Brignoli o Rampulla, in un recente passato. Per non parlare di alcuni colleghi illustri, che il vizio del gol lo avevano tanto coltivato da farne un marchio di fabbrica sui calci piazzati, come Chilavert e Rogerio Ceni, senza dimenticare il “mitico” Higuita (indimenticabile anche per il suo “scorpione”).

Ora, tutti i titoli di giornale lo esaltano. Ma la realtà è un’altra. Ci vuole fegato a compiere l’impresa di Ivan, anche se lui si schermisce come un soccorritore, del cui lavoro i giornalisti si accorgono solo in occasione delle sciagure che finiscono sotto i riflettori. In altre occasioni, titoli come “Orrore Provedel” sono stati quelli a lui riservati dai giornali sportivi. È il destino dei portieri, probabilmente inevitabile: perennemente sul banco degli imputati, primi accusati per ogni goal preso, da cui raramente, al contrario degli attaccanti (di quanti si dice e si scrive “non fosse per il goal determinante che ha fatto, partita impalpabile…”?) possono riscattarsi.
Cambiando prospettiva, poi, ci ricorda ancora qualcos’altro. Che c’è anche il portiere. Perché, alle volte siamo come il re Theoden della trasposizione cinematografica1, che, memore del passato, non crede possa venire nessuno in soccorso. Invece, giunge Haldir con gli elfi di Elrond. Anche noi, ogni tanto, ci rassegniamo di non poter cambiare il risultato, ma non pensiamo neppure che qualcuno possa intervenire in nostro soccorso.

Alla fine, all’improvviso, invece, può capitare anche questo. Che al 94’, con un guizzo alla Hernan Crespo, il numero 94, alto 1.94, salti nell’area di rigore e segni un gol decisivo, beffando il portiere avversario.

1 Sottolineo “della trasposizione cinematografica”, perché, nella battaglia al fosso di Helm, nel libro, non arriva alcun elfo. Per una volta, però, ritengo che ciò sia un colpo di genio del regista cinematografico, che si permette un cambiamento interessante, rispetto alla trama originale di J.R.R. Tolkien.


Per approfondire:

RaiNews
Sportellate


Fonte immagine: Adnkronos

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