Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Un fraintendimento mai domo

Cenere sul capo, inizio del tempo penitenziale di Quaresima. E, come ogni inizio, contiene in sé il germe di un desiderio di compimento. Il rischio più mordace è, però, “bruciare le tappe” per avere infagottato il cammino con un eccesso di propositi. Allora, come quando si procede in altura con un fardello eccessivo per le nostre spalle, il rischio è arrendersi, perché l’eccessiva lentezza del procedere ci convince dell’incompatibilità tra il nostro vigore e la meta da raggiungere.

La focalizzazione profetica

Isaia ci aiuta a concentrarci sullo spirito che sottende il digiuno, nella vita spirituale:


«Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio ( Is 58,9-10).

Le due vie

«Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie» (Deut 30,15-16)

Senza l’amore, nulla ha senso ed anche la carità diventa semplice apparenza e pura ipocrisia, come un cembalo che tintinna (1Cor13). Il cammino quaresimale pone l’accento sul discernimento che ci accompagna durante tutta la vita, invitandoci a ponderare ciò che scegliamo per accompagnare la nostra esistenza. Tuttavia, questo combattimento spirituale deve avere chiaro il proprio fine: ogni rinuncia mira alla sobrietà, a un amore capace di gratuità, meditando l’invito a “desiderare i carismi più elevati” (1Cor 12,31): se digiunare mi porta ad essere più nervoso e a trattare male mio fratello, forse è meglio mitigare il digiuno e solidificare prima la carità fraterna.

Uno

Un proposito solo, una sola rinuncia. Moltiplicare le devozioni, spesso, equivale solo a disperdere energie.
A volte, è più utile ritrovare il bandolo della matassa che aggiungere ulteriori attività a giornate stracolme. Paradossalmente, potrebbe rivelarsi più utile una salutare “potatura”, per meglio concentrarsi sull’essenziale.
Concretizzando: invece che aggiungere cose nuove, fare meglio quelle di sempre, quella quotidianità in cui siamo chiamati a santificarci: essere pazienti con chi mette alla prova la nostra resistenza, non procrastinare ma vivere in pienezza ogni giornata, senza però essere oberati di impegni, cercando di conservare un momento, anche brevissimo, di deserto, in cui ruminare qualche brano della Parola, oppure mettersi in ginocchio davanti al Crocifisso.

Il digiuno

Anche nel caso in cui non fossimo una buona forchetta, il precetto del digiuno e dell’astinenza rimane valido, per un motivo antropologico. Il rapporto con il cibo dà la misura del nostro rapporto con le cose, se, cioè, le usiamo oppure “ne siamo usati”. Il valore risiede, anzitutto, nell’attenzione che ci è richiesta: fare un giorno di digiuno significa non andare “col pilota automatico”: ciò ci aiuta a vivere sulla nostra pelle l’ingresso in un tempo liturgico differente. Il nostro corpo non è, infatti, un accidente, ma ciò che ci consente di entrare in contatto con il mondo esterno. Solo nel momento in cui le nostre abitudini e la nostra quotidianità entrano in dialogo con la liturgia, quest’ultima cessa di essere una vuota formalità relegata ad un appuntamento all’interno di un edificio di culto.
Naturalmente, senza eccedere nello zelo, ma con sano realismo (tenendo, cioè, presente che il fabbisogno energetico varia a seconda di tanti fattori ed è preferibile posticipare il digiuno al sabato, piuttosto che rischiare un capogiro in cima ad un’impalcatura …). Può giovare, in caso di dubbio, consultare il proprio confessore, che ha la facoltà di esentare dai precetti (o, comunque, “personalizzarli” in casi particolari, non contemplati dalle norme canoniche generali).

La riconciliazione

«Lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20) è la supplica dell’Apostolo alla comunità di Corinto. Sarebbe bello che l’aspetto penitenziale che la Quaresima porta con sé si traducesse nella scoperta o ri-scoperta di quella festa della misericordia che è il sacramento della Riconciliazione. Mi viene da dire: cerchiamo, fedeli e preti, di venirci incontro, perché nessuno sia scoraggiato. I fedeli insistano perché ci siano momenti destinati a questo sacramento, eventualmente chiedendo un appuntamento che aiuta il ministro con la sua agenda e limitando il tempo allo stretto indispensabile, pur non rinunciando a chiedere un aiuto, se è tanto che si manca a questo appuntamento. Una confessione ben vissuta e approfondita oltre ad essere portatrice di grazia come ogni sacramento, può diventare il trampolino di lancio per un salto di qualità nella propria vita spirituale.


Fonte immagine:

Ancient origins

Una risposta

  1. Grazie Maddalena. Sono suggerimenti e direttive talmente comprensibili che non si può far finta di non capire. Non ci vengono chiesti miracoli ma buon senso e misericordia.. Come sempre GRAZIEEEEE 💞🙏💞

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