Sono le tre del mattino: di prendere sonno non se ne parla proprio. Sono troppo agitato: ancora poche ore e partiamo per Roma assieme con Fahd, un mio compagno di detenzione, con don Marco e con Elisa, una volontaria della nostra parrocchia del carcere. Usciamo a mezzogiorno: il sole splende, il cuore mi batte così forte da pensare che possa esplodere da un momento all’altro. Finalmente siamo in strada: l’emozione è palpabile, ridiamo e cantiamo da stonati le canzoni che RTL 102.5 manda in onda. Chilometro dopo chilometro, la mèta è sempre più vicina: ogni tanto la mia mente si assenta per ammirare i paesaggi fuori dal finestrino. Bellezze a cui non ero più abituato: prati in fiore, campi infiniti, colori così vivaci che sembrano usciti dalla tavolozza di un pittore. È il mio primo lungo viaggio dopo quattordici anni di carcerazione: a tratti non mi sembra nemmeno vero. Continuo a pensare che sia soltanto un sogno bellissimo, che da un momento all’altro possa svanire. Dopo tanta strada, però, arriviamo a Roma: stanchi ma contenti. Entriamo in albergo e succede un fatto curioso: l’addetto al ricevimento ci consegna le chiavi della nostra camera. Per la maggior parte delle persone questa si chiama normalità, ma non per me e Fahd, abituati da tantissimi anni a non essere più padroni delle chiavi che aprono e chiudono le nostre celle. Entrati in camera, rimaniamo colpiti da dei particolari: la stanza grande, il bagno fornito di doccia, un phon, uno specchio gigantesco. Sui letti ci sono dei materassi veri, con dei cuscini non in gommapiuma come in carcere.
La cosa più bella, però, è il terrazzo: ha una vista spettacolare: usciamo sul balcone e per diversi minuti rimaniamo in totale silenzio a gustarci il panorama. Penso che solo qualche ora prima mi trovavo richiuso in una cella umida con la muffa alle pareti, le sbarre alle finestre: ora, davanti agli occhi, ho lo splendore di una città definita “eterna”. L’indomani, dopo colazione, andiamo a San Pietro: la coda per entrare in Basilica è abbastanza lunga, ma in compenso abbiamo tutto il tempo per ammirare lo spettacolo di questa piazza ricca di colonne e di statue. Una volta lì, capisco cos’è la sindrome di Stendhal: sono elettrizzato nel vedere così tanta bellezza tutta all’improvviso. L’emozione più grande, però, la provo davanti alla statua della Pietà di Michelangelo: non l’avevo mai vista, non sapevo nemmeno che esistesse. L’impatto di fronte a questa maestosità è devastante. Di fronte alla scultura di Maria, che tiene tra le braccia il suo Gesù ormai esanime con il corpo martoriato, non posso fare a meno di pensare alla madre del ragazzo che ho ucciso: rivedo lei, nel momento in cui ha riconosciuto il suo figlio morto. Terminata la visita alla Basilica, saliamo fin sulla cupola: vedere Roma da lassù è uno shock!
Quando ci raggiungono il direttore e uno dei nostri magistrati di sorveglianza, è già pomeriggio. Insieme stiamo per andare in Vaticano: Papa Francesco, di ritorno da una registrazione a Saxa Rubra, ci aspetta per un’udienza privata. Per tutto il tragitto sono eccitatissimo: ho le mani e le gambe che non smettono di tremare. Realizzo che stiamo per incontrare il Papa.
Proprio noi, che forse non ce lo meriteremmo proprio questo dono. Questo incontro.
Quando ci avvisano che il Papa sta arrivando, l’emozione aumenta: nell’attesa, riguardo i volti degli altri che sono con me e mi accorgo di non essere l’unico in fibrillazione. Il silenzio nella stanza è assordante. All’improvviso sento il cigolìo: la porta si apre, Papa Francesco è davanti a noi. Mi sento paralizzato, non so come comportarmi: non ho mai partecipato a degli incontri così. Nemmeno ho mai immaginato che potesse accadermi un giorno. Tante domande: “Mi avvicino? Aspetto che si avvicini lui? Gli stringo la mano, bacio l’anello? Gli do del voi, del tu, del lei?” Ascolto il cuore: me lo abbraccio e gli do del tu. “Benvenuti!” ci dice: il suo volto è sereno, ha il sorriso appena accennato sulle labbra, i modi e i gesti sono elegantissimi, lo sguardo sempre vigile. I suoi occhi parlano più della bocca: sceglie con cura le parole. Come ognuno dei presenti, gli racconto anch’io la mia storia, senza nascondere la vergogna, sottolineando gli istanti belli. Non mi era mai capitato che qualcuno mi ascoltasse con la stessa attenzione che ha lui per me: l’uomo più potente della terra ascolta me, un barbaro assassino. Dopo avergli raccontato quanto di peggiore ho fatto nella mia vita, mi guarda con un’intensità tale che, in quest’istante, mi sento come la donna adultera alla quale Gesù dice: «Neanche io ti condanno. Và in pace: non peccare più!» Finito l’incontro, recitiamo l’Ave Maria assieme. Salutandolo gli chiedo un favore: di salutare la mia mamma con una videochiamata. Appena mamma lo vede dal telefonino, una forte emozione la colpisce. Tra i due, comunque, sono io il più emozionato: sento che da quando sono nato non ho mai fatto alla mamma un regalo così grande. Impensabile.
Quella sera e la domenica successiva passeggiamo tra le bellezze di Roma, come turisti qualunque. Prima di ripartire per ritornare a Padova, di rientrare in carcere: penso che in questo momento una persona dovrebbe sentire tutta la tristezza addosso. Io, invece, non sono mai stato felice così: i tre giorni di gioia, per me, possono finire qui dopo quello che abbiamo vissuto. Una cosa, però, negli anni ho imparato sul conto di Dio: che non è mai un Dio banale. È un grandissimo regista e, come tutti i registi che si rispettino, sceglie per i suoi film dei finali che non siano per nulla scontati. Eccolo, dunque! Ormai vicini a “casa”, Elisa estrae una carta a sorpresa dal mazzo: ci propone di mangiare una pizza a casa sua, con la sua famiglia. Sono onesto: questo gesto mi commuove, perchè sia io che Fahd ci portiamo addosso un reato di sangue. Sangue che, per quanto tu possa provare a lavare, resterà per sempre sulle tue mani. Vedere una persona, una famiglia, che va oltre il reato spalancandoti le porte di casa è un qualcosa che mi tocca il cuore. Che mi fa capire la potenza incomprensibile dell’amore.
Rientriamo in carcere: siamo stanchi, ma felicissimi. Siamo consapevoli di avere vissuto esperienze uniche, che il più delle persone non vivono in una vita intera. A tu per tu con Papa Francesco, poi, sono riuscito ad accettare un po’ di più il mio passato: ora mi sento pronto a vivere il presente che il buon Dio mi sta facendo trovare un po’ alla volta. Giorno dopo giorno, a piccoli passi. Quant’è strana la vita!
Jacopo Merani
parrocchia del carcere “Due Palazzi” di Padova
(da Il Sussidiario, 8 giugno 2023)
8 risposte
Che meraviglia don Marco! Il miracolo dell’amore purissimo. L’amore che Dio ha per noi, tutti noi. Basta entrare nella profondità della nostra anima per scoprirlo. Grazie per questa testimonianza.
Carissimo don Marco, Dio ti benedica grandemente …. queste testimonianze toccano davvero il cuore… ci vuole tanta presenza di Dio per riuscire a far vivere questi momenti bellissimi a delle persone con un passato difficile…
Grazie
Meraviglioso!!! La potenza dell’Amore fa grandi cose. Grazie don Marco delle “PERLE” che condividi con noi. 🙏🙏
Leggo prima di recarmi alla s.Messa un caso
non apro Facebook se non dopo le 8,30….invece questa mattina dovevo incontrarvi x affidarvi al Signore
don Marco a te tutti I giorni ti metto fra le braccia di Maria SS.
ma capisco che devo affidare anche loro
I tuoi carcerati
in questi giorni aumentare le preghiere x il nostro amato Francesco .🙏🏼♥️grazie don Marco hai l’eta’ di mio figlio si e’ sposato sabato dopo 16 anni di convivenza con Grazia
si sono lasciati
dopo qualche mese ha incontrato Sissi
una cara dottoressa di 33 anni
dopo 15 mesi preparativi x il matrimonio
e’ stato molto bello ho capito quanto e’ buono il Signore x che’ le preghiere che noi mamme facciamo le ascolta sempre
Lui ha I suoi tempi e li adopera x IL nostro bene .
La Grazia la (ex) in 15 anni ha subito due interventi al cuore non aveva la mamma
ma io diventai la sua mamma accudendola e volendole molto bene …ricambiato….
In comune accordo si sono separati
lei convive con un brav’uomo che l’ama tanto…la vedo felice e serena
Ho capito che Gesu’ lha messa nella mia famiglia xche’ dovevo aiutarla
Cosi’ ho fatto e gliene sono grata poiche’ e’ servito piu’ a me che a lei la carita’ ti fa’ toccare le piaghe di Gesu’ .
Devo continuare a pregare x questa ragazza xche’ un po’ arrabbiata con Gesu’
ha sofferto tanto nella vita x la salute e problemi vari
ma Gesu’ le e’ vicino e so’ che si fara’ sentire nel suo cuore.
Grazie don Marco x tutto cio’ che sei ,che fai e racconti
mi arricchisce e addolcisce il mio cuore
IL Signore ti benedica e la Madonna ti accompagni .
Sono Caterina di BustoGarolfo ti ho guardato negli occhi quella sera , mi hai scritto una bella dedica sul libro🥰 ti seguo da qualche anno e immagginavo tu fossi una persona speciale
ma quella sera ne ho avuto la certezza
sei un vero testimone del Vangelo !
Ti abbraccio affettuosamente come una mamma sa’ fare e ti seguo ……🙏🏻♥️
Che belle esperienze di vita… , c’è tutta la magia dell’amore che supera tutti gli ostacoli più incredibili. Grazie Don Marco! Grazie
Ciao, Jacopo!
Scusami per il ritardo nel rispondere a questa bellissima “Lettera aperta” che hai voluto donarci.
Ho molto riflettuto sulle tue parole, sull’incanto che traspare dal racconto, sullo stupore e sulla meraviglia provati nonché sull’ “effetto papa Francesco”.
Nel mio piccolo, posso assicurarti che la felicità fatta di piccole cose, di sguardi e di gesti essenziali costituisce un’eccezione perché, molto spesso, si preferisce altro e, soprattutto, si è frastornati, storditi da ritmi ultra veloci che impediscono adeguate e tranquille attenzioni a quanto circonda l’Umano.
Onestamente detto, non so se il carcere è l’esperienza dei detenuti! A me pare che voi gustiate l’essenziale, imparando a come scontare la pena. E non è poco!
Purtroppo, all’esterno in molti casi si rischia di essere assorbiti da cose, da apparenze, da mode ed atteggiamenti che poco hanno a che fare con la Bellezza e la semplicità!
Bravissimi, dunque, Voi che avete compreso quanto importante siano il tempo lento e l’attesa (anche nel far la fila per entrare in Basilica), e quante sorprese visive uno sguardo attento può cogliere!
E poi, Jacopo, la semplicità e l’umanità di papa Francesco!
Il “Dio regista”, per usare la tua bellissima definizione, ha permesso che il tutto avvenisse a regola d’arte, perché -come ha scritto don Marco Pozza nel presentare la I edizione di “Una domenica coi lupi”- “chi è andato a letto col Male ha diritto al massimo della Bellezza”.
Pian piano, Jacopo, man-tenuti (=tenuti per mano) da Dio attraverso Gesù tutti possiamo risalire la china, tutti nessuno escluso, perché tutti -chi più e chi meno- inciampiamo nel Male.
Inciampare nel male è una frase che mi ha insegnato Carlo, anch’egli ospite del “Due Palazzi”. L’ho letta, questa frase, nell’articolo intitolato: “Carletto, te l’aspettavi una risposta così?”, scritto da don Marco nel marzo 2020.
Cito a memoria (sperando di non sbagliare!) perché le vostre testimonianze mi interessano e mi interpellano.
Vi chiamo “I Ragazzi di don Marco”, pur sapendo che intorno a voi c’è un mondo di Volontari (come Elisa ed il suo invito a cena al rientro da Roma); Collaboratori; Insegnanti ed Esperti che vi sostengono nel cammino.
Sto dalla vostra parte perché siamo tutti fratelli e non esiste persona che non sbaglia mai!
Ti abbraccio, Jacopo, ed in questo giorno in cui la Chiesa celebra la Solennità dei santi Pietro e Paolo ho portato anche Voi a Messa, stamattina, ricordandoVi a Gesù.
Salutami anche Carletto, che ho conosciuto la scorsa primavera in un week-end di spiritualità e di silenzio.
Un abbraccio forte anche a don Marco!
Una lettera meravigliosa.. non uso parole, solo il cuore con affetto. Grazie💓
Carissimo don Marco,
ho letto questa storia e non riesco non pensare al Filippo, in carcere, non ancora condannato, ma con un macigno sulle spalle e mani che resteranno per sempre sporche del sangue di Giulia….
Prego tutti i giorni per lui e la sua famiglia!!!!
Un abbraccio 😘😘