Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Dopo Budapest (Ungheria, 2017) e Chisinau (Moldavia, 2018), ha chiuso i battenti oggi, con la marcia conclusiva alle 12 in piazza Bra, il Congresso Mondiale delle Famiglie, ospitato invece in Italia, nell’incantevole Verona, dal 29 al 31 marzo. Marcia pacifica, che si è svolta, come chiesto dagli stessi organizzatori, senza bandiere politiche né frasi di odio, bensì unicamente con frasi positive, così come gli slogan scanditi durante il percorso fino a piazza Bra, dove si è tenuta la conclusione della manifestazione. La migliore risposta a tante critiche piovute contro l’evento e, per la maggior parte, basate unicamente sul sentito dire, su notizie false e non sull’effettivo programma della manifestazione, nonostante esso fosse gratuitamente e liberamente consultabile sul sito internet della medesima.
In qualunque confronto aperto al dialogo, è fondamentale ed imprescindibile il riconoscimento dell’altro come un valore in sé, per il fatto stesso che è una persona e che è dotata di pensiero autonomo, con cui mi posso confrontare. Per dissentire, eventualmente. Per contrastare (attenzione!) il suo pensiero. Perché, quando la dialettica scade nell’accusa personale, è già, per ciò stesso, povera e svilente. Perché è sintomo di una visione utopistica ed irreale l’illusione che l’uomo possa essere coerente. Non è notizia sensazionale, ma roba vecchia, ben più del citatissimo (a sproposito), perché, tra i primi ad affermarlo c’è la lettera ai Romani (7,20). L’uomo, segnato dal peccato originale, è chiamato a riconquistare la propria perduta libertà di fare il bene, mentre il Maligno continuamente cerca di spingerlo nelle spire dell’oscurità. Ecco perché, giustamente, Verona non è stata la fiera della perfezione familiare. Chiunque di noi conosce la propria famiglia: sa che nessuna è perfetta, che ha mille difetti. Non era dunque quello l’obiettivo del Congresso, come diversi hanno maldestramente cercato di far intendere. Obiettivo era – piuttosto – rimettere al centro determinate tematiche, trattarle con persone che avrebbero condiviso il proprio pensiero al riguardo, in base al loro campo di competenza. Era un congresso, non una manifestazione univoca per cui, com’è naturale che sia in eventi di questo genere, non è richiesto agli organizzatori di concordare né sottoscrivere i singoli interventi in ogni loro parte, bensì di creare un convegno, in cui il dibattito porti a riflettere, condividere idee, promuovere eventualmente iniziative già in corso o che possano essere messe in atto.
È proprio per questo che ho apprezzato enormemente l’intervento di Giuseppe Cruciani, in apertura, che, pur sembrando ad alcuni ovvio e forse tautologico, ha finito per brillare, in mezzo al marasma di un giornalismo di bassa lega, come testimoniato dall’episodio occorso al dottor Gandolfini. Il presentatore radiofonico è partito con una premessa, che molti hanno tagliato, forse per timore d’impressionare qualche “anima bella”, ma a cui io non voglio assolutamente rinunciare perché è in virtù di questa che il resto diventa ancor più meritevole. Dopo aver specificato, nel preambolo, di essere favorevole a divorzio, aborto, eutanasia, unioni anche fra persone dello stesso sesso e perfino all’utero in affitto (“che,qui, è come bestemmiare in chiesa”), quindi di non considerarsi “uno di loro (i partecipanti al congresso)” rispetto alle tematiche affrontate, ma di “sentirsi uno di loro” perché “molti vorrebbero spegnere quel microfono”, tramite una “campagna di criminalizzazione”, che ha compreso una lista degli alberghi o dei traduttori.
Onore a Cruciani, alla sua onestà intellettuale, al suo coraggio di intervenire di fronte ad una platea di pubblico avverso, in un evento di una causa che non condivide, in nome della libertà d’espressione più autentica, ma, al contempo, più difficile da applicare!
Del resto, è bene ricordare che non si può definirsi liberali o, anche peggio, anarchici, e poi pensare di impedire a qualcuno di esprimersi liberamente: si cadrebbe nella più infelice delle contraddizioni.
Molti sono i relatori che si sono alternati sul palco e nei workshop, più e meno noti, alcuni esponenti dell’attuale governo, diversi provenienti dal mondo del laicato attivista e dal mondo religioso. Tra tutti, ricordo un intervento, breve ma convincente, di don Fortunato Di Noto, in cui, dopo aver ricordato la sua lotta contro la pedofilia e la pedopornografia ha lanciato un appello all’unità per contrastare insieme il fenomeno dell’abuso e, in particolare, della loro precoce sessualizzazione.
Tuttavia, vorrei soffermarmi proprio su Gandolfini, cui ho accennato poco sopra, da cui è stato richiesto un commento per la partecipazione della primogenita alla contromanifestazione. Per chi non lo sapesse, il dottor Gandolfini ha adottato sette figli (oltre a lei, quattro italiani, e due brasiliani).
Essere genitori è il mestiere più difficile del mondo, ma anche essere figli non è facile ; va ricordato, del resto, che qualunque bambino abbandonato dalla madre, pur se adottato da amorevoli genitori adottivi, perpetua una ferita insanabile nel suo inconscio. Un figlio si ama, sempre, anche e anzi di più quando sbaglia o, semplicemente, non la pensa come noi. Ma l’amore non impedisce di dire la verità, anche quando è vilipesa, anche quando dà fastidio. Non so se sia voluta ignoranza od un surplus di malafede, ma ascoltare le parole di Gandolfini, proprio nella domenica in cui tutto il mondo cattolico romano legge il Vangelo del Padre Misericordioso, rappresenta una sorta di Vangelo incarnato: di fronte alle parole della figlia che lo accusa di essere retrogrado, risponde che lei può dire quello che vuole, non minaccia, non risponde con improperi, difende con orgoglio il suo amore di padre, ma proclama la (difficile, soprattutto per un genitore) libertà che un figlio ha di sbagliare, di essere “ingrato”, non apprezzando tante cose che un genitore ha fatto per lui? Non è forse di questo che parla il brano? Due figli che non si accorgono dell’amore del Padre, che vivono da servi invece di godere della bellezza di condividere i beni e l’affetto familiari. Di più; non è forse racchiusa in questa esperienza quella di ciascuno di noi, che, quando pecchiamo, è per una malintesa concezione di libertà, perché ci sentiamo servi e non figli?
Come disse Marius a Thenardier (V. Hugo, I Miserabili): «Siete venuto per accusare quell’uomo e lo avete giustificato, siete venuto per perderlo e lo avete esaltato!». Grazie all’ingenuità (o alla bassezza della malafede) di una certa stampa, è stato possibile riflettere la profondità della liturgia quaresimale, che va a toccare la vita di ciascuno di noi. Grazie al dottor Gandolfini, abbiamo avuto la testimonianza di come ogni uomo sia chiamato alla vocazione gigante di, riflettere, pur nella sua umanità segnata dal peccato originale, un raggio della Divina Paternità, per essere credibile.

Nota a margine: tutti gli autori delle feroci polemiche nate in questi giorni, prevalentemente su notizie false, gonfiate ad arte, hanno dimostrato molta poca furbizia. Forse, senza le polemiche inutili, questo Congresso sarebbe rimasto sotto silenzio, o, comunque, con un copertura mediatica sicuramente inferiore, affidata a qualche diretta Facebook e poco altro. Le polemiche hanno garantito
Se è così che contestate quello che vi dà fastidio, continuate. Gli organizzatori degli eventi che contestate ringraziano sentitamente.


Fonti:
Don Fortunato Di Noto, Congresso Mondiale delle Famiglie – La Nuova Bussola Quotidiana
Massimo Gandolfini
Video Repubblica – intervista a Massimo Gandolfini
Giuseppe Cruciani
Intervento integrale di Giuseppe Cruciani al WCF di Verona
Corrado Ocone, Huffpost

Fonte immagine: La Parabola del figliol prodigo, Pravoslavie.ru

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