Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Mentre l’aereo atterra all’aeroporto de Il Cairo, la voce dell’anima differisce da quella dell’hostess che annuncia un tempo secco, calore di 35°, ringraziando per aver scelto ITA. Augurando che si torni a viaggiare assieme: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio» (Mt 2,15). Sbarca una ciurma di cinquantina pellegrini: sono usciti di casa con la nostalgia d’andare a mettere piede nella terra dei loro padri. Qui, tra Piramidi antiche e faraoni paranoici, Dio ha accarezzato il nervo scoperto dell’umanità. Esattamente qui – pare strano a dirselo nel caos egiziano – Dio ha poggiato il suo piede per dare una risposta a quell’ansia di divino che l’Egitto coltivava da secoli. Allora, come oggi, fu premiato il più grande sforzo mai fatto di andare a perlustrare quale fosse il volto di Dio: “Mosè, chi sono io per te?” Iniziò così la più illustre e sofferta storia d’amore: la potenza trema quando, nella piccolezza, fiuta il riverbero del Dio di Mosè. Sulla cima del Sinai, salito al chiarore di luna, meditiamo lo strazio del vecchio condottiero: “Perchè proprio a me, Diommio?” Accarezzati dall’alba, una voce risuona: “Fermi e zitti: il Signore combatterà per voi”. Il dubbio, scendendo verso la pianura dov’era stato fuso il vitello d’oro, è se la vera avventura sia stata quella di liberare Israele dalla schiavitù o di renderlo consapevole ch’era schiavo: “Non erano affatto schiavi – ci dice la guida egiziana -: erano tutti consapevoli di partecipare ad una missione divina”. Mai nessuna idiozia battè questa in materia: la dittatura, spesso, si smaschera da sola. Meno male che Dio non stacca mai la spina: “Se attraversi la crisi con Dio, vivrai!” ci rimandano l’eco dei notturni egiziani di Mosè e Aronne le pietre calpestate. Tra profumo di pane e odore di gasolio: “Mi è difficile entrare nel clima” mi confida una pellegrina. Normale, tutto torna: anche per Dio, quella benedetta volta, fu una sfacchinata non da poco sintonizzarsi sulle frequenze del cuore d’Israele.

Da Nuweiba (Egitto) ad Aqaba (Giordania) c’è tutto un mare d’attraversare: quello d’acqua e quello di una burocrazia incomprensibile ai più: “C’è qualche problema? (Nessuno!) Perchè siamo fermi?” Nessun egiziano che, a domanda, risponda. Meglio temporeggiare. Penso a Giulio Regeni, a Patrick Zaki: “Nessuna risposta” è la risposta che offre chi non ha nessuna voglia di rispondere. La carezza ci viene dalle montagne della Giordania, appena sbarcati dalla nave: il caos del porto tramuta in un lampo nella magia di una terra che, al calare del sole, ci accoglie in uno dei suoi salotti più esclusivi: la magia del Wadi-Rum, la poesia ardente d’un deserto che, la notte, somiglia tantissimo all’accampamento dei vecchi eserciti. C’è una luna piena così arancione, che splende nel cielo, da fare ingelosire Vincent Van Gogh: è il nostro candelabro per celebrare la messa nel deserto, di notte. È tutto spento, (quasi) tutto tace, si accende la memoria: «Io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). Tanti dicono: “Solo Dio mi basta” salvo poi accorgersi, però, che si vive puntellati di mille sicurezze: “Sono tutto o solo un pezzetto?” ribatte Dio mentre, sdraiati sotto una cupola di stelle, ci mettiamo in dialogo col bambino che siamo stati, nella lingua più ostica: il silenzio. “Sarà anche vero che c’è un Dio che pensa a me, per me – mi dico – ma è pur vero che non sono più padrone di me stesso”. A scoprirci sdraiati sulla sabbia, i beduini s’incuriosiscono, si allarmano: il fatto è che Dio, quelli che ama li posiziona in una situazione strana, per vedere come reagiranno. Per fortuna l’indomani c’è Petra: l’inaspettato alla fine del canyon, la magia che non t’immagineresti, lo stupore di un’orrida bellezza impossibile da credere se non la vedi. È l’appuntamento con l’incantesimo, una città rossa che apre le braccia, una storia che s’illumina «Perchè, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente?» (Es 32,11). Ha sudato un guardaroba di camicie Mosè per fare da postino tra Dio e il popolo. Per poi scoprire, giunto sul Monte Nebo, che il suo Dio nemmeno la Terra Promessa gli fa calcare: “Che m’importa? – avrà pur detto – Io sono solo segno, non contenuto. È stato Dio a salvarvi, non io”.

All’alba entriamo entriamo in Israele, attraversando il King Hussein Bridge: sotto il ponte scorre l’acqua (pochissima) del Giordano. La sfida, allora, passò di mano in mano: dal colosso di Mosè al fiammifero di Giosuè. Capiterà sempre così: mano a mano che la salvezza diventerà reale, i segni si rimpiccioliranno. Al Santo Sepolcro, poi, il segno è così piccolo da farsi invisibile: ad accoglierci è lo stupore di un vuoto mai così pieno. Con una domanda incollata a quella pietra dalla quale Cristo prese la rincorsa per risorgere: “Chi sei tu, Signore? Chi sono io?” Tutt’attorno il caos di un supermercato alla vigilia di Natale: urla, distrazioni, selfie, sgomitate. Nulla è a caso: oggi chi cerca Dio non lo cerca per l’ordine e la compostezza che trova nel mondo ma per il disordine e la confusione che avverte dentro di sè. Attorno è il festival (s)composto di una città che il venerdì si veste di festa con i musulmani, il sabato con gli ebrei, la domenica con i cristiani. È un condominio la bella Gerusalemme: quasi impossibile, per qualsiasi amministratore, ideare una proposta che abbia la fiducia di tutti i condòmini. Oltrepassiamo, all’ora del tramonto, il muro: quello del pianto contemporaneo, quello tra Palestina e Israele. Famigerato, squallido, dissacrante. Il muro della gran vergogna. Qui, dentro una galera a cielo aperto, Betlemme brilla come luce del mondo. Esattamente qui, nel nervo più scoperto dell’intero globo, la grandezza della salvezza si dipana nella piccolezza: «E il Verbo di Dio si fece carne» (Gv 1,18). Nella grotta della mangiatoia penso che il segno – il Bambino – è talmente piccolo che potrà anche essere frainteso. Non importa: ciò che importa, alla fine, è che per entrare nella Basilica è necessario abbassare la testa da quant’è piccola la porta. Chi non l’abbassa non entra, o ci sbatte contro la fronte. A Betlemme la strettoia della grotta rimanda al fasto delle Piramidi: stona tutto. Eppure non ci sarebbe grotta senza piramidi: il modo col quale Dio ci tiene per mano non è sempre quello che immaginiamo. Di questa storia oggi restano piccoli frammenti pieni zeppi di mistero: un pezzo di pane, una goccia di vino, sette sacramenti: è il compendio di tutto l’esodo. Di ogni altro esodo.

Quando dal Ben Gurion di Tel-Aviv, dopo dieci giorni, s’alza in volo l’Airbus di ITA, i pellegrini hanno gli occhi gonfi di tutto: dell’Egitto, della Giordania, della Palestina, d’Israele. Abbiamo percorso mezza Mezzaluna fertile. Slanci, fantasie, promesse, tormenti, frustrazioni. Allarme che già inizia a far suonare la campanella: l’amore, a qualsiasi storia appartenga, chiederà sempre scelte difficili. Questa lunghissima storia d’amore – il cristianesimo – sbocciata tra la Sfinge, il Nilo e le Piramidi, resta cucita come un tatuaggio tribale nella pelle di chi, pellegrino per vocazione o zingaro per volontà, vorrà un giorno sapere da dove sono venuti i suoi padri. Nessun limite al desiderio, dunque: «In questo consiste veramente il vedere Dio – scrive Gregorio di Nissa -, nel non trovare mai sazietà al proprio desiderio. Ma bisogna, guardando sempre attraverso quel che è possibile vedere, accendersi del desiderio di vedere di più: così nessun limite potrebbe mai troncare il progresso dell’ascesa a Dio: non si trova nessun limite al Bello e l’avanzamento del desiderio rivolto al Bello non è troncato da alcuna sazietà» (Vita di Mosè). Non ha nessuna voglia di punire il Dio cristiano: vorrà soltanto fare capire che, certe volte, “sei proprio pazzo a vivere così!” Per questo: «Ti chiuderò la strada con spine, la sbarrerò con barriere e lei non ritroverà i suoi sentieri. Inseguirà i suoi amanti ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli. Allora dirà: “Ritornerò al mio marito di prima, perchè stavo meglio di adesso» (Os 2,8-9). Sarà fatto.

Una volta atterrati, e rincasati ognuno alle sue dimore sparse per l’Italia, la scoperta non è da poco: “ritornare”, per chi si avventura a credere, sarà sempre diverso dal “tornare indietro”. Si vorrebbe pur sempre vivere come visse Mosè: con la meraviglia dell’andata e con la magia del ritorno. Nel frattempo, a contare è il fatto che esistano luoghi, nel mondo, da cui non ce ne siano mai andati per davvero. Luoghi nei quali sappiamo di poter sempre ritornare. Talvolta anche solo per ricalcolare la rotta. Ci sarà sempre un Egitto dal quale fuggire, una Terra vestita di promessa, una Giordania che t’accoglie ricordandoti che ogni deserto è bello perchè in ogni deserto è nascosto un pozzo. E ciascuno, nel deserto, potrà un giorno dire d’essere stato non soltanto un piccolo principe ma il tesoro nascosto di Dio.
Per liberare il quale, ogni volta, rimette in gioco tutta la sua fantasia.


Grazie a chi ha partecipato!
Il Signore faccia splendere il suo volto su di voi.
E vi doni la sua pace.


dm

(*) Una lunghissima storia d’amore. Sulle orme di Mosè è stato un pellegrinaggio organizzato dal nostro sito in collaborazione con Opera Romana Pellegrinaggi. Guidato da don Marco Pozza e don Giovanni Biallo, ha ripercorso un pezzo della storia della salvezza cristiana, quello dell’Esodo: dalle Piramidi d’Egitto al Santo Sepolcro di Gerusalemme, salendo di notte sul Monte Sinai, attraversando il deserto di Wadi Rum, entrando a Petra, pregando sul Monte Nebo. Per concludere dove tutto avrà sempre inizio: nella grotta di Betlemme.

6 risposte

  1. Grazie don! Esattamente come l’anno scorso ho la possibilità di assaporare un po’ prima del mio viaggio le emozioni e le esperienze che vivrò, grazie al suo racconto . Fra 40 giorni infatti andrò in Giordania e mi troverò sulla Riva opposta del fiume Giordano, a Betania, rispetto all’anno scorso, quando sono stata in Terra Santa accompagnata dai suoi racconti giornalieri. Che dire, grazie, perché così ho potuto prepararmi spiritualmente e partire con cuore e occhi aperti all’ascolto di quanto Dio vorrà raccontarmi anche quest’anno! Caro don… Avrei tanto bisogno di parlarle e sono sicura che lei avrebbe parole di balsamo, come posso fare?

  2. Buongiorno Padre, nel 2005 ho fatto l esperienza della terrasanta e ripercorrendo le strade di nostro Signore sentivo in me una desiderio di rimanere lì per sempre, lasciare tutto per Lui, fino a piangere come un bambino che non voleva salire sulla aereo di ritorno. Avevo ragione. Distaccarsi da tutto ed essere solo per Lui è vera Vita.

  3. Mi ha fatto bene leggere questo viaggio alla ricerca del volto di Dio. Io da qualche giorno sono molto in crisi con Dio… venerdì sera ad una messa nella mia parrocchia ho visto molta sofferenza nei volti di alcune persone. Il più, quello di un bimbo di 7 anni, fortemente disabile, che partecipava alla messa di suffragio della mamma, morta di tumore a 45 anni. È vero che Dio non vuole il nostro male ma qlk volta ce lo potrebbe togliere…. penso a quel bimbo…. Don Marco…la sofferenza umana mi distoglie sempre dall’amore di Dio.

    1. Non saremmo le persone libere che Dio ha voluto nel crearci se dovesse sostituirsi a noi nelle scelte, decisioni , comportamenti. Le tragedie, come quella descritta , non è stata voluta né causata da un Creatore che ci vuole liberi, sani e felici. Il problema è la nostra umanità , le scelte a tutela dell’ambiente , della salute , della ingiustizia sociale di cui siamo tutti responsabili. Accanto a lei, al bambino , all’assemblea presente in quella celebrazione c’era Cristo vivente e sofferente nel pane e vino consacrati dal sacerdote. Non siamo mai soli ed abbandonati nella gioia come nella sofferenza, Lui è sempre con noi lungo il cammino della vita , irto di ostacoli , di cadute e rialzate ma anche ricco di speranza e di felicità che in futuro saranno eterne.

  4. Leggo tutto…. Che emozioni.. Grazie per tutto quanto e anche se non c’ero
    Ringrazio che ci metti a parte dei tuoi pensieri. Entrano diretti nel cuore

  5. Una descrizione piena di sentimento fede ,ricerca della strada della vita percorrendo la strada di Dio..un viaggio emozionante che ho potuto vivere solo leggendo quanto scritto con il cuore.Grazie.,grazie di ❤️.‼️🙏

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