Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

8300Come sciacalli sulla preda ancora calda, fiutando l’odore dei quattrini.
Basta una feritoia, come un vuoto legislativo, perché s’introduca la speranza dei soldi facili, per i professionisti senza scrupoli.
Anche e soprattutto in campo medico. Anche e soprattutto in campo ginecologico.
Proprio là, dove la vita ha inizio e germoglia, avvolta nel mistero e nello stupore, di cui si circonda ogni meraviglia della natura. Proprio là, territorio di attesa e dono, gioia e dolore: proprio là rischia di diventare terreno di scontro per chi è in cerca di guadagni facili, in barba ad ogni morale e ad ogni buon senso, calpestando i diritti dei più piccoli, gli unici incapaci di farli valere, gli unici incapaci di dare spessore alle proprie più che legittime richieste, di bisogni inscritti dentro la carne in modo atavico.
Così semplice e banali che diventa quasi assurdo che qualcuno debba difenderli. Sarebbe naturale, quasi ovvio, che siano garantiti.
Invece non è così.
Oggi bisogna dire a gran voce che è meglio avere una mamma e un papà che non poter sapere quali siano le proprie origini, dove risiedano le proprie radici.
Come se non bastassero, a scopo di accertamento della naturalità di ciò, le migliaia di bambini adottati che, una volta cresciuti (quasi sempre) in barba alle leggi che a ciò generalmente si oppongono, si avventurino, tra divieti e cavilli, alla ricerca di quelli che sono definiti “genitori biologici”.

Con rammarico spesso dei genitori adottivi che si sentono, in svariati casi, messi da parte.

Eppure, ognuno ha diritto a capire chi è. E, nonostante la fondamentale importanza di chi li amati, cresciuti e nutriti. C’è un principio, un’origine che non è mai solo filosofica ma anche, come minimo, antropologica e richiede una domanda profonda su sé e sul senso del proprio esistere che è imprescindibile.

Ecco spiegato il motivo di tanta pertinacia. C’è l’amore, certo.

Ma ci sono alcune cose che si avvertono. Ci sono legami che vanno oltre il sangue. Ma un legame, in special modo quello materno, che ha inizio dall’annidamento e che contribuisce alla formazione della maggior parte del nostro inconscio, non può essere cancellato con un colpo di spugna. Anche i bambini adottati nella più tenera età mantengono comunque, seppur sepolto in modo confuso, il ricordo di quel periodo, l’odore della mamma, il battito del suo cuore, il suono della sua voce.

Per quanto sommersi da mille altri, anche quei ricordi restano.

È buffo che partecipino anche degli scienziati per garantire che ad alcuni bambini ciò non sia concesso. In tutela dei donatori, ovviamente. Perché loro hanno diritto ad essere tutelati. I figli, nelle loro necessità fondamentali? Loro no.

In Italia, il “casus belli” nasce con l’episodio romano di quei gemelli attesi dalla “madre sbagliata”. Che era successo? In Italia, la fecondazione eterologa era vietata, ma nessuno aveva pensato ad un caso: l’errore umano. Sfruttando questo episodio come un ariete, incuneandosi in un vuoto legislativo, i fautori del progresso stanno cercando in ogni modo di legalizzare la fecondazione eterologa anche nel Belpaese.

Semplificando: buttano via il bambino con l’acqua sporca.

Perché se la legge precedente, con i suoi limiti, come tutto ciò che è umano, ponendo vincoli chiari, consentiva almeno che alcuni diritti al concepito fossero concessi, adesso non è più così e il rischio è di trasformare questo settore medico in un grande “far west delle nascite”, in cui, allo scopo di accontentare i desideri delle coppie, madre ed embrioni sono sottoposti a forzature di ogni tipo che comportano, tra le altre cose: bombardamenti ormonali, selezione degli embrioni molto più alta, negazione del diritto di conoscere la propria origine.

Senza dubbio, anche nella fecondazione omologa, gli embrioni soprannumerari erano eliminati senza troppe preoccupazioni, tuttavia ritengo sia giusto sottolineare che qualche limite era imposto. Senza mitizzare né in bene né in male, c’era un minimo di salvaguardia.

Questa proposta di legge al riguardo, non ancora approvata, prospetta un evidente peggioramento rispetto ai diritti del concepito e propone la facilitazione di ogni disegno lucrativo nei riguardi della riproduzione assistita, che rischia di trasformarsi in un grande business per professionisti senza scrupoli, disposti a far soldi sulla sofferenza di coppie che senza dubbio ricorrono a tecniche di questo tipo per disperazione.

Non è possibile pensare altrimenti se si conosce quanto estenuanti possano essere per la donna questi trattamenti e quanto sfiancanti per entrambi.

Spesso, tuttavia, un desiderio “cieco” nei riguardi del figlio spinge ad accettare queste pratiche, nella speranza di poter avere il famoso “figlio in braccio”: in certi casi, è inevitabile constatare che le coppie subiscono pressioni psicologiche considerevoli, quando non una certa emarginazione a causa dell’assenza di prole.

Notizia di questi giorni è che il professor Antinori abbia subito accertamenti perché pare che, giusto per non perdere tempo, abbia prontamente applicato la fecondazione eterologa nei confronti di una coppia che ne aveva fatta richiesta.

Nel frattempo, la regione Toscana, per non essere da meno, ancora prima che sia elaborata a livello nazionale, ha iniziato a riunire tavoli tecnici al riguardo.

L’eccezionale velocità con cui si sono mobilitati tanti medici, da sola, conferma l’ipotesi: la fecondazione eterologa profuma di denaro. E l’inseguimento al Dio Quattrino non è mai tanto diffuso quanto in momenti di crisi!

Pur capendo che tante coppie possano vivere sofferenze profonde per la difficoltà ad avere figli, mi sento di ricordare che esistono molti modi per poter affrontare un progetto di amore in comune con il proprio partner.

Ci sono le adozioni vere e proprie, gli affidi, le adozioni a vicinanza, quelle a distanza, così come la possibilità del volontariato.

Cito tutto, in questo frangente, perché mi rendo conto come sia riduttivo citarne solo alcuni, per vari motivi che provo a spiegare in modo sintetico ma esaustivo.

Le pratiche di adozione non sono sempre semplici e, pur avendo sulla carta l’obiettivo di tutelare gli interessi del bambino, capita talvolta che si basino maggiormente su discriminanti economiche che su oggettive disponibilità a vedere e cercare il bene del minore in questione. Per non parlare delle adozioni internazionali, che anche solo per il tempo che richiedono, rimangono pressoché inaccessibili per le famiglie che abbiano un reddito medio-basso.

L’affido è una pratica particolarissima che, in sostanza, si pone come sostegno di una famiglia ad un’altra famiglia. Il minore permane sotto la patria potestà dei genitori naturali, staziona presso un’altra famiglia per vivere in un clima sereno, in attesa e nella speranza che possa migliorare la situazione nella sua famiglia d’origine.

Adozioni a vicinanza e a distanza sono solo apparentemente diverse: si tratta di aiutare, per lo più a livello economico, una famiglia in difficoltà. Apparentemente una forma “egoistica” (non coinvolge, in genere, direttamente i donatori, per cui rischia di essere una modalità un po’ asettica e da “sistema-coscienza”) di amore, in realtà può essere una forma concretamente molto efficiente. Può diventare deterrente all’immigrazione (se tutti dessimo una mano ad una famiglia povera del terzo mondo, sicuramente si ridurrebbe il numero delle persone che hanno necessità di cercare fortuna all’estero) ed è di indubbio aiuto alla serenità familiare (i problemi economici sono spesso la radice di liti e separazioni).

Per il motivo esposto sopra (il poco coinvolgimento della pratica precedente) una coppia che desideri figli e non riesca attraverso l’adozione, potrebbe quindi trovare giovamento nello svolgere insieme attività di volontariato, magari con i minori oppure con i disabili. In entrambi i casi, la coppia vive un progetto comune, sperimenta difficoltà che potrà poi vivere con dei minori a lei affidata (sia propri che adottivi) e il “prendersi cura di” qualcuno insieme alimenta senz’altro l’affiatamento dei due.

Infine, aggiungo un’ultima cosa. Talvolta, la sterilità è solo apparente. La difficoltà è dovuta a tensione (di uno o di entrambi) oppure esiste qualche fattore di disturbo. So di non essere un’esperta al riguardo, ma quando parliamo di questo argomento, andiamo a toccare l’apice dell’amore umano, che riesce ad avere un’energia tale da farsi collaboratore dell’amore di Dio. Quando questo è il campo di cui si parla, si finisce col toccare i confini col Mistero.

Coppie che si credevano sterili o che pensavano di non poter avere più figli perché il periodo fertile era concluso, si sono ritrovati con un bimbo in braccio.

Potrei citare la Bibbia, che offre esempi famosi e ormai notissimi, che lascio a voi la curiosità di cercare. Mi accontento anche solo di dirvi di guardarvi intorno: la Vita stessa (…che è poi quella che la Bibbia contiene!) è altrettanto piena di esempi, magari meno famosi, ma magari anche più importanti nella vita di ciascuno di noi.

Credo infatti che ciascuno di noi, se fa mente locale dei propri amici e conoscenti, troverà almeno una coppia che non pensava più ad avere figli oppure s’era ormai rassegnata a non averne del tutto, che si è invece ritrovata una lieta sorpresa, che ha deciso di accogliere con amore.

Questi esempi ci ricordano che la vita è molto più ricca di quella che ci accontentiamo di vedere e se sappiamo accoglierne la Bellezza, anche nelle avversità, forse ci sono sorprese ancora nascoste che, per essere scoperte, hanno bisogno di desiderio, pazienza, perseveranza e tenerezza.


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