Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
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(Nell’attesa che si avveri la profezia di Grillo – “L’onestà andrà di moda” – assaporiamo la primavera di Papa Francesco. La sua non è una profezia, sembra un annuncio di primavera: “la delicatezza andrà di moda”. Anche nella Chiesa).

”Hola Daniel, sono padre Jorge. Grazie!”

A due passi da Plaza de Mayo, a Buenos Aires, in Calle Bolivar, vicino la cattedrale, c’è un’edicola, un’edicola che è diventata speciale il 23 marzo. Padre Jorge ogni giorno si fermava all’edicola di calle Bolívar, a qualche decina di metri dalla Catedral Metropolitana, per fare quattro chiacchiere, prima di infilarsi nel “subte” come qui chiamano la metropolitana e iniziare il viaggio per i quartieri della sterminata Buenos Aires. Il quotidiano, invece, non lo comprava: gli arrivava direttamente a “casa”, cioè la cameretta al terzo piano del palazzo arcivescovile in cui il cardinale aveva scelto di abitare. Daniel glielo inviava puntuale tutte le mattine, da anni, così poteva leggerlo appena sveglio – ancora all’alba – prima di essere risucchiato dalle molteplici attività. Ora, però, quel «padre Jorge» ha cambiato indirizzo e città: vive in Vaticano perché, esattamente una settimana fa, è stato eletto Papa.
L’altra mattina arriva una chiamata: ”Hola Daniel, sono padre Jorge” così si è presentato all’edicolante Papa Francesco al telefono martedì “Grazie per il tuo servizio in tutti questi anni, ma non consegnarmi più il giornale”. Daniel, incredulo, ha risposto: “Dai Mariano, non fare il cretino”. Il Papa, però ha insistito: “Sul serio, sono Jorge Bergoglio e ti sto chiamando da Roma”.
A Daniel si è paralizzata la lingua per l’emozione quando ha riconosciuto – dopo una prima esitazione – la voce di «padre Jorge» dall’altra parte del filo (e del mondo). Che, due giorni fa, alle 13.15 (ora locale), gli ha detto: «Grazie per il tuo servizio di tutti questi anni. Ora, però, non mandarmi più il giornale» («La Nacion»). A quel punto Daniel è scoppiato a piangere. «Non potevo crederci: il Papa si era ricordato di disdire personalmente l’abbonamento. E mi chiamava con affetto per dirmelo. Ha pure mandato un saluto alla mia famiglia», aggiunge l’edicolante. Prima di riattaccare, l’uomo ha domandato al Papa: «Quando la rivedremo da queste parti?». E ha aggiunto: «Sa, mi mancherà». Francisco, o meglio il padre Jorge – racconta Daniel – ha sospirato. «Mi ha risposto che almeno per un po’ di tempo sarà complicato ma ha aggiunto che sarà sempre presente».
(da www.ansa.it)

“Voglio soltanto la mia croce di ferro”
Due tratti, su tutti, emergono con forza fin dai primissimi atti successivi all’accettazione e alla scelta del nome, la semplicità e la decisione. Non appena condotto nella stanza delle Lacrime, infatti, la sala dove il neo Pontefice abbandona una volta per tutte la talare rossa da cardinale per indossare la veste bianca da Pontefice, c’è stato, secondo quanto si apprende, quasi un braccio di ferro con il Maestro delle Celebrazioni liturgiche, mons. Guido Marini. Il quale ha proposto al neo Papa di indossare, sopra la veste bianca, la mozzetta di velluto rosso bordata di ermellino e la croce d’oro. “Questa la mette lei”, avrebbe detto Papa Francesco con piglio deciso, “io mi tengo questa, la croce di quando sono divenuto vescovo, una croce di ferro”. Una scena simile si è ripetuta questa mattina presto, mentre Papa Bergoglio si accingeva a raggiungere la basilica di Santa Maria Maggiore, luogo di culto mariano, dove ha voluto compiere una preghiera per ringraziare la Madonna. “Lasciate la basilica aperta”, ha chiesto ai suoi collaboratori. “Sono un pellegrino e voglio andare a pregare da pellegrino tra gli altri pellegrini”, ha aggiunto. Insofferente, Papa Francesco si è dimostrato subito anche alle rigide misure di sicurezza. “Non mi servono le guardie, non sono un indifeso”, ha protestato. Parole però, in questo caso, ovviamente vane. L’era di un Papa che possa andare in giro liberamente per le vie di Roma e magari essere avvicinato dalla gente non è ancora arrivata. Tuttavia, se queste sono le premesse, molto c’è da aspettarsi in quanto a sorprese dal primo Pontefice sudamericano della storia. Intanto, questa mattina, Papa Francesco si è dovuto accontentare di una visita privata a Santa Maria Maggiore, basilica a cui è dovuto accedere da un ingresso laterale. In futuro, chissà che non lasci avvicinare a sé qualche fedele.
(da www.repubblica.it)

I cartoneros vicino ai potenti della Terra.
Avevano un posto riservato accanto ai potenti della terra. Anzi erano ancora più vicini all’altare, più vicini a papa Francesco, che li ha voluti accanto a sé nel giorno in cui è iniziato il suo ministero petrino. Sono i rappresentanti delle classi più povere del suo Paese, l’Argentina, e di chi sta loro vicino. Sergio Sanchez, “cartonero”, era alla messa vestito con la tuta blu e verde che utilizza – ha riferito l’Osservatore Romano – per raccogliere i materiali da riciclare abbandonati dalla gente per le strade di Buenos Aires. Rappresentante dei “cartoneros” riuniti nel Movimiento trabajadores excluidos (Mte), è arrivato direttamente da Buenos Aires. La sua conoscenza con il Pontefice risale a circa cinque anni fa, quando più dura era la lotta per il riconoscimento della dignità dei lavoratori. “L’unico che ci ritrovammo a fianco – ha detto al quotidiano della Santa Sede – fu padre Bergoglio. Anche lui lottava contro le diverse forme di schiavitù cui erano sottoposti i lavoratori, contro la tratta degli esseri umani usati come macchine da produzione”. “Personalmente – ha aggiunto – ho avuto l’onore di incontrarlo in occasione della messa che celebrava proprio per i lavoratori, anche per i cartoneros. Una volta ci è venuto a trovare proprio nel bel mezzo della nostra protesta. Ci ha portato conforto e si è impegnato perché non ci fossero più esclusioni e schiavitù tra la gente che lavora. Da lui abbiamo imparato a lottare per il nostro modo di vita, per migliorarlo e perché venisse riconosciuta la sua dignità”. Da quel giorno è nato un rapporto molto stretto tra il Papa e i cartoneros. Ogni anno, quando l’arcivescovo celebrava la messa in Plaza de Constitucion per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla necessità di creare una società senza schiavi e senza esclusi, Sergio Sanchez portava all’altare le offerte raccolte tra i suoi colleghi da destinare alla carità. Ha l’aspetto di un uomo che ha dovuto faticare molto nella vita, ma dalle sue parole si notano fierezza e dignità. I cartoneros sono persone che raccolgono per le strade di Buenos Aires tutto quanto è possibile riciclare: ferro, carta, plastica. “Il nostro lavoro – ha spiegato – è altamente ecologico: evitiamo che si inquinino le falde acquifere, che si taglino migliaia di alberi”.
(da www.ansa.it)

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