Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
cainero

Come un navigato seduttore. Magari uno di quelli ai quali ben s’abbinerebbe una maglietta scorta qualche giorno fa in una bancarella del mercato: “non è facile starmi accanto ma nemmeno troppo lontano”. La storia lo definì il Grande Assente; ma una certa storia lo tratteggiò anche come il Grande Presente. La presenza nell’assenza, quindi, o l’assenza nella presenza: cosicchè in certi attimi la sua assenza finisce col diventare una più ardente presenza, quasi una forma di nostalgia elevata all’ennesima potenza. Perchè della seduzione l’Uomo di Nazareth sembra conoscerne l’alfabeto e la grammatica: appare e scompare, si svela e si vela, si dona e si ritrae. Con l’inimmaginabile scoperta d’essere in ogni caso il Dio che cerca l’uomo e che dall’uomo sovente è cercato.
Una storia regale: un signore, dei servitori e un patrimonio da custodire (liturgia della XIX^ domenica del tempo ordinario). E’ un Dio che gioca d’azzardo: ti affida un patrimonio, l’accredito di un’eredità immeritata, la follia di una scommessa. Lui parte e si fida di te. Finge, come un innamorato smemorato; si fida, come un amante innamorato; ci scommette, come un giocatore dall’intuito finissimo. Non c’è condizione alcuna perchè nel Regno di Lassù non ci potrà mai essere vera gioia senza un’autentica libertà. Poi Lui un giorno parte: è l’attimo della malinconia ma anche della fiducia, della desolazione ma anche della speranza, del lutto ma anche della grande occasione. Nel Vangelo c’è tutto un via vai di azioni: lo stare desti, il cingersi i fianchi, l’accendersi delle lucerne, l’addossarsi i sandali. Quei servi sanno d’essere i custodi, non i padroni: il loro cuore vive dell’attesa del loro Padrone. Che se tarda rimane fedele alle leggi dell’Amore: tarda per farsi desiderare, per riempire di senso l’attesa, per far nascere quel batticuore che fa vivere ogni più piccolo frammento di secondo. L’attendere è per gente tosta. Chi non riesce a reggere l’attesa, ne decreta l’inutilità: si ubriaca, percuote i servi, dissipa il patrimonio, irride la fiducia del padrone. Magari non per cattiveria, non per civetteria e tanto meno per gelosia: è quell’incapacità del cuore di reggere il peso di una promessa senza data di scadenza, di una venuta senza il preavviso, di una sorpresa senza il seppur minimo annuncio. D’altronde il Vangelo sa come funzionano le cose di quaggiù: “se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa”. Anche Dio viaggia come un ladro: non avvisa, non si fa annunciare, detesta l’essere prevedibile. Eppure un giorno arriva, rispettando il suo fuso orario di mille e più anni, parola del salmista: “mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte” (Sal 90,4). Arriva e il suo semplice apparire metterà ordine nella reggia, dividendo i servi in capaci e incapaci, fedeli e inaffidabili, capaci di attesa e amici del Nemico. Per i primi, poi, il gesto inatteso: “si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. Un’attesa ch’è valsa il paradosso dell’Amore.

In una notte oscura
con ansie d’amor tutta infiammata,
o felice ventura!
Uscii, né fui notata,
stando già la mia casa addormentata.
Notte che mi guidasti!
Oh, notte amabile più che l’aurora
oh, notte che mi hai congiunto
l’Amato con l’amata l’amata
nell’Amato trasformata.

(San Giovanni della Croce, La notte oscura)

Non è facile starGli accanto. Eppure, a quanto sembra, non è facile nemmeno starGli lontano; forse per quel che di delicatezza e amabilità, di passione e di gusto, di affetto e di umanità che è nascosto dentro ogni suo minimo gesto. C’è da giurarci, però, che il segreto abita altrove: in quella sua mai celata capacità di addomesticare l’uomo rischiando un patrimonio, di educarlo mettendo nelle sue mani la libertà, di amarlo lasciandogli sempre la possibilità di andarsene. Braccia che stringono ma non trattengono, occhi che scrutano ma non spogliano, mani che accarezzano ma non strappano. Certo: il margine di rischio è folle, sin quasi imbarazzante. Ma è come dicono i vecchi nonni: “se non mi fido di te, di chi dovrei fidarmi?” Poi anche loro, magari, resteranno un giorno delusi; non per questo, però, smetteranno di scommettere su storie nelle quali scorre il sangue del loro sangue. Un po’ come Dio: bistrattato e strattonato, ancor non si stanca di scommettere sull’uomo. “Sono cose da non credere” direbbe il mondo; quando, invece, sono proprio le uniche cose in cui credere. Le assurde dichiarazioni d’amore dei Vangeli.

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