Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

arroganteIncuranti degli altri. Meglio se comodi: la loro arroganza certi giorni è una solenne blasfemia. Uomini per tutti i gusti. All’occorrenza si mostreranno gente dalle braccia forti, da manovale: «E’ bello per noi stare qui, facciamo tre tende una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9,5). Dal cuore magnanimo, da emeriti disgraziati: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco da cielo e li consumi?» (Lc 9,54) Parole testuali: per il semplice fatto d’essere stati rifiutati in terra di Samaria. Con braccia forti, il cuore magnanimo e un amor proprio da far ingelosire Narciso: «Congedali perché possano comprarsi da mangiare» (Mc 6,36-37). Pancia mia fatti capanna: «Sono ottusi, litigiosi, invidiosi, come mostra la storia sui posti migliori che Giacomo e Giovanni vogliono prenotarsi accanto a Gesù per il giorno del Giudizio» (E. Carrère). Un altro lo bacerà in bocca e sputerà la saliva addosso alla loro storia. Come di chi si pulisce la gola (liturgia della XXIX^ domenica del tempo ordinario).
E’ la gentaglia del Nazareno. Sono loro, né più né meno di quelli che si era scelto perché gli fossero amici e stessero con lui. Custodi di confidenze, di lì a poco diverranno gelosi delle sue confidenze: l’esatto opposto di ciò per il quale erano stati scelti. Godranno del paranormale e scongiureranno segni dal cielo. Lui, a loro, non farà nessun segno: il futuro sarà la una spassionata custodia di ciò che è stato creato. Nulla di più, niente di meno: «La fede non è una bandiera da portarsi in gloria” ma una candela accesa che si porta in mano tra pioggia e vento in una notte d’inverno» (N. Ginzburg). Una candela tra freddo e gelo: tutto così facile a dirsi, così difficile a farsi. A darsi, per rimanergli fedele.
Scandalizzano per la loro grossolanità: certe sere hanno facce così disadorne che ispirano spavento. Sono le sere delle illusioni chiamate delusioni: «Non possiamo diventare quei cristiani troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè, tranquilli. No! Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi e andare a cercare quelli che sono proprio la carne di Cristo» (Francesco). Con lui, dunque, han fatto le prove generali di tutto. Con lui potevano: le sviste diventano viste più aguzze, i nodi si mutano in snodi, la resa diventa una rosa. La nostalgia si fa memoria, il gusto diventa appetito. Cadono a più non posso: cadono, però, nelle mani di lui. E questo fece la differenza tra i suoi e quelli del codardo: ogni casato rende conto dei suoi patriarchi.
Mandati al fronte, vinceranno perdendo. Si lasceranno squartare da cima a fondo, chiederanno d’essere crocifissi con il capo rovescio, s’arrostiranno la pelle sulle graticole di mezzo mondo. Gli restituiranno il dovuto per quegli anni di figure barbine. Più che compatirli, val meglio l’adorazione. Mica facile credere di punto in bianco alla folle confidenza d’un amico, lo stesso che avevano visto crescere e cuocersi sotto il sole di Galilea: “Ho un segreto da dirti: son Figlio di Dio”. Quando qualcuno ripeterà il copione, capirà tutto: «Ti sentiremo su questo un’altra volta» (At 17,32). Apprenderanno sulla loro pelle ciò che, tempi addietro, non volevano capire affatto: che nessun amore, quando s’annuncia, è mai facile da credersi.
Pare sempre un insulto al buon senso degli umani.

(da M. Pozza, L’agguato di Dio, San Paolo 2015)

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