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L’invito è stato accettato: stasera dovrà essere la serata di Simone il Fariseo (liturgia dell’XI^ domenica del Tempo Ordinario). Tutto è stato preparato nei minimi particolari: l’Invitato, del resto, è l’Uomo più discusso nelle piazze della zona. Quando entra – Lui non è mai uno di quelli che se la tirano, ndr – non sembra mostrare riserbo o diffidenza, anche se c’è da giurarci che li abbia squadrati tutti nel volto, uno ad uno. Ad un tratto, però, la scena si complica: una donna, non invitata, entra in casa. E’ un’intrusa, non farisea, non rabbina, non colta: una peccatrice rinomata. Lei lo sa, ma sembra non vergognarsi: s’informa dov’è Gesù e va da Lui. Lo vuole incontrare. E per incontrarlo infrange le regole del galateo, affronta il rischio del rifiuto, l’incomprensione, il disprezzo, la condanna. Entra con un vaso di alabastro e si accartoccia sotto la tavola piangendo ai suoi piedi. Gesù in alto, lei in basso. Una donna che entra in casa senz’invito, per lo meno ha interesse a parlare con il Maestro: almeno qualche parola s’aspetta. Nulla: entrambi rimangono in silenzio. O meglio: parlano senza parlare. Immagina: la donna non riesce a parlare, s’emoziona, piange: per gratitudine, pentimento, amore, commozione? Boh! E il Maestro sembra muto: al pianto risponde con il silenzio. Non cambia posizione: se ne sta inclinato verso la tavola e la donna piange ai suoi piedi. Che immagine tenerissima! Le mormorazioni dei presenti – Gesù fa sempre orecchie da mercante ma nulla sfugge al suo udito finissimo – dicono che col corpo quella donna ci sapeva fare: gli arnesi che stasera usa sono gli stessi che impugna sulla strada di notte: le mani e la bocca, con l’aggiunta dei capelli. Quella donna è donna che conosce l’arte d’amare. E di farsi amare e coccolare.
Pazienza la donna: di malaffare è e tale lo rimarrà. Simone è irritato dall’atteggiamento di Gesù: “cosa diranno gli altri farisei? Perderò la reputazione, diranno che ho contagiato tutti, che l’ho invitata io, che sapevo tutto, che potevo cacciarla” – pensa tra sé Simone. Un focolaio di sentimenti: da perfetto fariseo, però, non l’avrebbe mai esternato in pubblico. E’ sufficiente: il Maestro lo accerchia! Questa è onestà: Simone firma la guerra e Gesù combatte. Per la prima volta l’Accusato prende la parola: “Simone, avrei una cosa da dirti”. Fenomenale, Cristo: potrebbe difendere la donna o intavolare una discussione sul galateo. Nulla: sceglie di raccontare una storia. Simone gli dice: “Maestro, dì pure”. Non fart’ingannare dall’educazione del fariseo: l’originale greco esprime l’impazienza di chi sta accusando. Sarebbe come dicesse: “Sarebbe ora che tu fornissi una spiegazione qualunque del tuo modo di comportarti”. E Gesù, paziente, gli racconta una storia. Ascolta, Simone. Un creditore teneva due debitori. Uno gli doveva 50 denari, l’altro 500 (cinquecento giornate lavorative di un contadino!). Li condona entrambi, poiché impossibilitati a restituire. Chi gli sarà più grato? “Suppongo” (v. 43): immagina il cuore di Simone. E Gesù lo invita a fare un salto: dalla storia dei creditori a casa sua. “Vedi questa donna?” “Vedi?”: lo costringe a guardarla, che colpo per Simone! E Gesù gli rinfaccia tutte le sue sviste. Un mitragliatore. Simone ha fatto il bullo e adesso gli si presenta il conto: “Vedi questa donna?” Facile immaginare Simone: avrà risposto “si” a voce bassa, con fare cupo, nervoso. Come a dire: “Smettila, sei a casa mia. Cacciala fuori!”. Infatti non risponde. E Gesù lo inchioda facendogli il riassunto della serata: “(Vedi Simone) sono entrato nella tua casa e tu non m’hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.” Evvai: uno a zero. Palla al centro: “Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.” Uno due…goal. Due a zero: palla al centro. “Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.” Difesa allo sbaraglio totale: tre a zero. Fischio finale! Simone se ne sta a testa bassa, forse con il rossore sulle gote perché è intelligente. Senza dirglielo (potenza magistrale di Gesù) gli ha fatto capire che chi non ha rispettato la legge è stato lui. E, soprattutto, lo ha fatto sentire un verme (ma con delicata tenerezza): gli ha spiegato – ma senza dirglielo (capacità dei geni) – che la vera padrona di casa era stata quella donna. Quasi per dire: “Meno male c’è stata lei, Simone. Altrimenti sarei stato a disagio”.
Tanto di cappello: questa si chiama eleganza. Partito deciso contro quella donna che considerava peccatrice, si scopre peccatore lui. Non lo accusa direttamente, ma gli dice: “Pure tu, Simone, sei peccatore”. Lui non lo sa: si pensava puro, perfetto e santo. Accipicchia: il suo Ospite – quello per il quale forse aveva preparato pane azzimo, verdura bollita, qualche costina d’agnello e datteri secchi per finire – fa un bocconcino del suo orgoglio (ma con eleganza): “Simone, avrei una cosa da dirti”.
Immagina la conclusione. Non parlano i commensali. Però parlano. E Cristo non può tacere. Come una vecchia bilancia che tenta di trovare il bilanciamento dei suoi piatti, lo sguardo della donna s’aggancia a quello del Maestro che le dice: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”. Seducente. Incantevole. Sublime: le parole non reggono la potenza di quello sguardo! Il Vangelo è incredibile. Non ne risparmia una: defilatosi Simone, il flash va a cercare gli altri commensali. Ti ricordi, vero: stavano cenando! Meraviglioso: “Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è quest’uomo che perdona anche i peccati?». Uguali identici a Simone: non s’azzarderebbero mai e poi mai a parlare ad alta voce. Ma il microchip del Vangelo li smaschera. E’ disastrosa per l’uomo la puntualità evangelica. Risponde a loro parlando alla donna. Cioè: questa è arte pura. Come quando uno ti sta parlando: lo ascolti ma non lo guardi in faccia. Lo senti ma non ti giri. Lo percepisci ma non vuoi vederne il volto. E quando ti pone una domanda, tu rispondi a lui guardando un’altra persona. “Va in pace: la tua fede ti ha salvata”. Prego, signori: s’accomodi il prossimo.
Con un’accortezza stavolta, per evitare figure da pollo: del Vangelo non devono temere i peccatori, ma i presunti giusti. Vero, Simone?

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