Più uno stato è corrotto, più ama emanare delle leggi: per questo «non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e sotto il calore della giustizia» scriveva Montesquieu. Le leggi, anche le migliori, si potranno dunque solo rispettare o temere, ma non amare: anche perchè – è sotto gli occhi di tutti – ci sono situazioni nelle quali la giustizia e la legge sono dei cugini così lontani che nemmeno si parlano. A questo, poi, aggiungiamo il fatto che «la legge degli uomini – scrive il romanziere russo Tolstoj – è come la banderuola di un vecchio campanile che varia e si muove a seconda di come spirano i venti». Perchè una legge sia buona, insomma, dovrebbe facilitare il compiere la cosa giusta e fare in modo che diventi più difficile fare la cosa sbagliata. Basterà la Legge?
Quella che Cristo conosceva così bene d’azzardarsi nel dire d’esserle superiore in tutto, per tutto. Non le manca di rispetto, semplicemente dice che Lui vale molto di più della Legge. Vale così tanto che, senza di Lui, la legge non vale un fico-secco: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti – si affretta a dire prima di affondare il colpo – ; non sono venuto ad abolire, ma a dare compimento (alla legge)». Dare-compimento è verbo partoriente, materiale esplosivo: per chi vorrà diventare grande agli occhi di Dio, dunque, la Legge non basterà più. Chi si arresterà alla Legge sarà come quel bambino che, innamorato delle istruzioni d’uso di montaggio di un giocattolo, si scorderà di prendere in mano il giocattolo e continuerà a contemplare le istruzioni. “Grazie per il servizio che mi hai reso!” dice, invece, Cristo alla Legge: “Adesso, però, spostati: tocca a me entrare in scena”. E’ l’esame di maturità del Cristo-bambino: la vera maturità inizia quando ti basterà sapere di avere ragione, senza sentire il bisogno di mostrare che l’altro ha torto. Cristo non dice che la Legge ha torto, semplicemente dichiara che Lui è venuto perchè tutto quello che si è osservato sinora possa maturare appieno. E’ l’ammissione di umiltà più nobile che si possa formulare. L’arrogante dice “faccio tutto io, chi è venuto prima di me non conta nulla”; l’umile dice: “Semplicemente prendo tutto quello che gli altri hanno fatto e porto a compimento l’opera”. Che è come dire che senza di Lui la legge resta carta straccia. Il minimo sindacale della storia.
Arroganza? Assolutamente: c’è un’enorme differenza tra avere carattere e essere arrogante. E’ la buona educazione, quella che Cristo dimostra d’avere in abbondanza. L’argomentare di Cristo è liscio: “Se vi comporterete come vi siete comportati finora, rimarrete sulla cresta dell’onda. Io sono venuto per allenarvi a diventare fuoriclasse”. Diventare adulti, con Cristo, è terribile a farsi. E’ molto più facile evitare e passare da un’infanzia all’altra, da una regola all’altra, da una schiavitù all’altra. Non l’accettate? Amen, rimarrete come gli altri e nessuno si accorgerà di voi. Nel mondo non farete la differenza: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». Ma a cosa serve, dunque, seguire Cristo se poi non si accetta d’andare verso il regno dei cieli? Sarà tutto tempo perso: a leggere le istruzioni quando c’è la possibilità di mettersi a costruire l’oggetto a lungo desiderato. Fatica, Cristo, a fare mettere radici al suo sogno di quaggiù: «Non ci vogliono nove mesi ma sessant’anni per formare un uomo» scriveva Andrè Malraux, l’ateo naturalmente cristiano.
“Ha stravolto la tradizione, non si capisce più cosa fare” dicono di Cristo, lo dicono del Papa. Nessuno dei due, però, ha mai rinnegato il passato: molto più semplicemente l’hanno ricondotto alla sua bellezza primigenia, rinfrescando sul volto le sembianze originali che il tempo (s)travolge. Il fatto buffo è che proprio quando sembra di perdere la fede è quello il momento in cui si sta affinando: il meglio è sempre la cosa più difficile. Nessun tradimento in atto, dunque: semplicemente l’occasione per fare il salto di qualità, per mostrare al mondo la differenza cristiana, quella ch’è nata apposta per fare la differenza nel mondo. Ci sta anche che a qualcuno, del gioco, gli piaccia fermarsi alle istruzioni d’uso, senza raccogliere la pienezza del gioco stesso. Ci sta. Quanto a quelli che hanno tirato il bidone, però, stanno freschi se credono di essere invitati un’altra volta. Cristo, bastian-contrario, ora pro nobis.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno» (Matteo 5,17-37).
Dal 17 gennaio 2020, in tutte le librerie, il nuovo libro di Marco Pozza dal titolo “Il balzo maldestro” (San Paolo)
«Quella cristiana è la storia del riscatto da un sequestro: Satana sequestra l’uomo, Dio paga di persona per liberarlo. È una storia che si intreccia con l’autobiografia dell’autore, scandita da un’originale rilettura dei complementi di luogo imparati alla scuola elementare. Dal giardino dell’Eden alla gattabuia del Demonio, andata e ritorno, è l’indicazione dell’eterno viaggio della speranza. Poiché tutto può il demonio, ma non cancellare dal cuore la nostalgia di Dio. Nulla hanno ancora potuto stragi, graticole, ripicche: la sua memoria è dappertutto. Basterà poco, il bisbiglìo di un Mistero, per risvegliare nell’uomo il sapore del Cielo. Accadrà come per le anatre domestiche, al tempo delle migrazioni: attratte dal grande volo triangolare delle anatre selvatiche di passaggio, esse «abbozzano un balzo maldestro», disprezzando per un istante il pollaio. Seguendo questa intuizione, suggerita da quello straordinario maestro della narrazione che è Antoine de Saint-Exupéry, Marco Pozza, in questo suo nuovo libro ricchissimo di suggestioni, ci racconta una storia che parla di anatre, di gazzelle e di deserti. Di un sequestro e del suo riscatto. Di una Cittadella da (ri)costruire, oggi più che mai, nel cuore dell’uomo» (dalla quarta di copertina).
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