La dimora è paurosamente bella. Fuori – appena fuori dal cancello, appena lì dietro la siepe – si è radunato un capannello di passanti. L’ammirano, discutono sul possibile valore, ipotizzano il mestiere dei proprietari. La siepe, altissima e di un verde celestiale, ne impedisce la visuale: «Questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude» (G. Leopardi). Dentro, a chi abita dentro, finora non è mai capitato d’intrattenersi coi curiosi: è gente riservatissima, gente di un certo livello. Poi, all’improvviso, un gesto di una naturalezza sconvolgente: uno dei proprietari, il figliolo, curioso pure lui di questo origliare attorno alla loro dimora, decide di aprire il cancello, di andare in strada, di scambiare due parole con quei vicini dalla testa popolata di ipotesi, suggestioni. Esce, ci parla, cambia tutto: “Buongiorno, gente. Come andiamo? Cosa ne dite, invece di stare qui al caldo a fantasticare, se vi offro un caffè? Così entrate, vedete che non c’è nulla di misterioso a casa nostra” Accettano, di buon grado: si leccano le labbra, ci si scambia sguardi di allegrezza, i passi diventano opportunità. Ed entrando nella casa, senza che alcuno si accorga (eccetto il figlio), si annullano le distanze che c’erano fino a pochi istanti fa. «Piacque a Dio – scrive la Dei Verbum, una delle quattro Costituzioni Dogmatiche del Concilio Vaticano II – nella sua bontà e sapienza, rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà, mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, han accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della vita divina. Con questa rivelazione il Dio invisibile, nel suo grande amore, parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per poi invitarli e ammetterli alla comunione con sé». L’invisibile apre la porta di casa.
Ecco la (benedetta) Santissima Trinità, così apparentemente cervellotica da comprendere: ecco quest’intimità, questa privacy così intima da fare nascere mille ipotesi, congetture, scusanti. Tutto cancellato dal gesto inaspettato del Figlio Gesù che, all’improvviso, apre la porta di casa sua per fare conoscere al mondo la sua famiglia: il Padre, Lui e lo Spirito Santo. Un gesto semplicissimo, di una quotidianità feriale: uscire di casa, intrattenersi con qualcuno di fronte al cancello, per poi invitarlo ad entrare per bere qualcosa, per restare assieme un po’. Basterà sempre poco, al Dio Cristiano, per estirpare alla radice tutto ciò che non è verità ma solo supposizione: aprire la porta, fare entrare, intrattenersi. Tra tutte le solennità, la Santissima Trinità è quella che più assomiglia all’Open Day d’una scuola, di un’azienda, di uno spazio: crea l’occasione per farsi conoscere, per creare legami, per integrarsi il meglio possibile con il vicinato. Un vicinato di grande valore che, nel caso della Trinità, siamo noi. Crea quasi imbarazzo solo a pensarlo, ma siamo proprio noi i vicini di casa della Trinità: così vicini – dice il Figlio – che “se volete far uso del nostro giardino e dei nostri spazi per ritrovarvi tra di voi, fate pure!” Detto con le parole geniali dei Vangeli: «Tutto quello che il Padre possiede è mio; (…) prenderà del mio e ve lo annuncerà». Per darcelo.
La Santissima Trinità non è l’abitazione di lusso di un singolo: dentro casa sono in tre, c’è un rapporto, la solitudine è bandita. Uno non basta a se stesso, ma ognuno ha bisogno dell’altro per riuscire a stare in piedi. Difficile da spiegare questa convivenza riuscita senza calcolare il prezzo dell’unicità: nessuno dei tre s’annulla, nessuno accetta di diventare zerbino dell’altro ma ognuno con ciò che gli è proprio contribuisce al sostentamento della famiglia. “Vabbè, ma questi tre non sono poveracci come noi, è gente di un certo livello”. Non c’entra il livello, è questione di stile: «Se tu vieni, per esempio, tutti i giorni alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice» (A. de Saint-Exupéry). A render difficile l’avventura cristiana è il fatto che nessuno diventa cristiano da solo: “A volte tutto quello di cui si ha bisogno nella vita è qualcuno che ci tenga la mano e cammini con noi” sembra dire il Padre mentre sorseggia un caffè in compagnia dei vicini di casa.
(da Il Sussidiario, 14 giugno 2025)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» (Vangelo di Giovanni 16,12-15).
