Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

infiltrazioni
Le chiamano “infiltrazioni” come quelle di acido ialuronico, di cortisone o di ossigeno-ozono che alleviano il dolore alle articolazioni, curano l’ernia del disco, le sciatalgie. E’ l’aggettivo qualificativo a seguire, però, a farle differire: mafiose. Vicende di “infiltrazioni mafiose” nel Nord-Est. “Infiltrarsi” è verbo di destrezza: preannuncia appostamento, agguati, previsioni e investimenti. E’ anche verbo che non produce rumore: al frastuono preferisce il passo-felpato, alle urla del baratto predilige il silenzio della minaccia, alla prestanza privilegia la presenza. “Infiltrarsi” è operazione di ombra e oscurità. E’ anche un esserci senza esser stati invitati: “Si è infiltrato senza nessun invito”. E’ ormai di qualche settimana la notizia che nel Veneto – con le sue spiagge golose, i terreno appetibili, le cubature fabbricabili – le associazioni del crimine sono di casa. Cosa-nostra è a casa-nostra: «Significative – scrive la DIA – le presenze segnalate in Veneto». L’infiltrazione s’è fatta presenza: ha preso cittadinanza, non è più clandestina, scivola indisturbata nella sottocute, come le infiltrazioni mediche. “Presenza” è molto più che “infiltrazione”: è certificato, dato di fatto, attestazione. Nonostante più di qualcuno si ostini a negare l’esistenza delle mafie nel Veneto, la presenza del crimine in una terra baciata dal “Mi sono fatto da solo”. Oculisti ciechi.
La negazione del male: ecco la vitalità del male. L’immunità dal contagio: è l’anestesia perchè l’infiltrazione avvenga senza la minima percezione che, sotto la pelle, stiano inserendo dei liquidi estranei al nostro corpo. La mafia s’infiltra a scopo terapeutico, in apparenza: per salvare un’azienda, estinguere un debito, smaltire dei rifiuti, innestare denaro liquido. Si presenta, sovente, nelle vesti del terapeuta: “Guarda come si è preso a cuore la situazione” dicono da fuori. Poi, sanata la malattia, ecco il conteggio: la persona è diventata cosa, “cosa-nostra” dicono. E’ l’argutezza del male: comincia quando inizia a trattare le persone come cose, le storie come oggettistica di scambio. S’infiltra – senza invito o con invito ad infiltrarsi senza dare nell’occhio – a bassavoce: «La triste verità – è di Hanna Arendt – è che molto del male viene compiuto da persone che non si decidono mai ad essere buone o cattive». E’ l’attrattiva della penombra, il gusto del proibito, il fascino dell’illegalità: anche Lucifero ha il suo taccuino di miracoli. La sua forza è la stupidità dell’uomo, il male supremo della storia umana: “La mafia? Roba del Sud: Castelvetrano, Corleone, San Luca”. Così ragionando, ci si abitua a vedere il male, lentamente a tollerarlo, poi approvarlo, finendo per commetterlo. E’ storia di questi giorni, annate: arresti, sirene, intercettazioni, la gattabuia. Negarlo, dunque, è una sorta di “concorso esterno in associazione”: chi nega l’evidenza la favorisce, ne diventa fiancheggiatore, è un suo affiliato. “E’ roba del Sud-Italia, è la questione meridionale” biascica l’uomo di superficie. Lo stesso che, vedendo stagliarsi in cielo la sagoma di un carcere, è certo: “Là dentro ci vivono i mafiosi, i disonesti, il cancro della società”. Fino al giorno in cui arrestano l’amico del cuore – l’impresario, il sindaco, il prete, l’avvocato – e s’accorge di vivere molto più vicino al carcere di ciò che ideava: “E’ innocente. Si son infiltrati a sua insaputa” dirà. Fosse vero, sarebbe il grado di ammissione più alta della finezza del male, della distrazione dell’uomo. Il male è già nato.
La mafia è presente a casa-nostra: per la mafia, poi, la presenza è potere. Allunga i tentacoli, sana i debiti, “olia” le imprese. E’ il genio della carità-storta: «Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta» (Gen 4,7). Ammetterne la presenza è altissima operazione di bonifica: accendere la luce è infastidire il pipistrello. Riconoscere, poi, che il bene s’intreccia giocoforza col male è materia da intelligenti: estirparlo del tutto non è alla portata nostra. Non rimanerne apatici, però, è già anticipo di speranza: una sorta di riparazione per coloro che, sgomitolando la matassa, sono stati vittime innocenti di quel male.

(da Il Mattino di Padova, 17 marzo 2019)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy