Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

La nebbia che avvolgeva piazza San Pietro il giorno del funerale di Joseph Ratzinger non sembra scomparire. È resa ancora più fitta da pettegolezzi, scoop, rilanci d’agenzia e gossip. “Che immagine avvilente di Chiesa!” starà pensando qualcuno che, scoraggiato da queste guerriglia, non riesce più a capire “quale santo invocare”. Eppure, per chi crede, tutto questo non dovrebbe disturbare più di tanto, ma aiutare ancora di più a credere. Perchè la Chiesa – «Per che cos’altro dovrebbe esserci la Chiesa al mondo se non per diventare l’abitazione di Dio nel mondo?» (J. Ratzinger) – è un miscuglio di umanità e di divinità, una contaminazione di mondi opposti che il Cielo cerca di amalgamare come meglio riesce. E dell’umano fa parte non soltanto la nobiltà, l’eleganza, tutto ciò che è diafano, il conforto ma anche le sue diavolerie più infide: sgomitate di banco, liti tra vicini, sberleffi e colpi bassi, insinuazioni, scortesie, piccole rivalse. Ciò, comunque, non dovrebbe scandalizzare più di tanto, soprattutto all’indomani dell’ennesimo Natale: «Lo depose in una mangiatoia» (Lc 2,7), scrive l’evangelista. Parla di stalla e non di gioielleria o di un atelier d’altissima moda. Vale la pena, dunque, intestardirsi a stare male di fronte a questo umano che sembra umiliare persino il lato divino della Chiesa?

La domanda è lecita, la tristezza è giustificabile, la confusione calcolabile: la Chiesa, però, è fatta di questa materia, non di un’altra. E’ una casa dove alla sedia manca una gamba, le scatole di marmellata si svuotano misteriosamente da sole, c’è traccia del dentifricio sul lavandino, l’asciugamano è per terra, i vestiti si poggiano sulla sedia (con la pretesa che si sistemino da soli nell’armadio). Fosse diversa, la Chiesa, mi sentirei a disagio: in una Chiesa di perfetti, manco la grazia di Dio saprebbe che fare, come agire, dove infilarsi. Tutto questo provoca sofferenza, c’è della nebbia che infiacchisce le ossa, c’è un Demonio all’opera: è inutile che ce lo tacciamo. Ma l’allegrezza – ch’è il tratto più naif del Dio cristiano – giace altrove, la vera notizia è un’altra: non tanto che nella Chiesa c’è dell’umano che ci schifa, ma che dentro quest’umano disgustoso c’è il filo rosso della presenza di Dio che, malgrado tutta la nostra deficienza e devianza, s’intestardisce «ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). E’ questo filo rosso che non dovremmo mai perdere di vista: e sarà tanto più provocante quanto più insulsa potrà sembrarci la stagione ecclesiale nella quale abbiamo vissuto. La storia di cui siamo parte. Il risultato, alla fine, ce l’ha ricordato Pelè come si fa a calcolarlo, dopo che Cristo ce l’ha dimostrato anzitempo: «Il successo non è quante volte vinci, ma come giochi la settimana dopo che hai perso».

Visto che vincere a tavolino è un sogno ricorrente, un po’ ovunque.

(da Specchio de La Stampa, 15 gennaio 2023)

Una risposta

  1. Condivido caro Don quanto hai scritto sul filo rosso e se ci penso… faccio il possibile per fare le pulizie dentro di me per accogliere degnamente il Signore che…come scrisse S. Giovanni della Croce in Fiamma d’amor viva:
    Dimora in tutte le anime segreto e nascosto…in alcune compiaciuto, in altre contrariato, in alcune come in casa Sua, in altre come estraneo in casa d’altri che…non gli lasciano fare nulla.

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