Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Dietro un orecchio tre stelle. Sul piede un fiore. Sul display un sms: "Ciao mamma, qui è tutto okay…". Tra il silenzio delle stelle e il profumo dei fiori giace l’ennesima giovinezza recisa prematura. In un angolo di Spagna che ironicamente definiscono brava. Fumo, balli, urla per la strada, schiamazzi a notte fonda e, come dessert, sesso sulla spiaggia: desmadre ("casino") come dicono laggiù. La città dove nelle hall si scambia una giornalista per una dottoressa: tant’è la familiarità col personale ospedaliero. E’ il biglietto da visita che Lloret de Mar esibisce. Federica stava lì, probabilmente una tra tante.

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Nel mare di internet la notizia della morte vien data alternata a mille altre frivolezze. Pianti disperati e curiosità festanti sullo stesso piatto. Basterebbe questo per scorgere sul viso del mondo segni di caduta. E di brutture. Ma quando questi fili sottilissimi e azzardati – che intrecciano curiosità, cronaca e dolore –  si spezzeranno, quale sarà il seguito del viaggio?
C’è un’Italia che sudando arriva a sera, forse. Che piange giovinezze salpate verso il cielo troppo presto. Alla quale le vacanze ammazzano gli affetti. Che lavora, suda, investe e sogna. Che si sforza di addomesticare i suoi figli allenandoli a grandi ideali: con immenso sudore, con paziente attesa, con tremolante speranza. E’ gente di cui non senti la voce, che non si guadagna flash solo perché sposa madonna semplicità. E c’è l’Italia che detta tendenza: quella che troneggia in Costa Smeralda, quella delle intercettazioni e delle immunità, delle erezioni presidenziali a bordo yacht e dei discorsi ignari della quotidianità. E’ l’Italia che urla, che affascina, che inizia ad allettare sin dall’infanzia. Perché il messaggio è di immediata comprensione: la vita è un grande "divertimentificio". Gioca anche tu! A captare le voci dei bambini, a sbirciare tra i diari delle adolescenti e l’ambito lifestyle dei diciottenni si svelano le conseguenze di tutto ciò. Hanno un bel da fare le associazioni educative, i promoter religiosi e le parrocchie a suggerire "vette" ardite da scalare. Basta una svista, una debolezza, una stanchezza a sotterrare mesi di rimotivate motivazioni. Soprattutto d’estate. D’altronde perché sfibrarsi se basta una foto, un concorso, una nottata e divieni "prima donna"? O tronista? Molto lucidamente domenica scorsa Adina Agugiaro ha tratteggiato i fili di una tela che si sta disfacendo. Non è "passione per la catastrofe", ma semplicemente ragionevolezza, ammettere che è in atto un tentativo di volgarizzazione di massa. E’ da don Chisciotte versione 2008 battersi contro l’esistenza dei venditori di vuoto. Il mestiere è loro: è la responsabilità che è nostra. Che deglutiamo quello che ci viene offerto. E insegniamo ai nostri figli a fare lo stesso. Perché sotto l’ombrellone ha la funzione del ricostituente farmaceutico sciacquarsi la gola con le frivolezze, allettarsi di briciole, sorridere. Senz’avvederci che, impercettibilmente, s’anestetizza la capacità di pensiero, d’immaginazione, di riscatto. Perché il tutto sembra normale e immune da revisioni. E si finisce per depositare il cervello in "commodato d’uso" per 99 anni. Una vita!
Come opporsi? In un gruppo di seduti e rassegnati (ma contenti), è lapalissiano che il primo che si alza venga deriso. Perché prospetta fatica e vento in faccia. Ma oggi è il tempo opportuno, il kairos biblico, per tornare a chiamare le cose col loro nome. "Medice, cura te ipsum" diranno tanti benpensanti nell’associare tali parole alla professione di chi scrive. Ma son stanco di vedere recidere fiori. E se le cose stanno così m’aggrego al Mondadori convertito che urlò: "viva il moralismo che voi condannate, viva la sacrosanta indignazione". E torniamo, chiesa in primis, a tumulare quel linguaggio neutro e amorfo delle assoluzioni collettive con la precisione della Scrittura Sacra. Dove Bene è ciò che promuove la dignità umana e Male ciò che la deturpa. Parlando di Luce e di Tenebre.

E invitando ad evitare certi "deserti" per non correre il rischio d’essere inghiottiti vivi dal desmadre.

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