Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

anatroccoloBelle e dannate. Costrette e avvinghiate alla dura legge della bellezza per non correre il rischio di essere nessuno nel palcoscenico della vita. Quello che un tempo era lo sfizio della mamma, della zia e della sorella più grande ora diventerà il punto d’approdo di adolescenti sempre più infiacchite nell’anima che alla bellezza artificiale chiederanno un aiuto per sentirsi vincenti.
“Le piccole divine” (beauty-farm per quattordicenni aperto qualche settimana fa a Padova) già nel nome nasconde l’aspettativa: ma è solamente il risvolto tecnico e pratico di quel dramma – il più delle volte impercettibile (e qui gli autori mostrano la loro intelligenza beffarda) – pubblicizzato negli spazi televisivi: che l’esistenza è uno show. Condotto da gente che distingue il mondo in belli e brutti, vincenti e sconfitti. Nei salotti si portano bellimbusti e fattucchiere, maghi, indovini e cartomanti, sportivi, gieffini e preti. Si cercano le lacrime delle vedove dei poliziotti uccisi, le rabbie di vescovi scomunicati e i lineamenti di persone rifatte. Si mette in piedi un’agenzia di potere alla quale attingere ispirazione e protezione per diventare qualcuno. E tanti giovani che non tengono mezzi, potere e spirito critico per vagliare dove stia il meglio per il loro futuro, cadono nella trappola: quella del “video ergo sum” (“appaio, quindi sono”). Non per nulla uno dei programmi maggiormente seguiti negli anni scorsi s’intitolava “Generazione di fenomeni”: una generazione intera, per l’appunto, di fenomeni da loro creati a loro uso e consumo. In questo senso, aprendo la scatola nera, potremmo trovare un aiuto per dare ragione della povertà immaginativa – e dell’apparente genialità delle beauty-farm per quattordicenni – che i giovani tengono circa il loro futuro: perchè lentamente nella loro immaginazione si è realizzato il tentativo di far rientrare le loro giovinezze in piccole scatole già preconfezionate e pronte per l’uso ad un prezzo abbordabile. In modo da poter controllare meglio i loro desideri, pilotare le loro emozioni e fare in modo che chiedano quello che solo noi possiamo dare. Il sogno infante d’essere modelli, modelle, attori e attrici, di dimagrire-ritoccarsi-proteggersi, d’apparire per essere qualcuno e valere è un indice credibile della terapia mediatica di questi signori.
A quattordici anni s’è belli e belle perchè imperfetti, forse un po’ bruttini, ma custodi di una giovinezza che chiede tempo per esplodere nella sua magnificenza: qualche foruncolo di passaggio a ricordare l’età, qualche kg di sovrappeso puntualmente registrato, quel paio di jeans che fatica a custodire il corpo, una certa disarmonia nei lineamenti, nei passaggi, nelle movenze. Abita qui la bellezza dell’essere giovani, nell’imperfezione di un corpo che lentamente trova la sua armonia al ritmo degli anni che passano. Forse un po’ di sana allegria e di matura ironia saprebbe far traghettare certe adolescenze troppo fragili nelle acque di una società che all’ordine del cuore preferisce la potenza della mente e il culto della personalità. Ma se l’uomo non fosse solo bocca e stomaco – cioè un essere che divora e consuma – allora s’accorgerebbe del tentativo di anestetizzazione in atto nei confronti dei giovani e coltiverebbe nel cuore una domanda: che cosa sarebbe la vita se ci avessero lasciato fare? Senza rinchiuderci come pulci in scatole già preconfezionate?
Tra una mamma che a tavola pubblicizzi ancora la proverbiale cicogna con la relativa foglia di cavolo e una mamma che come premio di un compito ben riuscito alle medie metta in palio massaggi al cioccolato e manicure alla figlia adolescente s’invoca l’autorevolezza di chi, forte di una bellezza interiore, continui a raccontare che la miglior maturità è quella di chi vive la sua età senza accelerare i passi. Per non bruciare energie, lineamenti e passioni troppo presto nella vita e poi rimpiangere una bellezza senza più potere d’attrazione.

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