Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

"Polvere alle porte di Damasco"


(Atti degli Apostoli, 9, 1-22)

Paolo di TarsoSaulo, sempre spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote, e gli chiese delle lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato dei seguaci della Via, uomini e donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme.
E durante il viaggio, mentre si avvicinava a Damasco, avvenne che, d’improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo e, caduto in terra, udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" Egli domandò: "Chi sei, Signore?" E il Signore: "Io sono Gesù, che tu perseguiti". Egli, tutto tremante e spaventato, disse: "Signore, che vuoi che io faccia?" Il Signore gli disse: "Àlzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". Gli uomini che facevano il viaggio con lui rimasero stupiti, perché udivano la voce, ma non vedevano nessuno. Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla; e quelli, conducendolo per mano, lo portarono a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda.
Or a Damasco c’era un discepolo di nome Anania; e il Signore gli disse in visione: "Anania!" Egli rispose: "Eccomi, Signore". E il Signore a lui: "Àlzati, va’ nella strada chiamata Diritta, e cerca in casa di Giuda uno di Tarso chiamato Saulo; poiché ecco, egli è in preghiera, e ha visto in visione un uomo, chiamato Anania, entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista". Ma Anania rispose: "Signore, ho sentito dire da molti di quest’uomo quanto male abbia fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. E qui ha ricevuto autorità dai capi dei sacerdoti per incatenare tutti coloro che invocano il tuo nome". Ma il Signore gli disse: "Va’, perché egli è uno strumento che ho scelto per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re, e ai figli d’Israele; perché io gli mostrerò quanto debba soffrire per il mio nome".
Allora Anania andò, entrò in quella casa, gli impose le mani e disse: "Fratello Saulo, il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada per la quale venivi, mi ha mandato perché tu riacquisti la vista e sia riempito di Spirito Santo". In quell’istante gli caddero dagli occhi come delle squame, e ricuperò la vista; poi, alzatosi, fu battezzato. E, dopo aver preso cibo, gli ritornarono le forze. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e si mise subito a predicare nelle sinagoghe che Gesù è il Figlio di Dio. Tutti quelli che lo ascoltavano si meravigliavano e dicevano: "Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli che invocano questo nome ed era venuto qua con lo scopo di condurli incatenati ai capi dei sacerdoti?" Ma Saulo si fortificava sempre di più e confondeva i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo.


paoloeilcavallo.jpg

"Anno Zero"
Anno zero: non quello di Michele Santoro, Margherita
Grambassi e Marco Travaglio. L’anno zero quello vero: cioè l’anno zero della
storia. La ferita della storia. La spaccatura, il fastidio, la scocciatura.
Prima di quell’anno: promesse, profezie, attese, sogni, aneliti, speranza. Dopo
quell’anno: sangue, martirio, sudore, fatica, piedi, polvere, incontri. In quell’anno:
un fiore, un sogno, una mano. A tentare la somma di prima+dopo+mezzo emerge
un’accozzaglia totale.
Ti ho portato una foto da Efeso. Guarda: c’è una
casa. C’è una donna. C’è malinconia. Lei è donna Maria Nazarena, ricamatrice di
cielo nella bottega di paese. In mano c’ha un album: cioè una somma di volti.
Giacomo di Zebedeo, il figlio del tuono, il primo ad essere stato ammazzato di
spada da Erode. E’ rimasto solo il ricordo del fratello che, nelle notti
d’inverno, ne parla al calore del focolare. Poi Andrea, chiamato alle quattro
di un pomeriggio indimenticabile. Bartolomeo, l’uomo trasparente, l’israelita
senza inganno pizzicato sotto il fico. Poi scorticato in Armenia. Giuda Taddeo,
Giacomo di Alfeo, Simone lo Zelota, Matteo-Levi: partiti con biglietto di sola
andata. Con in tasca, forse, un ciottolo del lago, un ciuffo d’erba del monte,
un calcinaccio del sepolcro vuoto. Una certezza: "Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni a Gerusalemme,
in tutta la Giudea
e la Samaria
e fino agli estremi confini della terra"
(At 1,8) Poi Filippo, Tommaso.
Giuda.
Guarda
quest’altra foto. Anzi: costruiscila con l’immaginazione. Hai mai osservato una
tribù di formiche che s’appropria di una casa? Eccole sul focolare. La donna
non lascia più cibarie lì e le mette sul tavolo. E loro fiutano l’aria e danno
l’assalto al tavolo. La donne le mette nella credenza e loro passano dalla
serratura della credenza. La donna appende al soffitto le sue provviste e loro
fanno un lungo cammino lungo le pareti e i travicelli, si calano per la fune e
mangiano. La donna le brucia, le scotta, le avvelena. E poi sta tranquilla convinta
di averle distrutte. Oh! Se non vigila, ecco la sorpresa!
Identica sorte sotto il cielo di Galilea. Il giorno
della chiamata li consideravano idioti. Il giorno della Croce li applaudirono
falliti. Il giorno di Pentecoste li videro sformati. Trasfigurati. Li videro
correre, scappare, urlare. Piantare, sradicare, progettare. Sognare, pregare,
piangere. Abbracciarsi, allontanarsi, ritornare. Salutare, sbattere,
innamorarsi. Imprigionati, liberi, fugaci. Indomiti, inarrestabili, pericolosi.
Un casino
boia per le strade. Sembrava iniziata una caccia al tesoro: al contrario, però.
Non c’era un tesoro da trovare. Ma dovevano trovare più persone possibili cui
mostrare il tesoro che avevano trovato.

Saulo
sbaglia i conti

Un uomo non aveva capito che gli uomini tutti,
principi o scopini, visti dall’alto sono dei puntini. Non sapeva che l’aria
d’importanza regala un diploma d’ignoranza. O meglio – come dice un proverbio
cinese – "il gallo canta, ma è la gallina
che mantiene le promesse"
.
La gente che lo ha visto crescere lo conosce come Shaul. Un nome, un mito: sulla sua
nascita il ricordo del grande re Saul, primo re d’Israele. Origini e formazioni
orgogliose: ebreo di origine controllata, figlio di ebrei, circonciso l’ottavo
giorno, alunno di Gamaliele – un’autorità nelle scuole del tempo -. Una cultura
ellenistica immensa, conoscenza sublime della greca lingua e quell’arte
retorica che riempie la sua bocca. Un geniaccio: parlando usa immagini sportive
e militari, cita poeti e filosofi del suo tempo, conosce a menadito le 613 prescrizioni
della Legge. E’ sposato. Padre.
Una convinzione l’ha reso vincente, perdente, santo:
odiava i cristiani. Li voleva morti. Li cercava, li stanava, li bruciava. Li
sgozzava. Ci gioiva. Un leone inferocito, un tagliateste convinto, una bestia
impazzita. Passava e faceva disastri, seminava il panico, squartava chi osava
contrariarlo. Senti cosa scrive di suo pugno anni dopo: "Udiste infatti il mio modo di comportami un tempo nel giudaismo:
perseguitavo oltre ogni limite la chiesa di Dio e cercavo di distruggerla"

(Gal 1,13-14). Oltre ogni limite: senti che velocità! Eppure pensa che
l’intento era bello: difendere la causa di Dio, proteggere la Verità, custodire la Bellezza. Vedessi
come lo faceva: ci metteva l’anima, l’intelligenza, la passione di un cuore
infuocato, convinto, smisurato. Ma quello che stava succedendo a Gerusalemme
lui non lo accettava. Lo squaternava. Lo faceva starnutire e imbestialire. La
scena era esplosa anni prima nella città di Gerusalemme – sempre là, l’epicentro
di ogni birbantata – dentro una delle tante sinagoghe dove si radunavano i
giudei. Shaul la scena ce l’ha
stampata davanti: di una violenza inaudita e inattesa. Un ragazzo chiamato
Stefano, le sue parole azzardate contro la legge e il tempio. La spavalderia
convinta che l’animava. E poi l messaggio: il Messia morto in croce. Ma si può
essere intelligenti e imbecilli allo stesso tempo? La fine era scontata:
l’accusa, la sentenza, la lapidazione. E quel mantello, strappato al
sanguinante Stefano, gettato ai piedi di un giovanetto, Saulo.
Profezia? Casualità? Segnale stradale?
Intanto questi continuavano a creare disordini. Se il
Vangelo fosse stato un tumore oggi diremmo che la metastasi si stava diramando
impazzita. A Gerusalemme le autorità avevano tagliato drasticamente. Tolleranza
zero. Ma fecero il gioco della massaia con le formiche. Questi prendono e
accendono fuochi fuori della Giudea. E’ il gioco della vecchia pubblicità
Zucchetti: l’idraulico tappa un buco e se ne aprono due. Due chiusi e cinque aperti.
Cinque chiusi e tredici che perdono. Pensa che nervoso…! Il Sinedrio se ne
inventa un’altra. La massaia sposta le cibarie, il Sinedrio manda degli
emissari con un "mandato di cattura". Tra gli emissari un certo Shaul.
La ferocia sul volto, la sete di vendetta, il
coltello in mano. La Legge
nella mente. In lontananza vede le mura di Damasco: l’effetto di una droga.
Energie che s’ingigantiscono, rabbia che monta decuplicata, spirito acceso.
Vuole sangue, vendetta, morti. Nevoso, agitato, mandato. Il sole altissimo, la
luce accecante, la città che s’avvicina, le dita pronte.
Il sole si spegne. Il volto a terra. Polvere.

scrivere_100x100.jpg
Lo scrittore
greco Plutarco racconta che il barbiere domandò al re Archelao: "Come ti debbo tagliare i capelli?".
Archelao rispose: "Tacendo".
Senti questa. Roma,
Despar di via Monte del Gallo. Vicino casa mia. Un papà esce dal supermercato
con una borsa stracarica di ogni ben di Dio. Pane, speck, coca-cola, nutella,
ringo, baiocchi, pringle. E poi ciucetti, chewing, yogurt. Ananas, banane e
pesche. Caramelle, pane e formaggio. Succhi, integratori, chipster. Gomme da
masticare, da cancellare, da attaccare. 25,4 cm di scontrino fiscale. La borsa minaccia
di sfracellarsi a terra. Il bambino di sei anni gli scodinzola dietro. Stufo e
insoddisfatto. "Ma cosa vuoi di più
gli chiede il padre scocciato – T’ho
preso cartella, pennarelli, gomme profumate, lecca lecca. Cosa vuoi che ti
prenda ancora"
. Il bambino gli disse tutto d’un fiato: "Prendimi per mano, papà".
Fa attenzione.
Perché l’uomo è fragilissimo. Ti mostra una faccia, ma quello che nasconde è
tutta un’altra musica. Si mostra spaccone, persecutore, inavvicinabile.
Scontroso, maldestro, figo.
Altezzoso, esuberante, massacratore. Poi scopri che ha fame di un abbraccio. Di
un pezzo di pane. Di un amico. Di una casa da abitare. Di una parola. Di un
gesto. Di un silenzio. Di un padre. L’uomo ha fame di profumo. Quello del
cielo, dell’acqua, dell’erba, del legno. Di casa, della polenta, di un cuore. Guarda
che l’uomo ha paura: ma non te lo vuol dire. Si vergognerebbe, s’arrosserebbe,
piangerebbe. Aiutalo!
(Fango, Jovanotti 2008)
Ha ragione
Jovanotti: oggi l’unico pericolo è quello di riuscire più a sentire niente. Il
profumo dei fiori, l’odore della città, il suono dei motorini, il sapore della
pizza. Le lacrime di una mamma, le idee di uno studente, gli incroci possibili
in una piazza. E poi il battito di un cuore dentro al petto, la passione che fa
crescere un progetto, l’appetito, la sete, l’evoluzione in atto, l’energia che
si scatena in un contatto.
Dio spegne la
luce. Un calcio sul di dietro e ti
stramazza a terra. Muso nella polvere. Non riuscendo a fare di noi degli umili,
è costretto a fare degli umiliati. Ti fa sentire un verme: nulla, piccolo,
menomato. Ti fa provare nostalgia. Con una bocciatura, con una delusione, con
un lutto. Con una caduta, un sogno, una telefonata. Una sberla, un urlo, uno
spavento. Perché tu sei invincibile: vuoi arrivare a Damasco, pensi di spaccare
il mondo. Farai tutto: ma non come vuoi tu. Non con i tuoi vestiti. Stranissimo
Dio: non parla, agisce. Le persone intelligenti parlano per esperienza. Quelle
ancor più intelligenti, per esperienza non parlano.
Non parlano. Ma
quando ti svegli scopri che t’hanno messo a terra. Che non ci vedi. Che il tuo
mondo è stato smantellato.

Polvere.
Incontro. Provocazione.

Incidente? Di più. Imboscata? Di più. Scontro
violento all’incrocio? Più o meno. Un terribile impatto? Di più. Uno squarcio
interiore. Damasco è sullo sfondo: le mura silenziose, i drappi sulla merlatura,
le sentinelle sveglie e silenti. Le chiacchiere, il mercato, gli ambulanti.
Clacson, canti, trambusto. Damasco è sullo sfondo: Shaul non arriva a Damasco. Steso
a terra, inerme, arrestato. "Saulo,
Saulo, perché mi perseguiti?"
(At 9,5). Beccato in eccesso di velocità. A 300 km/h non basta una
paletta per arrestare un pilota impazzito! Occorre rischiare la morte, il
frontale, la sparatoria. "Saulo, Saulo,
perché mi perseguiti?"
E lui, con il muso nella polvere. Un cieco che
balbetta: "Chi sei, o Signore?" (9,5).
"Io sono Gesù, che tu perseguiti".
Chissà se, muso nella polvere, avrà rimembrato le parole di Gamaliele, maestro
fariseo, quando alzatosi nel sinedrio disse: "Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa
teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene
da Dio, non riuscirete a sconfiggerli"
. E arrotolò il discorso dicendo: "non vi accada di trovarvi a combattere
contro Dio"
(At 5,38-39) Paolo: non t’accada di trovarti a combattere
contro Dio. Se poggi l’orecchio sull’uscio del Vangelo, sembra quasi d’avvertire
il colpo brutale. Anni dopo scrisse: "Io
sono stato afferrato da Cristo"
(Fil 3,12). Afferrato come si ghermisce una
preda: con violenza, senza possibilità di risposta, un colpo da KO. "Afferrato": agguantato, braccato,
preso, catturato, beccato, sequestrato. C’è un po’ di animalesco in questo
verbo! E Damasco è lontana. La polvere e le stelle a confronto: silenzio
tutt’intorno. Dov’è l’arte retorica, le immagini sportive e militari, le citazioni
di poeti e filosofi, la cultura? Un autore ignoto dice di Paolo: "Ecco Paolo: un uomo piccolo di statura,
tozzo, con le gambe arcuate, la testa calva, le sopracciglia folte e congiunte,
il naso un po’ sporgente"
(Atti di
Paolo e di Tecla
, II secolo). Gliel’aveva detto Gamaliele: mai mettersi
contro Dio. Cristo sa che il momento giusto per colpire è proprio quando il
nemico si sta strofinando le mani.
Damasco è lontana, ma una voce lo butta dentro: "Orsù" – cioè "muoviti, non fare la
vittima, reagisci, svegliati, smettila". – "Orsù,
alzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare"
(9,6). Ma
prima di alzarsi Luca, il compositore di questo diario, annota: "Gli uomini che facevano il cammino con lui
s’erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno"
.
Sentono ma non vedono. Oppure vedono ma non sentono. Hanno occhi ma non vedono.
Non sentono, eppure hanno orecchi. Vecchi echi di Vangelo! E Saulo? Infognato
col muso nella polvere s’alza. Sembra un bambino spaurito in piena notte. Si
strofina gli occhi. Sembra di non vederci. Strofina più forte: non ci vede. Si
gratta: è cieco. Non può vederci: deve entrare a Damasco prima. Poi si vedrà.
Voleva entrarci di corsa e ammazzare. Guarda come entra: guidato per mano (come
s’addice al non vedente), in maniera lenta, col bottino dello sconfitto. E per
tre giorni: stop. Niente vista, niente cibo, niente bevande.
Impossibile rimanere latitanti quando s’è braccati
dal Cielo. C’ha provato Shaul. Risultato: non solo perdente. Ma cosciente che
nessuno esce indenne dall’incontro con Lui. A Damasco ci entrerai: ma non come
vuoi tu!
Perché tra i sogni e la realtà c’è sempre uno strato
di polvere.

copia_2_di_paoloeilcavallo.jpg

La
sincerità erronea di Anania

A Damasco era giunta notizia dell’arrivo di Shaul. Unita,
probabilmente, ad una buona dose di terrore. O, perlomeno, d’angoscia. Problema
fu chenon arrivò Shaul, ma Paolo. Sempre per quello strano scherzetto dell’Uomo
della Croce che ama passare il tempo confondendo e giocando coi nomi! Me
l’immagino la gente del mercato: lo vedono, sotto sotto ridono, mormorano,
commentano, insinuano. Lo spiano. Tra questi forse anche Anania. Il nome è
strano ma la professione è chiara: discepolo. Sul suo capo si spacca una
visione: "Àlzati, va’ nella strada
chiamata Diritta, e cerca in casa di Giuda uno di Tarso chiamato Saulo; poiché
ecco, egli è in preghiera, e ha visto in visione un uomo, chiamato Anania,
entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista"
. Vecchia volpe Anania.
Operaio della prima ora anche lui vorrebbe uno stipendio diverso. Da anni
sgobba, lotta, difende la Novella Buona.
Conosce Paolo. Vorrebbe conoscerlo meglio dell’Altezze: "Signore, ho sentito dire da molti di quest’uomo quanto male abbia
fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. E qui ha ricevuto autorità dai capi dei
sacerdoti per incatenare tutti coloro che invocano il tuo nome"
. Anania è
contento, s’è sfogato. Cambiato qualcosa? Certamente: Anania capisce che far
cambiare idea a Dio è impossibile: "Va’,
perché egli è uno strumento che ho scelto per portare il mio nome davanti ai
popoli, ai re, e ai figli d’Israele; perché io gli mostrerò quanto debba
soffrire per il mio nome"
. Come dire: parti o no? Non è difficile
immaginare il gioco di sguardi. Anania: "Sei matto, Signore. Pensaci. Fa’ il
bravo. Credimi. Lascia perdere. Sbagli mira. Scegli l’altro". E dietro le
stelle l’Altro: "Parti, Anania. Smettila. Convertiti. Fidati. Ubbidisci.
Ricrediti. Svegliati. Stupisciti. Ungilo!"

scrivere_100x100.jpg
Che fatica essere
peccatori oggi, ragazzi! Che fatica essere deboli. Che fatica essere bambini. Che
guaio: nessuno ci ascolta, nessuno ci da importanza, tutti hanno qualcosa da
insegnarci, da comandarci. Ci dicono: "Quando
cambierai, quando crescerai, quando smetterai, quando sarai, quando avrai,
quando tornerai, quando verrai"
. Domani, sempre domani. Solo domani. No,
signori! Il nostro nome non è "domani". Il nostro nome è "Adesso". Tu puoi
aspettare, vuoi aspettare. Ti prendi il lusso di temporeggiare. Perché ti credi
qualcuno: cioè hai il cervello fuori fase. Cristo no! Lui scommette, rischia,
s’azzarda. Ha coraggio, stima e passione per l’uomo. Ha occhi dis-umani. Come
quel giorno in cui Gesù s’incontrò in aperta campagna con un gruppo di uomini
che stavano osservando la carogna di un cane. Ognuno diceva la sua contro quel
residuo di animale: "Schifoso,
puzzolente, riluttante"
. Arriva Gesù, sente tutti e, finalmente,
interviene: "Però guarda che bei denti".
Oggi il vero
miracolo è continuare a sperare quando tutti dicono che non c’è più nulla da
sperare. Sperare contro ogni speranza. Nulla è perduto: bisogna crederci.
Andare oltre. Smetterla di piangersi addosso. "Ho le orecchie a punta": però
sei capace di ascoltare. "Ho le mani screpolate": però sai lavorare il legno.
"Sono bruttissimo": però sei simpatico, miseria. "Mi dicono tutti che sono un
orso": però hai bisogno di tenerezza. "I miei genitori sono degli animali":
però, cavolo, guarda come ti amano.
L’aveva intuito
Martin Luther King quando scrisse: "Se
non puoi essere un pino sul monte, sii una saggina nella valle, ma la migliore
saggina del ruscello. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio. Se non
puoi essere un’autostrada, sii un sentiero. Se non puoi essere un sole, sii una
stella. Sii sempre il meglio di ciò che sei. Cerca di scoprire il disegno che
sei chiamato ad essere. Poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita"
.
Gli altri?
Fregatene! Cristo ha bisogno della tua debolezza. Dei tuoi limiti. Delle tue
incapacità. Fregatene e accetta la scommessa: nemmeno con Paolo ha fallito
quella volta.

Anania lo tocca. Cadono le squame, ricupera la vista,
viene battezzato. Pure lui diventa 
formica che innervosisce la massaia. Se lo trovano lungo le strade (per
terra o per mare non importa), accanto alle carovane dei commercianti, alle
legioni dei romani. Nelle sinagoghe dove prende la Parola, spiega la Scrittura, offre letture
abbaglianti e scomode. Nelle piazze dove la gente firma gli affari, ascolta le
ultime novità. Negli areopaghi dove l’elite si raduna per discutere. Nelle
prigioni che lui trasforma in aule di cristianesimo. Nelle case dei credenti
dove spezza il pane e la Parola
sin quasi al sorgere dell’alba. Spazia dall’ebraico al greco. Dal greco al
latino senza disinvoltura. Confonde la gente: "Ma costui non è quel tale che a Gerusalemme infieriva contro quelli
che invocano questo nome ed era venuto qua con lo scopo di condurli incatenati
ai capi dei sacerdoti?"
(9,21) Quello che un tempo era tagliatore di teste
ora è maestro di una scuola nuova. Infiamma la gente, la scuote, l’incita.
Conquista, affascina e convince. Lo seguono in tanti: Andronico e Giunia di
Roma, Apollo di Alessandria, Aquila e Priscilla di Corinto (espulsi da Roma),
Aristarco della Macedonia, Barnaba di Tarso. E poi Dema, Epafra di Colossi,
Epafrodito di Filippi. Erasto, Filemone e Giasone. Giovanni Marco, Lidia e
Luca. Onesiforo, Onesimo e Silla. Stefano, Tichico e Timoteo. Tito e Trofimo.
Coinvolgeva e si faceva coinvolgere perché ormai l’aveva capito pure lui:
ultimo di una serie sconfinata di casi. Impossibile rimanere latitanti quando
pende un mandato di cattura dall’alto.

Damasco,
città dell’uomo

Una volta una grande fabbrica di scarpe mandò in
Africa due impiegati in cerca di nuovi mercati. Dopo qualche tempo telefonano.
Uno disse: "Nessuna possibilità: qui
nessuno porta scarpe"
. L’altro scrisse sul referto: "Enormi possibilità! Qui nessuno ha scarpe".
Il Paolo dei pessimisti: che rincorre, afferra e
sgozza. Ma anche il Paolo degli ottimisti: che piange, accarezza, emoziona. Il
Paolo che odia, giudica, spara. Ma anche il Paolo sedotto, tenerissimo,
materno. Il Paolo intrattabile, irascibile, nervoso. Ma anche il Paolo
semplice, della porta accanto, discreto. Paolo e la sua testa: testa nella
polvere sulla piana di Damasco. Testa tagliata nella Roma da evangelizzare. Il
Paolo tutto Legge. Il Paolo tutto Gesù.
Perché non sono le idee ma gli incontri che cambiano
la vita.
Soprattutto se l’incontro avviene con il muso nella polvere. E a tenerti premuto
il capo è il Signore amante della Vita.
Fatica rialzarsi con la stessa faccia!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy