Amici, credo che sia meglio per me cominciare a tirar giù la valigia. Anche se non so bene l’ora d’arrivo, e neppure conosca quali stazioni precedano la mia, sicuri segni mi dicono, da quanto m’è giunto all’orecchio di questi luoghi, ch’io vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare quel po’ di disturbo che reco. Con voi sono stato lieto dalla partenza, e molto vi sono grato, credetemi, per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare a lungo con voi. Ma sia. Il luogo del trasferimento lo ignoro. Sento però che vi dovrò ricordare spesso, nella nuova sede, mentre il mio occhio già vede dal finestrino, oltre il fumo umido del nebbione che ci avvolge, rosso il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi senza potervi nascondere, lieve, una costernazione. Era così bello parlare insieme, seduti di fronte: così bello confondere i volti (fumare, scambiandoci le sigarette), e tutto quel raccontare di noi (quell’inventare facile, nel dire agli altri), fino a poter confessare quanto, anche messi alle strette, mai avremmo osato un istante (per sbaglio) confidare.
(Scusate. È una valigia pesante anche se non contiene gran che: tanto ch’io mi domando perché l’ho recata, e quale aiuto mi potrà dare poi, quando l’avrò con me. Ma pur la debbo portare, non fosse che per seguire l’uso. Lasciatemi, vi prego, passare. Ecco. Ora ch’essa è nel corridoio, mi sento più sciolto. Vogliate scusare).
Dicevo, ch’era bello stare insieme. Chiacchierare. Abbiamo avuto qualche diverbio, è naturale. Ci siamo – ed è normale anche questo – odiati su più d’un punto, e frenati soltanto per cortesia. Ma, cos’importa. Sia come sia, torno a dirvi, e di cuore, grazie per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore, e alla sua faconda dottrina. Congedo a te, ragazzina smilza, e al tuo lieve afrore di ricreatorio e di prato sul volto, la cui tinta mite è sì lieve spinta. Congedo, o militare (o marinaio! In terra come in cielo ed in mare) alla pace e alla guerra. Ed anche a lei, sacerdote, congedo, che m’ha chiesto s’io (scherzava!) ho avuto in dote di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza e congedo all’amore. Congedo anche alla religione. Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento stridere il freno, vi lascio davvero, amici. Addio. Di questo, sono certo: io son giunto alla disperazione calma, senza sgomento.
* Giovedì 21 gennaio 2016, dalle ore 8.00, don Marco Pozza sarà ospite del programma “Bel tempo si spera“, condotta da Lucia Ascione, in onda su Tv 2000 (Canale 28 del digitale terrestre – Sky Canale 140 – tivùsat 18).
* Il medesimo giorno, alle ore 20.30, avrà luogo il secondo incontro del corso di teologia “Gesù di Nazareth. I passi scalzi della bellezza“, presso l’Oratorio di Ponte di Piave (Via Roma, 64 – Ponte di Piave, TV). Il corso di teologia – dal titolo “Gesù di Nazareth. La sorpresa di Dio nella storia” a firma di don Marco Pozza – è un percorso che tenterà di presentare il Gesù dei Vangeli come l’Uomo nel senso vero e proprio, il Dio fattosi storia tra le strade della Palestina di due millenni addietro. Quel personaggio che d’improvviso ci troviamo accanto nei momenti di maggior abbandono, di desolazione e di disperata solitudine. Strutturato in due parti, nella prima l’attenzione sarà centrata sulla vicenda storica di Gesù di Nazareth, con particolare attenzione alla dimensione affettiva e umana della sua persona di Uomo e alla consapevolezza d’essere al tempo stesso Figlio di Dio, il Cristo della storia. Nella seconda parte verranno tracciate delle prospettive su come la storia dell’uomo appare dopo il passaggio di Cristo, quasi un «invito a guardarsi intorno e a dare il posto dovuto all’ombra che ci insegue contro noi stessi, nonostante noi stessi» (C. Bo). Un Cristo della sorpresa. Un Cristo inatteso. Un Cristo anche solo spiato. Per rammentare il fatto capitale della nostra esistenza di cristiani.
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