Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

1000174 10151477294816130 908690544 n“Sentimento unilaterale ed eccessivo della propria personalità o casta, che isola l’individuo o ne altera i rapporti sociali o affettivi “.
È con queste poche parole che viene definito il termine “orgoglio” su un vocabolario della lingua italiana, e la maggior parte delle persone ritiene sia corretto etichettarlo così. Per l’opinione comune l’orgoglio è questo: un qualcosa di negativo che isola e nega una buona relazione col prossimo… ma allora perché è così difficile estirparlo dalla propria vita? Perché è questo sentimento a tenere in mano le redini degli avvenimenti in molte delle esperienze che si vivono?
Riprendendo le parole di Aristotele, l’uomo può essere definito come un “animale sociale”, e dunque, avere a che fare con altre persone e relazionarsi è una necessità impossibile da eliminare, che va coltivata nel corso degli anni partendo da una cerchia ristretta costituita dalla famiglia, per poi aprirsi verso le persone a noi estranee; l’orgoglio è uno dei grandi nemici che “l’essere sociale” incontra sulla propria via, e come tale, se si vuole raggiungere l’armonia con il prossimo, va combattuto strenuamente, poiché vedere uno accanto all’altro i termini “orgoglio” e “relazione armoniosa” è una questione complicata, se non addirittura impossibile.
Osservando dei bambini al parco è facile notare scene di litigi che poi si risolvono con una partita a pallone o un giro sulle altalene, e la domanda sorge spontanea: “come fanno?” Per i più piccoli è una qualità naturale; la loro felicità, infatti, vale più del loro orgoglio, e spesso gli adulti non arrivano neanche a concepire tale aspetto della vita, presi come sono dal loro egocentrismo e dal loro “innalzarsi rispetto agli altri”. Ciò è un vero problema, poiché in molti casi si dedica la propria esistenza all’inseguimento di quel concetto effimero che è la reputazione, lo status sociale, ciò che gli altri pensano tu sia, e ci si dimentica che ciò che conta davvero è chi tu sia veramente, e non l’opinione altrui…ma come si è arrivati ad avere tali priorità nel proprio viaggio su questa terra?
Quotidianamente cresciamo circondati da un bombardamento di slogan che mirano ad accrescere l’importanza dell’apparenza, mirano a farci nascondere le imperfezioni, a sotterrarle, e a far trasparire un senso di onnipotenza e sicurezza ostentata; si diventa grandi pensando che non si debba mai perdere il “manico del coltello”, si diventa grandi con l’idea che per essere uomini non si debba aver bisogno di nessuno, perché “aver bisogno di qualcuno” è pericoloso, si dipende dagli altri, e questi altri non sempre sono come vorremmo. L’orgoglio è un ottimo mezzo per avere un’esagerata reputazione di se stessi, per rinforzare i punti deboli della corazza che ognuno ha, e dunque è il mezzo più utilizzato per resistere a ciò che ormai viene ritenuto minaccioso, come ad esempio l’amore, che mette in evidenza i propri limiti e difficoltà, scalfendo l’uomo “forte e perfetto” che tutti aspirano ad essere.
“In amore vince chi ci tiene meno”. E’ questo il pensiero che si è inculcato specialmente nelle opinioni dei giovani, i quali troppo spesso non sono in grado di avere una vera relazione solo per paura di perdere le proprie sicurezze, solo per paura di dover mettere da parte il travestimento di uomo o donna sicuri di sé, indipendenti e liberi. Si rinuncia alla gioia per un’illusione, perché l’orgoglio fa sentire (non essere) forti, ma non sempre felici.
Litigio di coppia o tra amici. Dopo la discussione ognuno va a casa sua, fiero e soddisfatto per aver sostenuto il confronto senza cedere la propria posizione; ci si sente bene, orgogliosi di aver mostrato tanta sicurezza. Dopo un po’ sorge il dubbio per entrambe le parti: “magari ho esagerato, dovrei chiedere scusa”, “forse dovrei chiamarla”. Il problema sta proprio qui: non ci si può mostrare deboli, si teme che gli altri possano ritenerci bisognosi che qualcuno ci accompagni e sostenga nel nostro cammino, e quindi, pur di non perdere la propria reputazione e continuare a nutrire il nostro orgoglio, nessuno fa il primo passo per chiedere “scusa”; sono solo cinque lettere, importantissime, ma tra le più complicate da pronunciare nella nostra vita. “Sorry seems to be the hardest word”; le parole di Elton John esprimono una verità assoluta, incontestabile.
Il problema dell’orgoglio in amore è che è un limite che sazia solo per un istante, perché poi torna la fame; ed è solo allora, quando il bisogno del nostro “essere sociali”, il bisogno di relazione con l’altro, bussa al proprio cuore troppo forte, in modo insistente, che ci si rende conto di quanto l’orgoglio sia inutile. E’ un sentimento che impedisce alle persone di sorridersi per troppo a lungo, un sentimento che, come insegna Madre Teresa di Calcutta, “annienta ogni cosa”, un sentimento che ti fa soffrire pur senza trasparire all’esterno. E’ un sentimento a cui è difficile rinunciare, ma il cui rifiuto può portare a scoprire gioie inimmaginabili prima: non ci sei più tu, infatti, al primo posto sul podio delle priorità, ma il proprio amico, o la persona amata, ed è possibile costruire una vera relazione, senza paura di mostrare le proprie piccolezze e i punti deboli nella corazza, senza paura di mostrarsi per ciò che si è, vivendo così spogliati dell’opprimente maschera dell’orgoglio e dell’apparenza che, in silenzio, soffoca l’esistenza di ognuno.
L’orgoglio ovviamente non è l’unico problema di una relazione, ma, al giorno d’oggi, è sicuramente uno dei principali, e quindi bisogna lottare per estirparlo come fosse Zizzania, per non lasciargli la possibilità di crescere dall’interno, asfissiarci e rovinarci. Per combattere va utilizzato un disinfestante di cui ognuno è dotato, poiché questo rimedio sono proprio le cinque lettere più difficili da pronunciare, in grado di respingere quel sentimento che ti divora dall’interno, capaci di creare una relazione dove non si cerca la supremazia sull’altro, ma dove si riesce, insieme, a riconoscere le proprie colpe e difetti senza paura di ammetterle; per far ciò, qualche volta bisogna saper rinunciare alle proprie inamovibili opinioni, ma scusarsi non significa sempre che tu hai sbagliato e l’altro ha ragione, significa semplicemente che tieni più a quella relazione che al tuo orgoglio.
Vivere da orgogliosi è nocivo. Si pensa di essere inarrestabili, e si arriva addirittura ai paragoni con Dio; anzi, a pensare di essere Dio. Ogni volta che ci accade qualcosa di straordinario ce ne si prende il merito, si pensa di essere inarrestabili, ma non dobbiamo mai dimenticare che la nostra vita si svolge in una sala operatoria: noi siamo solo gli strumenti, il bisturi nelle mani del “Medico dei medici”. L’uomo è inutile senza qualcuno che lo guidi, è un essere che inevitabilmente fallisce, e dunque se siamo orgogliosi, se pensiamo di essere perfetti e indipendenti, sosteniamo solo un’utopia; l’orgoglio può portare a vivere in un mondo immaginario dove noi siamo i supereroi, ma il problema è che nella vita reale nessuno ha i superpoteri, nessuno può essere onnipotente, tranne Dio, e quindi, nei momenti in cui sentiamo affiorare l’orgoglio, ricordiamoci di una maglietta in voga qualche anno fa con lo slogan “Keep calm” che recitava così: “Dio esiste, ma non sei tu: rilassati”. Rilassarsi e mettere da parte l’orgoglio, permette di assaporare le relazioni, permette di essere se stessi, permette di capire che non vale la pena sprecare la realtà, fatta di difficoltà e gioie, solo per sostenere un sentimento che non ci permette di vivere per davvero, ma che ci fa stare in un’esistenza che non può essere definita “vita”; ed è questo, il più grande sperpero che ognuno di noi potrebbe fare: sprecare la vita reale per una mera illusione.

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