Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

12493768 1123904480961248 5673967070824421921 oChiunque abbia frequentato, anche solo da lontano, il mondo dello spettacolo, sa che può essere tanto competitivo almeno quanto è scintillante ed ambito. Sa come farsi desiderare, ma è anche generoso, nel regalare delusioni cocenti, ed esclusioni eccellenti, solo per una performance sotto le aspettative oppure un pessimo marketing per un prodotto cinematografico più che discreto.
Ben sapendo che questa è la realtà, se tu fossi un giovane, magari giovanissimo attore alle prime armi, non pagheresti oro alla possibilità di avere un collega più esperto di te, pronto ad incoraggiarti, disponibile per un consiglio, sollecito ad aiutarti a realizzare il tuo sogno. E non perché sia un fallito che non abbia niente da fare nella vita, ma nonostante abbia impegni incessanti e variegati come regista, attore, sceneggiatore, giurato in giro per il mondo.
Ho sempre pensato che le vere cose belle della vita non avvengono mai “a causa di”; piuttosto, avvengono “nonostante”.
Perché se, nonostante tutto ciò, davvero esiste qualcuno che trova tempo per te, per seguire i tuoi goffi tentativi teatrali e correggerti e guidarti, pur avendoti altri impegni, è naturale nutrire per questa persona profonda stima ed immensa gratitudine.
Sarei banale se mi soffermassi ad elogiare le sue numerose ed ineguagliabili doti che indubbiamente aveva a profusione: una mimica facciale fortemente espressiva, per cui il minimo movimento era in grado di suscitare emozioni; una voce profonda e tagliente, con la rara capacità di dare spessore e gravità non solo alle parole, ma anche alle pause tra di esse, rendendolo quindi anche un ottimo doppiatore, oltre che richiestissimo per letture sceniche di testi teatrali o di poesie.
Nasce come attore teatrale, di stampo classico, e ciò è evidente; ma riesce ad evitare l’esasperazione cui spesso sono portati gli artisti di derivazione teatrale, privilegiando anzi una linea recitativa minimalista, in cui la profondità non cercava affatto l’esagerazione, ma sapeva essere incisiva come la lama di un coltello. Era questo il motivo per cui riusciva a penetrare con profondità i personaggi più tenebrosi e complessi, sapendone sviscerare l’interiorità cm una perizia sorprendente. Ma il suo segreto era semplice: “Se giudichi il personaggio, non puoi portarlo in scena”. Riuscire, però, nell’impresa di attuare una cosa simile era operazione assai ardua e senz’altro non priva delle necessarie qualità intrinseche, senza dimenticare la massima profusione d’impegno possibile.
È rimasto impresso per le molteplici interpretazioni di “cattivi”, spesso ambigui ed enigmatici (come Rasputin o il professor Piton, di Harry Potter), inquietanti (come il terrorista Hans Gruber in Die Hard, Trappola di Cristallo o l’ inquisitore di un film di nicchia contro le torture di stato come Closet Land), oppure brillanti, come lo sceriffo di Nottngham, in Robin Hood, il principe dei ladri (interpretazione che gli è valsa un BAFTA come miglior attore non protagonista, con la quale ha oscurato la performance del protagonista Kevin Costner). Ma era capace di ottima ironia ed interpretazioni comiche originali ed efficaci: basta pensare al l’imprenditore Harry in Love Actually, oppure all’eccentrico milionario in Gambit.
                 

“Il talento è un accidente di geni ed una responsabilità”. Ebbe modo di dire: e sembra quasi una citazione autobiografica. Dal momento che, oltre a possedere un indiscusso talento, lo metteva al servizio degli altri, quasi sentisse il dolce peso di questa responsabilità.
Ciononostante, il vero motivo di gratitudine è l’amore per la recitazione, che ha saputo trasmettere, oltre che ogni suo lavoro, anche ai tanti ragazzi che ha accompagnato nella loro carriera, sapendoli accompagnare con discreta sollecitudine ed affettuosa vicinanza. Dimostrando che c’è una paternità che valica la generazione e, consente, anche a chi non è padre nella carne e nel sangue, di poterlo essere attivamente ed utilmente, nei confronti di figli non propri.
Credo che, memori del suo insegnamento, consapevoli della sua discrezione su tanti altri aspetti (uno fra tutti, ha scelto di non divulgare la notizia della sua malattia, nota solo a parenti ed amici stretti, tanto che la notizia della sua morte ha stupito anche chi lo vedeva abitualmente uscire da casa sua), sia opportuno sospendere il giudizio al riguardo, nella certezza che, pur essendo sicuramente molte le cose celate ai più, era un uomo capace di Vera d profonda amicizia.
Anche questo dovrebbe far riflettere. Chi guarda questo mondo come spettatore, spesso, si aspetta che tutto sia pubblico e noto. Con la sua riservatezza strenuamente cercata, Alan ci ha invece ricordato che non tutto è necessario vada “in pasto” al grande pubblico. Esistono cose che richiedono tranquillità, ci sono argomenti che ognuno ha il diritto di mantenere alla sfera degli affetti più intima e familiare, escludendone tutti gli altri. Personalmente, concordo con questa visione, nonostante suoni un po’ strana in questo mondo invaso dai social network, in cui tutto è di pubblico dominio.
La sua vita non è stata sempre facile: orfano di padre, aveva altri tre fratelli e studiò come graphic designer, tramite la conquista di borse di studio, perché si prometteva come un lavoro più sicuro, nonostante la sua predisposizione per l’arte, la recitazione e la musica; solo a 26 anni, conclusi gli studi, ha intrapreso la carriera della recitazione, iscrivendosi alla Royal Academy of Dramatic Art (RADA), sempre grazie ad una borsa di studio. Forse per questo si è fatto padre di tanti giovani talenti, assumendo, in un certo senso, quel ruolo di padre che lui, nella sua infanzia, ha ricevuto per così breve tempo e che rischiano di perdersi e si sono persi tanti personaggi dello spettacolo che hanno iniziato molto (troppo?) presto la loro carriera artistica.
I ragazzi che ha aiutato, che ora sono davvero nel mondo dello spettacolo, dopo aver inseguito un sogno, e che ora lo ricordano con gratitudine sono tanti. E testimoniano la genuinità del suo animo generoso, di cui pochi erano a conoscenza; è proprio questa riservatezza è sigillo d’autenticità.
A titolo esemplificativo, perché racconti simili potrebbero farli Evanna Lynch, Daniel Radcliffe o Rupert Grint, ma anche attori un po’ più avanti con gli anni, come Colin Firth. Scelgo di chiudere riportando questo ricordo, tradotto, di Sean Biggerstaff per la bellezza, la schiettezza e la capacità comunicativa, che mi pare rachciudere in sé i ricordi di tutti gli altri:

Nel 1994 io, un idiota di 11 anni, misi piede nella sala prove dell’Old Athenaeum di Glasgow e fui accolto dal fottuto sceriffo di Nottingham con una voce che fece tremare la stanza. Ci sedemmo e il provino cominciò: i dialoghi erano così brillanti che non serviva fare altro che leggerli direttamente dalle pagine del copione.
Non ottenni la parte.
Ero troppo giovane.
Ricevetti, comunque, una lettera scritta a mano da Joyce Nettles, direttore del casting, che mi ringraziava per aver fatto il provino e che esprimeva rammarico per il fatto che non fosse andata bene. Non mi successe mai più una cosa simile e sospetto che Alan ci abbia messo lo zampino.
Due anni dopo tornò in città per scritturare le stesse parti per la versione cinematografica della rappresentazione teatrale. Non ero più troppo giovane, e così nell’inverno del 1996 mi ritrovai a trascorrere due mesi (senza scuola!) nella splendida East Neuk of Fife per girare un dannato film (L’ospite d’inverno N.d.R.) diretto da Alan Rickman, scritto da Sharman MacDonald con Emma Thompson, con il direttore della fotografica Seamus McGarvey e così via. Che fortuna spacciata.
Quando decisi di lasciare la scuola per cercare di vivere con questo mestiere, Alan organizzò un incontro con il suo agente.
Il primo provino che mi fece fare l’agente fu per Harry Potter.
Quando arrivai ai Leavesden Studios per la prima volta e incontrai David Heyman, lui mi disse di aver appena ricevuto una telefonata da Alan per dirgli che ero una persona splendida e che sarebbe stato folle a non ingaggiarmi. Alla fine mi ingaggiò.
Una volta sul set (quel set. Quel fottutamente glorioso mondo nato dalla mente di J.K. Rowling e portato in vita da mostrare al mondo intero, che io potevo toccare e su cui potevo camminare), Alan mi presentò praticamente a tutti i migliori attori inglesi di cui avevo sentito parlare. Gli diceva: “Questo è il mio ragazzo”.
Quando gli dissi che avevo adorato la rappresentazione teatrale di Private Lives in cui recitava, lui invitò me e il mio migliore amico a New York per trascorrere con lui il weekend e rivedere lo spettacolo. Ci portò a vedere altri spettacoli, ci portò in barca, ci fece vedere la Grande Mela.
Quando il mio amico Donny scrisse una parte per me nella sua opera teatrale, la mandai a Alan confidando in qualche suggerimento. Lui la ricevette prima di salire su un aereo. Appena atterrato, mi inviò una email dicendo di aver letto e amato il copione. Due giorni dopo ci mandò il copione stampato con una montagna di suggerimenti, tagli, modifiche scritte a mano, con una lettera indirizzata a Donny piena di consigli su dove e a chi poterlo mandare.
 Fece la stessa cosa per le quattro bozze successive. Ogni. Santa. Volta. In venti anni, tutta la mia esperienza con Alan è stata così. Lui viaggiava per il mondo per promuovere i suoi film, dopo aver finito uno spettacolo di Broadway, o prima di imbarcarsi su un nuovo progetto – era attore, regista, sceneggiatore, membro di giurie, mentore tra le tante cose – eppure ogni volta che avevo bisogno di aiuto, lui era lì, per concedermi il suo tempo. E, cosa meravigliosa, conosco almeno una dozzina di persone con cui aveva lo stesso tipo di rapporto. Era il nostro Padrino. Era il sussurro nell’orecchio giusto al momento giusto. Era un messaggio rassicurante quando sentiva, sempre nel giusto, che ne avevamo bisogno. Ci dava soldi per i servizi fotografici, i tappeti rossi e i viaggi, quando i tempi erano duri. Come abbia trovato il tempo – e la volontà – non me lo spiegare. Era la persona più generosa, saggia, talentuosa, carismatica, empatica che abbia mai conosciuto.
L’ultima volta che l’ho visto, Alan era stato a mia insaputa in ospedale nei precedenti dieci giorni. Quel giorno è uscito di casa per rispettare il nostro appuntamento a teatro. Stranamente, sono felice per quello spaventoso episodio, perché mi ha fatto realizzare che anche lui era mortale, fatto di carne e sangue, e che prima o poi non ci sarebbe stato più. Quella sera ci siamo salutati, l’ho abbracciato e gli ho detto di volergli bene e adesso ne sono felicissimo.
Lunedì prossimo comincerò le prove per un nuovo spettacolo. Sarà la prima volta da quando avevo tredici anni che non potrò chiamare Alan per consigli e supporto, e ne sono terrorizzato. Posso solo sperare di aver appreso da lui abbastanza da poter procedere da solo. Non ne sono così sicuro in tutta onestà…
Buona notte, Alan. Mi mancherai ogni singolo giorno.

AR SMemory21


Fonti:

Wikipedia

Il tributo del teatro di Volterra

Portus – il ricordo di Sean Biggerstaff

Il ricordo di Sean Biggerstaff su Twitter (lingua originale)

E a te se sei rimasto con Harry – 1: il ricordo del cast di HP

E a te se sei rimasto con Harry – 2: il ricordo di Evanna Lynch

HuffingtonPost – il saluto di Emma Thompson

BadTaste – il ricordo di Ian McKellen

The Guardian

Fanpage: un tumore al pancreas, diagnosticato solo sei mesi fa

Il ricordo di Colin Firth

 

Fonte iconografica:

il primo fotomontaggio è tratto dalla Pagina FB E a te se sei rimasto con Harry fin proprio alla fine

 

 

 

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