Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato
Studio come scalata - ChatGPT e lo studio

ChatGPT

Da circa un mese, fa molto discutere un nuovo prototipo di chatbot, denominato ChatGPT, che si basa sull’intelligenza artificiale e il machine learning (la possibilità, per le macchine di un apprendimento simile allo studio umano). In pratica, si tratta di una chat in cui un essere umano può dialogare su qualsiasi cosa con una IA, un’intelligenza artificiale appunto.

Con i miei studenti ci siamo divertiti a porre tutta una serie di domande di vario tipo, dalle più banali, come chiedere come si fa il pane, a quelle più difficili, come la domanda su Dio e l’immortalità dell’anima.

In linea col politically correct

Sarà bene chiarirlo subito. ChatGPT è a tutti gli effetti un vero ignavo. Sotto la sua bandiera, potrebbero accorrere tutti quelli che non si schierano, che non hanno il coraggio di decidersi per una cosa o per l’altra. Infatti, piace molto a chi ama il politically correct. Se gli chiedete, per esempio, se Dio esiste non vi risponderà né sì, né no. Se gli chiedete se sia giusto abortire, non vi dirà né sì, né no. ChatGPT è così, non si sbilancia. A parte se gli chiedete come si costruisce una bomba. Lì si sbilancia, perché ne andrebbe della vita stessa dei suoi creatori, che restano, alla fin fine, gli esseri umani. Difficile, a tal proposito, non pensare alle tre leggi della robotica di Isaac Asimov, dove si afferma che in alcun modo un robot può recar danno a un essere umano.

Una macchina non pensante

Ma per tutte le altre domande, come quelle citate sopra, come potrebbe rispondere altrimenti, cioè sbilanciandosi? Ad oggi è soltanto una macchina non pensante, ma solo un enorme bacino di dati da cui essa stessa attinge per fornirci delle informazioni. Quindi non gliene faremo troppo una colpa, non siamo ancora di fronte ai replicanti di Blade Runner o a Samantha di Her.

Il massimo, con il minimo?

Il problema di ChatGPT, semmai, sta da un’altra parte, quella degli studenti (e non solo) che, dall’alba dei tempi, studiano ed escogitano stratagemmi di ogni tipo per raggiungere il massimo voto con il minimo sforzo. Sono stati loro, tra i primi, ad accorgersi del nuovo arrivato. Per cui, in questo ultimo periodo sono apparsi, come dal nulla, elaborati e temi di una certa qualità, proprio da alunni che fino al giorno prima faticavano, non riuscivano a scrivere bene, erano decisamente parchi di parole, soprattutto, laconici negli scritti. Ma ecco giungere in loro soccorso questa specie di genio della lampada, a cui si possono chiedere infiniti desideri e non solo tre, a cui basta chiedere di scrivere un tema sulla Shoah e lui scriverà un tema, anche di una certa complessità e con una certa personalizzazione, sullo stermino degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.

E qui emerge il rischio più grande, cioè che i ragazzi non riescano più a criticare, a far critica, a prender posizione, perché assuefatti dall’ignavia, dal politically correct di ChatGPT, da questa chat-madre che rischierà di partorire uno stuolo di pusillanimi.

Sotto questa lente, la chatbot in questione sembra agli antipodi della scuola e della sua missione: creare menti pensanti, critiche e libere.

Perché far fatica?

Ad oggi, è una macchina che ha ancora grosse lacune, che fa errori, spesso banali, ma la percezione è che, con il tempo, diventerà uno strumento così potente, che, per gli studenti, elaborare un testo o risolvere un’equazione diventerà un atto eroico, da veri impavidi, un gesto di coraggio. Perché, diciamolo, la tentazione più grande di questa macchina è proprio quella di far credere che non sia più necessario un certo studiare per sapere. Perché dovrei far fatica per conoscere e analizzare, dati e fatti, che una macchina conosce infinitamente meglio di me?

L’ineludibilità del confronto e del pensiero critico

Solo lo studente più risoluto e consapevole capirà che è meglio non farne uso, che non sarà lì, chiedendo ad una macchina incapace di pensiero critico (per ora) che crescerà, ma sui libri, discutendo animatamente con i suoi compagni e confrontandosi con i professori. Non può essere diversamente.

Chiedere a ChatGPT di scrivere un testo di duemila battute, spazi inclusi, sull’influenza asburgica nel Veneto del 1800 (gliel’ho chiesto e me l’ha scritto nel giro di qualche minuto) e vederselo pronto, senza aver faticato per produrlo, è come farsi portare sulla cima di una montagna da un elicottero per ammirare il panorama. Si può fare? Sì, si può fare, ma cos’hai capito della montagna?

Ecco, io credo che studiare sia come scalare, come salire verso l’alto, sempre, costantemente, per tutta la vita e non trovarcisi già, in alto dico. È un gesto che costa fatica, di questo non ne dubita nessuno, ma quale gesto estetico, libero e vero non è esente da una certa fatica?


Fonte immagine: Pixabay

Alberto Trevellin (Padova 1988), laureato in scienze religiose prima a Padova, poi a Venezia, è insegnante di religione. Sostiene che i bambini salveranno il mondo e che senza di essi non potrebbe vivere. La mattina, quando si sveglia, guarda verso il monte Grappa, per il quale ha un amore smisurato. Ama camminare tra le alte cime delle Dolomiti, correre in mezzo ai boschi, andare per sentieri sconosciuti. È sposato con una donna che crede affidatagli da Dio e ha due bambine bellissime quanto vispe.

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