Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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C’è un mondo, là fuori, che attende. Attende di essere riconciliato con Dio. Spesso, con un Dio ignoto, oppure, misconosciuto. Negli Atti si parla di pagani. Ancora oggi, il paganesimo è diffuso. Anche tra cristiani. Sembra assurdo ed insensato, ma, alle volte, è proprio così. In una società dell’informazione, in cui siamo sommersi di informazioni, in cui le notifiche illuminano il display del nostro smartphone ininterrottamente, spesso fatichiamo a distinguere vero e falso e a capire quali siano le fonti realmente attendibili.
«Mi accorgo che Dio non fa preferenze di persone» constata Pietro. Una constatazione amara, per qualsiasi entro, consapevole di essere parte del popolo eletto, pesa sito da Dio a Suo insindacabile giudizio, preferenza senza eguali, data da Chi non muta giudizio sulla propria Parola, eterna, una volta data.
Abbiamo assistito, da poco, con grato stupore, alla beatificazione del giovane Carlo Acutis: innamorato dell’Eucaristia e del Rosario e di solito a diffondere la sua passione tramite il web, profeticamente consapevole delle enormi potenzialità di cui può essere capace la tecnologia dei nostri giorni, in ambito comunicativo, divulgativo, informativo ed ecclesiale.
Chi non sa, non ha colpa. Ma chi sa, è responsabile. Non solo per sé. Anche per gli altri: perché ciò che riceviamo come dono, non è mai per il nostro egoismo, bensì per l’edificazione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa, nel quale agisce lo Spirito.

La conoscenza non è fine a se stessa; noi non conosciamo semplicemente per il gusto di conoscere, per il gusto di riempire la nostra testa di concetti ma per realizzare il bene possibile; si conosce per amare! La conoscenza è sempre responsabilità perché in ciò che conosco si gioca la mia possibilità di amare: «A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto». In altri termini: la conoscenza non è fatta per riempire la nostra mente ma per muovere il nostro cuore. Eppure, succede che barattiamo spesso con la nostra volontà, ponendoci così una falsa domanda: «Ho voglia o no di fare una determinata cosa»?  E non ci poniamo la vera domanda che risponde allo spirito di verità che ci abita: «È bene o no che io faccia una determinata cosa»? La nostra intelligenza è fatta per obbedire al bene e non alle nostre voglie. Io sono veramente libero quando decido non secondo ciò che voglio ma secondo ciò che è giusto. Diceva un saggio: «La consapevolezza nell’uomo è tutto». Sì, è proprio così: più sei consapevole di cosa devi fare per realizzarti nell’amore, più possiedi veramente te stesso. Più ami, più sai chi sei.(Filippo Rubini, OP, omelia su Lc 12, 39 – 48)

La Parola è, infatti, meglio veicolata da una vita che si fa testimonianza. Come fu quella di Carlo Acutis. Perché, spesso, la predicazione più efficace risiede proprio in quel tentativo, seppur imperfetto per via della nostra natura, segnata dal peccato originale, non può passare inosservato, se supportato ed inabitato dalla preghiera, che lo rende autentico e sincero. Il mondo intero anela a questa testimonianza, che possa placare la sua sete di senso, in una vita che, altrimenti, rischia di illanguidire nell’arsura, come terra arida.
Il libro degli Atti racconta un episodio collegato alla storia dei primi cristiani. Il momento in cui ai cristiani provenienti dall’ebraismo si aggiunsero le conversioni dal paganesimo, la vexata quaestio (questione discussione a lungo) sulla circoncisione si fece cocente. Non era facile, per gli ex-ebrei accettare che i pagani potessero diventare cristiani, senza di essa, che, da secoli, aveva sancito, presso i loro Padri, la “porta d’ingresso” alla fede, oltre ad essere segno dell’alleanza con Dio.

Tuttavia, se guardiamo al Vangelo, non è la prima volta che Cristo addita i pagani ad esempio. La cananea (Mt 15, 21-28) ci viene incontro, con il suo amore sconfinato che, di fronte al dolore per una figlia, diventa maestra di retorica e, sorda rispetto alle rimostranze in forma di metafora del Figlio dell’uomo, prende l’ardire di rispondergli secondo retorica, fino a muoverLo a compassione; non solo, fino a farsi fare i complimenti da Lui (“Donna, grande è la tua fede”). Non solo: un esempio ancora più significativo ci viene dal centurione, che, nella speranza di poter guarire il servo che amava, decide di rivolgersi a Cristo, senza però ritenere il caso che questi si scomodi; tale delicatezza arriva a fargli dire: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa» (Mt 8, 8 -9). Le parole di un pagano (era un soldato romano), sono entrate così a far parte, per millenni, della liturgia (purtroppo, attualmente, sono un po’ diverse, nel rito ordinario), quasi un monito, sempiterno, ad essere pronti ad accogliere germi della fede anche dove non ce lo aspetteremo, a mettere in discussione le nostre certezze, per poter essere, in continuazione, discepoli di Cristo. Perché questo esige la fede in un Uomo sempre in cammino: essere disposti a camminare, a propria, con quella san(t)a inquietudine, che ci chiede di assecondare la rivoluzione di Cristo.

Cristo è la più grande contraddizione per i poteri religiosi e politici di questo mondo, oggi più che mai! Quando un cristiano prende sul serio la sua appartenenza a Cristo, inevitabilmente diventa antipatico, diventa un sovversivo per la logica di questo mondo perché la logica di Cristo è inconciliabile con la logica del mondo, così come l’amore è inconciliabile con l’egoismo. Al contrario, quando un cristiano non dà più fastidio, allora significa che ha perso la sua credibilità, significa che interiormente non sta più alimentando il fuoco di Cristo, significa che nel cuore non ha più il fuoco dello spirito ma ha una fiammella debole, pronta a spegnersi al primo soffio di vento. La parola di un cristiano è inefficace quando ormai si è conformata a tutte le altre parole del mondo e non si distingue più, non mette più in crisi, diventa una “lingua morta”. Oggi il cristianesimo sta diventando una “lingua morta” perché non è più alimentato dal fuoco dello spirito ma da tante altre parole mute che non sanno più parlare al cuore dell’uomo. Basta poco per infiammare il mondo: basterebbe pronunciare con intima convinzione il nome di Cristo! Questo è il cristianesimo in cui credo: una vita alimentata dalla sana inquietudine dello spirito! (Filippo Rubini, OP).

Anche negli Atti, del resto, è lo Spirito stesso a confermare l’intuizione che il Capo degli Apostoli accoglie con la prudenza del buon padre di famiglia. Avverte che Dio “non fa preferenze di persone”, tuttavia, inserisce tutto ciò all’interno della storia della salvezza, in cui egli stesso ha visto manifestarsi la potenza di Dio. Durante questo stesso discorso, lo Spirito discende, quasi a confermarne le parole. Di fronte a questo, i circoncisi si ritrovano ammutoliti, incapaci di ribattere quanto confermato dallo Spirito. Solo lo stupore può diventare allora manifestazione di assenso, rispetto a quanto è diventato volontà divina.    

Possa questo stupore abitare anche le nostre giornate, cosicché possiamo riscoprire, nel nostro quotidiano, motivi tangibili di gratitudine a Dio, per il suo operare, discreto e laborioso, nella vita di ogni uomo.


Rif: I lettura della I Domenica dopo la Dedicazione (At 10, 34-48a)

In quei giorni. Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passo beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome». Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo.

 

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