Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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Ancora una sfida, fiorita sul terreno di una sfida appena perduta: «I farisei, avendo udito che aveva chiuso la bocca ai sadducei». Orgogliosi fino all’osso: il Maestro è diventato l’oggetto del desiderio. La partita la vincerà chi riuscirà a metter nel sacco l’Invincibile: «Si riunirono insieme (…) per metterlo alla prova». Sono i topi della biblioteca, stavolta, a tentare l’arrampicata: è tutta la vita che, come dei dannati, analizzano la Legge con tutti i suoi commi e cavilli. Siccome sanno tutto, quando chiedono è solamente per sfottere, rivalersi, competere: «Nella Legge, Maestro, qual’è il più grande comandamento?» Son degli emeriti pitocchi, quattro tacchini in cerca di gloria. Insopportabili: tutta gente che mette i puntini sulle i, pronta a metter l’accento sulle parole, ossessionata da cosa c’è scritto. Sono loro che hanno inventato la morale, ch’è la cosa più insopportabile ch’esista. “E’ stato Cristo ad inventarla, che vai dicendo?” mi risponderebbero. Sono frottole, e loro lo sanno: Cristo non ha inventato la morale, quella l’hanno inventata i deboli. Ha inaugurato la vita cristiana, Cristoddio, la cosa più lontana in assoluto dall’imporre come vivere, o come morire. Lui, infatti, che è il Signore, resta fedele a se stesso: ogni uomo ha diritto d’essere contrastato con lealtà.
Lo combatte lealmente. Però, invece del piccone, usa il cuore: le mani, le ginocchia. Perchè il trionfo della demagogia è passeggero, ma la sua rovina è eterna: «Amerai il Signore tuo Dio – controbatte alla loro arroganza – con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente». Dio, dunque, sopra Dio nessun’altro: nemmeno la Legge. La tela delle prescrizioni è disfata dal Cristo: occorrerà tessere, con la medesima lana, maglioni nuovi. “Ama Dio!”, dunque: non perchè qualcuno te l’ha imposto di farlo, ma perchè Dio per primo ha già amato te. L’amore, dunque, sarà sempre un amore di risposta, la risposta ad una chiamata: “Vieni via con me, forza: ci stai?” Capita in ogni storia d’amore che la gente abbia più opinioni sulla vita degli altri che sulla propria. Cristo, invece, si ostina a mettere ordine proprio per questo: perchè se sei convinto che Cristo è l’assoluto, le cose relative indovineranno da sole il loro posto nel mondo. Dopo, il dopo, sarà tutto più chiaro, una chiara conseguenza: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Dio, l’uomo, te stesso: l’insopportabile triade dei farisei. Da te, attraverso l’uomo, a Dio: attraversando l’uomo giungi a Dio. E’ da solo, Cristo, contro tutti costoro che, come non bastasse loro, hanno l’armatura della Legge indosso, la bardatura dell’esercito schierato in battaglia. E’ solo, ma ha tutto per stare in piedi. Capiterà così anche nella storia: «Accade talvolta – scrive Charles Péguy – che piccoli gruppi di persone umili riescano a fare ciò che non hanno saputo fare grandi gruppi di persone importanti». Amen.
Le accuse son così fallaci d’apparire meschine: “Infrange il sabato, mangia con le mignotte, riconosce i diritti degli omosessuali, non disereda gli amori che si sono rotti”. Cristo va contro la Legge, il Papa disobbedisce alla Tradizione, la Chiesa sbanda: quando la legge viene prima dell’uomo, il non rispettarla è una condanna. Quando la legge viene posta al servizio dell’uomo, per quanto sia sgorbio dai troppi peccati nessuna legge potrà toglierli l’immagine riflessa di Dio che ha impressa sul volto. “Ama l’uomo, dunque. L’uomo che sei: sfatto, lercio, a brandelli. Triste, accidioso, lunatico”. Perchè nessuno di questi aggettivi, per quanto belli e grammaticalmente corretti, potrà sostituire il sostantivo che sei: tu sei uomo, donna. Prima il sostantivo, poi l’aggettivo: l’aggettivo è materia di ciò ch’è legge, ma il sostantivo è di Dio. Che poi, a dirla tutta, non è affatto vero che Dio veda tutto bello nella casa dell’uomo. Gli dice infatti d’amare se stesso, ch’è come dirgli: “Metti un po’ in ordine casa, bellomio!” C’è modo e modo, però, nel proporlo: un conto è invitare all’ordine, altro conto è dire “Abbatti casa tua!” La vergogna è sempre quella d’accorgersi troppo tardi delle verità più vicine a noi.

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Matteo 22,34-40).

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Dal 9 ottobre, in tutte le librerie, Ciò che vuoto non è (San Paolo, 2020), il nuovo libro di Marco Pozza
Il vuoto: «Mesi di vuoto dappertutto: dentro, fuori, in basso, qualcuno temeva pure lassù. Non è stato così: eppure “benvenuti alla resa finale!” hanno pensato in tanti». E se quel vuoto fosse stata una misura: “Quanto ti manco?” In una casa, l’unica stanza piena è quella vuota: è tutta colma del suo vuoto, di se stessa. E’ davvero necessario riempire ogni vuoto a tutti i costi?
In Ciò che vuoto non è l’autore ripercorre gli articoli del Credo cristiano alla luce del vuoto dei mesi di pandemia: «L’uomo ha diritto di voto, la bellezza ha diritto di vuoto per brillare» scrive. Che nome dare a quel vuoto? Per chi crede il vuoto è una mancanza piena di nostalgia, per chi non crede è pur sempre un’esperienza mistica: certe domande, comunque, hanno bisogno di vuoto attorno per respirare. Ripartiamo, dunque! Da quel sepolcro che le donne, a Gerusalemme, hanno trovato vuoto il mattino di Pasqua. E’ d’allora che quella cristiana è fede fondata sul vuoto, fede che ha diritto di vuoto.
Tra memorie paesane e sprazzi di attualità, l’autore si concede delle lezioni di lentezza per cercare una risposta alla domanda che ci interpella ovunque, soprattutto sul ciglio dell’afflizione: “Perchè credere quando attorno è buio”? Nell’emergenza il Vangelo resta uno spicchio di luna a forma di falce: la parte fulgente illumina quella oscura. Che vuota non è (dall’aletta di copertina).

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