Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

corridoi
Mi capita spesso, dopo gli incontri, di ricevere delle email: è gente che osserva, critica, condivide, dissente. Me le leggo tutte prima d’addormentarmi, per scaricare l’adrenalina dell’incontro. Non ne cestino nessuna, me le custodisco in un file, tutte. Anche se non riesco a rispondere. Questa, però, la voglio condividere con voi: perchè è vera oltrechè bella, onesta più che intelligente, simpatica perchè capace di far sorridere e riflettere. E’ anche il mio augurio per il Triduo Pasquale!
don Marco Pozza

«Monsignore! Ero ieri a Roe: è stata una serata intensa e bella: direi “edificante”, se “edificante” non fosse un termine che comporta un senso di ordinarietà. Ti ringrazio, perché è stato bello. Rientrando a casa, mi è venuto in mente, pensando a Cristoforo (ma più a Lodovico, che Cristoforo), ad Antonio, a Jacopo, il valligiano Albino Luciani, che diceva quasi fra sé e sé “dico uno sproposito: il Signore ama tanto l’umiltà che permette di fare peccati gravi”. E mi sono chiesto: ed io?

Peccati d’aridità, minimi, contabili, da imbranati, bilanciati da momenti di contenuto altruismo, civiltà, buonsenso, perché non si è solo trascinati in basso, ma anche attratti dall’alto. Ho la sensazione di fare parte di quella legione che non è di giusti, e non è di iniqui, ma che stanno nel mezzo, che nemmeno la pioggia sembra volere slapazzare. Quelli il cui più gran peccato, fa sorridere gli dei, quelli che sono solleticati dalla quotidiana, dolcissima, colpa del vivere. Quelli che nei Promessi Sposi al massimo possono assomigliare all’anonimo passante che tiene ad una bastone di distanza il povero Renzo che non vuole altro che un paio di indicazioni stradali, o al mercante (non privo di tratto, c’è da dire) che racconta all’osteria della rivolta a Milano. Quelli con cui persino Nostro Signore è piuttosto duro! Noi che teniamo mezza lampada sotto il moggio, noi fichi che facciamo qualche frutterello un po’ aspro un po’ dolce, noi servi tutto sommato fedeli ma che a volte prendiamo sonno, noi giovani più o meno ricchi che non abbiamo commesso adulterio, ucciso, rubato, detto falsa testimonianza, ma nemmeno abbiamo la forza di abbandonare tutto e seguirLo.

Se vogliamo essere giusti: noi ipocriti, più o meno consapevoli. 

Capitan Gesù, non stà lassù,
ma stà quaggiù a battagliar col male.
Sempre quaggiù a battagliar col male,
Gesù, mio generale!

È un tema che mi sta molto a cuore: anche chi ha un account Netflix e fa l’all-you-can-eat di sushi al sabato ha bisogno d’aiuto per permettere a Dio di salvarlo, ha bisogno di sentirsi dire che è destinato a diventare (e sentirselo dire in maniera ), un giorno, un principe nel più alto dei cieli, ha bisogno di sapere che in fondo il Nemico sussurra all’orecchio ad ogni santo giorno. Noi frivoli siamo forse più a rischio dei tuoi compagni d’avventura di Padova: perché (come direbbe Berlicche a Malacoda) noi non abbiamo scosse nella nostra vita che ci facciano intuire la precarietà del nostro equilibrio, e possiamo perderci.

Per cui don Marco, questo ti chiedo, e chiedo anche al Papa: è vero, Nostro Signore è venuto per gli ultimi, è venuto per i malati, per quelli coi piedi sporchi. Ma vi prego, portate pazienza e vogliate bene anche a quei poveri stronzi da metà classifica, quelli che ogni tanto hanno un mezzo raffreddore e un po’ di mal di schiena e che lavoricchiano nella vigna del Signore, quelli coi mocassini e le scarpe da ginnastica sopra le calze: perché siamo i tiepidi (Ap 3,16), e abbiamo davvero bisogno di preghiere!

Buona Pasqua!

Giovanni

P.S. Mi hanno colpito due cose, forse minori, ma a cui tengo: quando hai accennato a come il Credo sia una esuberante cosa da matti, ed a come scandivi il senso dell’Ave Maria. Se solo ci rendessimo conto della potenza, della bellezza, della densità delle nostre preghiere, se le assaporassimo ogni volta come il primo sorso di birra o il bacio di una bella ragazza, che vita nuova, faremmo!»

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(Roe di Sedico, BL, 16 aprile 2019)

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