Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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In basso, proprio tanto in basso, così in basso da “tutti giù per terra!”. Così in basso manco uno come Giovanni Battista – che era un uomo di fognature, scantinati, gattabuie – se lo era immaginato. Invece si abbassò così tanto che, vista la confidenza che c’era tra loro due, senza nemmeno appartarsi glielo disse, scioccando un po’ la folla tutta in fila indiana: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?» Il fatto era un tantino disagevole: l’Uomo gigante chiedeva al bambino piccolo una mano per ambientarsi bene nel mondo di quaggiù. Il contrario sarebbe stato più logico, invece capitò l’illogico: Dio si abbassò così tanto che l’uomo dovette abbassarsi per andargli incontro. Così in basso che, da che mondo è mondo, non si era mai sentito che Dio si fosse abbassato così. “Figurarsi se uno così può essere Dio, gente!”, bofonchiava l’arrogante di Satana, nascosto come un pipistrello tra i canneti del fiume Giordano. Non si accorgeva che, insultando, si stava sputtanando: «È stato l’orgoglio che ha trasformato gli angeli in diavoli – scrisse sant’Agostino -: è l’umiltà che rende gli uomini uguali agli angeli». Arroganza, Lucifero-pirlone, è credere di stare così in alto da non avere bisogno di un orecchio incollato a terra.
L’Uomo non chiede sconti: “Lei non sa chi è mio Padre!” Non cerca manco una scorciatoie, chiede-ottiene di farsi tutta la gavetta, come tutti: «Lascia fare per ora: conviene che adempiamo ogni giustizia». Umiltà e possedere le ali, saperlo e continuare a camminare. Che poi umiltà non significa pensare di valere meno degli altri, tanto meno stimarsi poco nel proprio valore. Umile è restare liberi dal pensare a se stessi: per pensare all’Altro. Per questo si abbassò, Lui che era certo di avere il posto-fisso in Cielo: per incoraggiare gli uomini a ritornare verso casa. Scese così in basso che i buontemponi gridarono all’eresia: “Stava meglio sulla sedia gestatoria. Sembrava più Dio con la tiara in testa, le babbucce colorate ai piedi, trincerato lassù dietro il balcone. Scendendo così in basso ha finito per cadere del tutto. Non è Lui Dio: il Dio vero era quello di prima!” Non capirono, non capiscono, che scendere così in basso non è l’umiliazione di Dio ma l’esaltazione dell’uomo: un giorno dirà d’averlo fatto perché altri gli vadano dietro, se lo riterranno opportuno per i loro cuori. Nacque laggiù al fiume, dopo il clamore di quel battesimo, la prima partita della storia cristiana, quella tutt’ora in corso: da una parte quelli che si dicono bravi da soli, dall’altra quelli che non credono di esserlo nemmeno quando glielo dicono gli altri. Cristo, da parte sua, tirò dritto: “Chi mi ama mi segua, chi mi odia m’insegua” deve aver pensato guardando Satana.
È riaccaduto, l’altro giorno, al battesimo di Mattia. Chi gli stava appresso, d’un tratto ha gridato: «Rinuncio a Satana». Per tre volte l’hanno giurato. Poi hanno giurato il suo contrario: «Credo in Dio». Le belle parole, però, andrebbero usate con cautela: arriva il momento, prima o poi, di dimostrarle. La data del compleanno è la prima delle due dati più importanti: ti ricorda in giorno in cui sei nato. L’altra, ancora più importante, è il giorno in cui hai capito perché sei nato. Per questo scese così in basso Dio. Per ricordare alla gente-nata il perché sono nati: non è scontato che tutti lo sappiano. «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». Sono un figlio: non sono stato scaraventato a casaccio nel mondo; c’è un Padre che, se voglio, mi terrà sempre per mano. Mi ama, tra l’altro, prima che io decida se amarlo oppure rifiutarlo. La cosa più bella è che, appena mi ha visto, m’ha detto che sono il suo orgoglio, un compiacimento. Parole che hanno la forza d’urto di un’asserzione d’amore: «Io ritrovo, passando, l’infinito nell’umiltà» (U. Saba).
Satana ribadì la sua convinzione: “Dio stava meglio sulla sedia gestatoria, portato in spalla. Faceva più effetto!” Date tempo al tempo: quando l’Uomo ch’è in basso si rialzerà, il pirla che ora sorride cadrà come un sacco di patate.
Cadere, però, non è come abbassarsi: scusate la precisazione.

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.
Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.
Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento» (Matteo 3,13-17).

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Vi aspettiamo, nel nostro viaggio di scoperta della terra armena, nella rubrica  Le ragioni della speranza, su RaiUno, il sabato pomeriggio alle ore 16.15 (in replica la domenica mattina alle 6.20). Questa settimana sarà nostra ospite la scrittrice Antonia Arslan.
Con questa puntata si conclude il nostro viaggio alla scoperta dell’Armenia. Una terra che ha visto l’intrecciarsi di battesimi e massacri, sangue e accoglienza, poesia e spiritualità. Luci e ombre di una nazione fragile, benedetta da Dio. L’Armenia è stato la prima nazione al mondo a convertirsi totalmente alla fede cristiana: la data del suo battesimo è l’anno 301. D’allora fino ad oggi la sua sua fede è ovunque: nelle croci di pietra, nelle chiese, nei monasteri. Immagini di una fede maturata attraverso le peripezie di una storia segnata dal genocidio.

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