Venne tratteggiato come gesto profetico quel biglietto lasciato da Giovanni Paolo II nel Muro del Pianto in occasione del Giubileo 2000. Un gesto di scusa, di consapevolezza, di purificazione della memoria. Una mano tesa su un popolo che, al pari di pochi altri, raccoglie il peso della storia. Scrisse Emile Zola: “Quando la verità viene rinchiusa sotto terra, vi si ammassa, acquista una forza d’esplosione tale che, quando scoppia, tutto salta in aria”. Domenica s’è celebrata la Giornata della Memoria, data simbolo per ricordare la liberazione di Auschwitz avvenuta il 27 gennaio 1945. Ogni anno si ripete: segno che la lezione non è ancora stata appresa. Infatti, cos’è cambiato?
Ieri erano gli ebrei, prima ancora gli armeni, oggi sono gli zingari, il popolo rom: vicissitudini meno mass-mediatiche ma luttuose fotocopie del destino di chi, colpevole d’essere minoranza, convive con l’incubo della distruzione. Un torrente di ebrei sono stati sterminati, ma un monito pesante son riusciti a gettarcelo addosso, quasi un’eredità da sciogliere con urgenza. Loro – emblema tragico del popolo inquieto che vaga errante sulla terra – c’hanno svelato che oggi l’inquietudine è diventata Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Con una necessità scesa direttamente da lei: la responsabilità!
Ad Auschwitz oggi campeggia un’ironica scritta: “Arbeit macht frei” (“Il lavoro rende liberi”). Un Uomo, di sangue ebreo tra l’altro, un giorno ebbe a dire: “La Verità vi farà liberi”.
Forse un giorno s’invertiranno quelle scritte…

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