Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Tra
allenamenti, sacrifici, cadute e ripartenze, sogni, pane e poesia… può anche
darsi che Oscar Pistorius non abbia letto una massima di Mikhail Bakunin: "E’ ricercando l’impossibile che l’uomo ha
sempre realizzato il possibile. Coloro che si sono saggiamente limitati a ciò
che appariva loro come possibile non hanno mai avanzato di un solo passo"
. Era
la favola da portare alle Olimpiadi di Pechino: la vittoria della volontà su
una storia frastagliata d’avversità. Storia che, per qualche giorno, aveva
oscurato le nubi minacciose di boicottaggio che pesano sulla prossima
competizione a cinque cerchi. C’era tutto: sofferenza e determinazione, poesia
e sudore, tenacia, caparbietà, forza di volontà. Ma soprattutto c’era lui,
l’atleta sudafricano che rincorreva un sogno: competere accanto ai mostri sacri
dell’atletica mondiale. Quando nasci bambino non puoi giurare che un giorno ti cingeranno
il capo d’alloro, ma puoi giurare d’averlo almeno sognato. Iniziano così le
grandi storie: d’amore, di sport, di vita. Quasi per caso, all’inizio.
Ma c’è
sempre un Gert Peter Brugemann (direttore dell’Istituto di Biomeccanica di
Colonia) di mezzo. Ovvero: la razionalità che uccide la poesia, il calcolo che
sterilizza la passione, l’ignoranza che decide il destino dell’uomo.
Proiezioni, calcoli e approssimazioni. Grafici, disegni e interpretazioni. Esce
la sentenza: le protesi lo avvantaggiano! Quasi a dire: fortunato lui ad essere
così: corre più veloce! Alex Zanardi, pure lui emblema di uno spirito che sa
ri-partire, disse: "Se una tua decisione
può cambiare la vita di un’altra persona, allora devi essere all’altezza"
.
Ovvero: devi essere uomo onesto! La pelle che si stacca, il sangue che cola
nella muscolatura, l’eleganza che viene meno, la fatica di far pace con una
nuova fisionomia: la sentenza ha ascoltato la storia? Ma forse questo è il
prezzo da pagare oggi: l’uomo vero non può brillare! Brugemann dirà che lo
sport dev’essere uguale per tutti, che l’uguaglianza non guarda in faccia la
storia, che la razionalità litiga con la compassione. Ha tutte le ragioni: fino
a quando scopriremo che sui cinque cerchi "versione 2008" s’adagerà – puntuale
come sempre – l’ombra di una siringa di steroidi.
Signor
Brugemann, cosa falsifica un risultato: due protesi necessarie per vivere da
protagonista l’avventura della vita o una sostanza che compromette in partenza
la dignità di una sfida? Gliela traduco sportivamente: tra Marion Jones e Oscar
Pistorius sarebbe proprio convinto di scegliere la prima?
Alla sua
scientifica intelligenza l’attesa risposta.

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