CiclistiDall’altopiano delle Vezzene all’amena Camporovere l’infinita serie di curve impone all’esperto ciclista una danza continua in sella al suo destriero. Gli arrischiati sorpassi degli automobilisti, le accelerate spaventose delle moto, il clacson inutile di chi odia il popolo della bici ti rammentano che la distrazione è vietata. Accanto a me un piccolo ciclista, poco più che dodicenne: muscoli appena delineati, la sua tutina dipinta di colori sgargianti e la sua amata bicicletta. In lontananza s’ode l’urlo di sirene spiegate: basta poco per infrangere il nobile silenzio della vallata. Dopo pochi istanti tre auto sfrecciano veloci, anticipate dai lampeggianti. Stanno scortando Magdi Cristiano Allam verso Asiago. Il bambino, un po’ spaventato, mi guarda tra il curioso e il preoccupato. Quasi a chieder il perché di tutta quella confusione. Gli parlo di quel giornalista egiziano che tanto m’appassiona, gli racconto la sua lotta contro il terrorismo islamico, gli dico del coraggio, della schiena dritta, delle sue parole taglienti. Gli spiego che oggi la scorta è raddoppiata perché ha scritto un libro: "Grazie Gesù". Gli assicuro che lo vogliono morto perché parla di Gesù, perché fa paura, perché è un uomo che ama la Verità. E lui, scattante nelle pedalate quanto nel pensiero, mi lancia la sua provocazione: "Ma allora perché in chiesa non ci sono sempre i carabinieri?".
Quanto fa male il cuore puro dei bambini! Quel piccolo ciclista aveva compreso che nelle chiese i carabinieri non ci stanno perché i cristiani non fanno paura. Non infastidiscono nessuno. Ma se l’uomo di fede non infastidisce più nessuno, significa che il messaggio che porta è vuoto. Ma se è vuoto è destinato a morire in fretta. Il vero problema è che i credenti non sono più un problema per nessuno. L’Allam convertito non fa altro che rammentare ad un mondo distratto l’urlo lanciato da Paolo: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio" (Rm 12,2).
Anche noi amiamo il Vangelo. Quando ci soddisfa con qualche storiella per i fanciulli, quando fa comodo infossare il crocifisso nelle scollature di seni rifatti, nelle pareti delle scuole, degli uffici, dei tribunali. Ma quando incita alla radicalità, allo scandalo allora è meglio nascondere, rimuovere. Vergognarsi e tacere.

Lui lo vogliono morto. Noi ci lasciano vivi.
Tanto le nostre parole non fanno paura. Ma nemmeno convincono.

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