Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Adesso la giustizia forcaiola tace: l’atteggiamento più scontato. E nel suo tacere ammette tutta la collusione nell’aver creato una mentalità che inizia a partorire le prime mostruosità: dietro ogni stupro ci deve per forza essere un rumeno (o i rom che per il popolo medio sono la stessa cosa). Quasi che lo stupro, l’assassinio, il furto o gli autisti ubriachi possano venire solo da quella zona dell’Europa. La giustizia forcaiola tace perché sa che la galera adesso se la dovrebbe fare tutta – per una giusta proporzione di trattamento – questa ragazzina che ora s’appiglia ai santini e alle lacrime per scansare la responsabilità di un pensiero che, pur partorito nell’ingenuità, non cancella l’istigazione all’odio. Le accuse parlano chiaro: procurato allarme e simulazione di reato, eppure nessuno invoca la pena di morte per questo tentato omicidio perpetrato stavolta ai danni degli innocenti. L’ultima volta che in carcere entrò uno di loro – poi assolto con formula piena – comparve una scritta sul muro della sezione degli infami: “la prossima shoah sarà rumena”. E’ da troppo tempo che stiamo giocano con la nostra democrazia.

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Eppure anche stavolta la natura ci viene in soccorso: il pesce comincia sempre a marcire dalla testa. Forse anche l’uomo, del quale questa sedicenne amorosa e festante è l’emblema ultimo: si comincia sempre a marcire dai pensieri che partoriscono poi i grandi drammi dell’umanità. E a forza di ragionare per luoghi comuni – “i Rom sono stupratori, i magrebini sono spacciatori, le tunisine sono zoccole, i preti sono pedofili” – anche la mente s’appisola e diviene incapace di partorire le condizioni per una convivenza civile. Il gesto può essere condivisibile o meno – fare l’amore a sedici anni tra ragazzi – e qui non c’entra il cristianesimo o la sua morale da tirare in ballo. Qui occorrerebbe solamente insegnare al giovane – prima che addottrinarlo ad una morale che sopprime gli affetti in nome della legge – che la libertà rende l’uomo responsabile delle proprie azioni. Educati a lungo a ragionare dando risposta al celebre ricatto – “non vorrai mica dare un dispiacere alla mamma, vero?” – non ci siamo resi conto in tempo che l’alternativa era di scaricare su altri il sospetto per metterci con le spalle al sicuro. “E’ stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Vorrei chiedere scusa ad un sacco di persone e non so come fare”. E’ emblematica l’ammissione che sia stata la prima cosa che le è venuta in mente quella di addossare il sospetto di un crimine infame al popolo Rom: emblematica perché ci dice che la decostruzione del pensiero in atto nella nostra Italia del Nord – con relativa istigazione alla xenofobia – è ad un punto lodevole di riuscita, sopratutto nel popolo giovane abituato ad agire in nome degli slogan. Ciò che colpisce è il silenzio di chi sulla caccia al popolo Rom ha costruito le sue battaglie fino a chiedere che li rinchiudano nelle celle di una galera e buttino le chiavi in mare. Che facciamo, adesso? Applichiamo lo stesso invito con questa sedicenne, purosangue italiano, famiglia insospettabile e frequentante abituale della Chiesa, di estrazione magari giacobina o leghista? La giustizia forcaiola tace: forse il silenzio è l’ultima forma di autodifesa che ci rimane quando contempliamo in anteprima il prodotto di una certosina manipolazione del pensiero.
La verginità è sempre stata additata dal popolo cristiano come uno stile di vita da salvaguardare e proporre nella costruzione di un cuore ordinato e di un’affettività matura. Ma se il prezzo da pagare per giustificarne la sua perdita è lo sterminio di un popolo, allora sarà meglio riflettere. Con buona pace di coloro che pensano che lo stupro sia sempre e solo “made in Romania”.

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