Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Una buona iniziativa.
Anzi no, un’azione deprecabile e blasfema.
Oppure un progetto che, buono nelle idee, è stato alquanto discutibile nella sostanza.
Su Fiat Lux – lo “spettacolo” di luci e fotografie proiettate sulla facciata della basilica e sulla cupola di San Pietro – è stato detto di tutto ed il contrario di tutto.
Io ho provato, davvero, a vedere il male allo stesso modo di chi ha gridato all’anatema. Ho cercato con tutte le mie forze di lasciarmi pervadere dal senso dello scandalo, ma l’eterna bambina che è dentro di me non ha voluto saperne di queste diatribe e si è lasciata affascinare da remoti angoli del mondo, da animali stupendi nella loro semplice bellezza e da esseri umani lontani per lingua e tradizioni, anche se tutti aventi per sfondo la chiesa che è l’emblema della cristianità. Anzi, proprio questo per me è stato il punto di forza.
Dov’è Dio? Si sono chieste molte persone.
Cosa c’entrano queste immagini con il Giubileo della Misericordia? Si domandavano altre.
Ed io, in principio, mi sono sentita in dovere di rispondere con minuziosità, citando versetti dell’Antico e del Nuovo Testamento, quasi ergendomi a misero avvocato difensore.
Ma la bellezza, per fortuna, non necessita di legali perché è lei ad interrogarci e mai viceversa.

fiat lux 18

Così, mentre mi cavillavo alla ricerca di altre risposte sensate da dare ai detrattori dell’iniziativa, la bellezza è giunta in silenzio e mi ha invitato a cambiare prospettiva. È giunta non in punta di piedi, ma tramite il palpito inudibile di leggiadre ali di farfalle posate quasi con delicatezza sulla cupola di San Pietro.
Il simbolo dell’effimero e della leggerezza su una possente costruzione architettonica che nella sua perfezione lancia la propria sfida ai secoli. Un ossimoro visivo più unico che raro.
Le farfalle, come altri pochi animali, hanno il pregio di poter osservare il mondo sottosopra senza scomporsi. Possono oscillare lievi alla brezza estiva, aggrappate ai sottili petali di un fiore che quasi non s’accorge del loro minuscolo peso.
La prospettiva della farfalla è quel punto di vista che ti chiede di cambiare per un attimo il tuo solito modo di pensare. All’inizio potrà sembrare difficile, addirittura rischioso, eppure di tanto in tanto è il modo migliore di osservare le cose poiché non cambia le carte in tavola, ma solo l’angolazione da cui le si guarda e talvolta può regalare la soluzione adatta all’occasione.
La prospettiva della farfalla è quella che t’invita a non arrovellarti per vedere Dio in ogni aspetto del mondo, ma piuttosto ti chiede di vedere il mondo con gli stessi occhi di Dio.
Osservare ogni essere vivente con quel medesimo sguardo d’amore che il Padre riserva ad ognuno, dallo stelo d’erba all’uomo quale vertice e custode del mondo creato.
Non è ricerca dell’idillio ad ogni costo, né tentativo illusorio di poeticizzare tutto.
È invece un battito d’ali, poetico e pratico al tempo stesso, proprio come la Misericordia, poiché l’atto concreto del perdono e della tenerezza di Dio è anche quello più poetico.

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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