Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

donbosco“Padova: territorio urbano telesorvegliato”*. Il prof. Allievi non poteva trovare immagine più azzeccata per accendere il dibattito sul rapporto tra Padova e i suoi giovani. Su quel cartello, invece, ci sarebbe l’imbarazzo della scelta per invogliare i viandanti a percorrere le sue strade: quella puntualizzazione – pur consapevoli che il vivere civile non è sempre di facile gestione – odora più di scoraggiamento che di curiosità. Eppure Padova avrebbe tutte le risorse per permettersi un altro cartello: “Padova: città giovane dall’antichità”. Non fosse altro che per quell’Università che campeggia statuaria sin da quasi 800 anni. Nonostante questo, però, la fatica di far convivere giovinezza e vecchiaia, istinto e istituzione, presente e futuro è ben lungo dall’essere chiarita; anche se il dibatterne è già segno che il tema è di stringente attualità.
Molto s’è detto in questi giorni e un aspetto balza agli occhi: mentre negli anni scorsi ognuno cercava di dare la sua interpretazione dall’osservatorio dal quale scrutava la realtà, in questo dibattito s’è abbandonato l’osservatorio per scendere nella strada e ascoltare la voce per poi rielaborare un’idea e cercare di farla diventare pensiero comune. Un aspetto rispettoso e culturalmente elevato per non continuare a leggere la realtà giovanile “dall’elicottero” e ripetere: “il mondo va male, il mondo è frammentato, i giovani non sognano, i ragazzi pisciano contro i portoni”. Semplici slogan che stavolta non sono quasi mai emersi e che, forse per questo, hanno acceso la curiosità della discussione nei vari social network e nel sito del nostro giornale. Scendere nella loro arena e far incrociare sguardi partiti da vissuti differenti, ci sta permettendo di capire che non è tutto da buttare via ma che un ecumenismo è possibile perché l’orizzonte è comune, pur divergendo su qualche strada da percorrere. Orizzonte comune e pure una convinzione comune: che gestire una città per via solamente legislativa è una pia illusione che si protrae dall’antichità. O si riparte dal cuore – di un ragazzo, di un popolo, di un pensiero – oppure si rischia di inanellare slogan sterili e infruttuosi.
Seguendo il dibattito c’è un aspetto che mi incuriosisce e che, sotto sotto, è anche il fallimento di un certo modo di fare politica e di essere Chiesa anche nella nostra città: quello di continuare a bestemmiare che “i giovani sono il nostro futuro”. Penso che la discussione in atto abbia già partorito un frutto chiaro: i giovani non ne possono più di sentirsi rimandare nel futuro la loro voglia di protagonismo ma chiedono sia data loro la possibilità di essere protagonisti del loro presente senza fronzoli, salamelecchi o illusioni varie. D’altronde che importa sapere che il futuro sarà nostro se dobbiamo pagarlo con una supina accettazione di un presente firmato da altri? Questo è stato telesorvegliato nella città di Padova con la discussione in atto.
Come sacerdote la discussione sulla “vecchiaia” di Padova m’interpella su una frontiera a me cara: quello della situazione giovanile “fuori dell’oratorio” e dall’appartenenza alle associazioni varie. O ri-troveremo il coraggio di partire da loro per arrivare a Dio oppure il nostro diventerà sempre più un “Fans Club” incapace di condividere parole di Cielo e pensieri di luce con i nostri giovani. Lo diceva don Bosco in una Torino forse non diversa da Padova: “i giovani li ami e poi li capisci, perché l’educazione è cosa del cuore (…) amando quello che i giovani amano, essi ameranno quello che noi amiamo”. Ameranno una città e una parrocchia che li farà sentire figli in una casa priva di telesorveglianza.


* Non solo Padova ma anche tantissime altre città t’accolgono con la scritta “Territorio urbano telesorvegliato” affissa sotto il loro bellissimo nome. Eppure ci sarebbero tantissimi altri motivi che meriterebbero di stare scritti al posto di quelle tre parole che incutono terrore, agitazione e sospetto. Chissà se don Giovanni Bosco – magari facesse funzione di sindaco – approverebbe la delibera che ha concesso l’installazione di quel triste benvenuto in città.

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