In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».
(Atti degli Apostoli 15,1-2.22-29)
Appena spuntava il sole, s’allacciavano i sandali e partivano. Ma prima che il sole tornasse ad addormentarsi tra le braccia della notte, i discepoli e il loro Maestro erano soliti ritrovarsi – attorno ad un fuoco acceso o nascosti nell’intimità di qualche rifugio domestico – per raccontarsi la vita. Si conoscevano ormai da anni, ma pure loro a volte faticavano a riconoscere in quel Volto una bellezza straordinariamente nuova. Così una sera, presa la parola, Gesù disse loro: “Il Regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra” (Mt 14,45-46).
E’ pennellata di uguale maestria la pagina che abbiamo sentito proclamare oggi nella prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli, libro che racconta i primi passi dell’avventura cristiana nel mondo. Una pagina che custodisce gelosamente le “traiettorie” del viaggio di Paolo e Barnaba che, sedotti dal fascino di quel Volto, crocifisso e risorto, si stanno lanciando sui sentieri dell’umanità per inondare d’eterna bellezza i volti che vanno incontrando, le storie che vanno scrivendo, le ferite che vanno risanando.
Certo, è un messaggio di gioia, di pace, di serenità perché tutto ha la sua radice nel fascino di quel sepolcro aperto trovato il mattino di Pasqua. Ma nel loro cuore è già vivo il prezzo che si dovrà pagare per mantenere vivo dentro il proprio cuore il fuoco di quell’amore: “esortandoli a restare saldi nella fede poiché è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio”. E’ qui ci ritorna cara l’immagine del seme che, sotto il mantello di letame, di rugiada e di silenzio deve morire per portare frutto, per ridipingere la terra di meraviglia nuova. Ecco perché la bellezza che s’irradia dallo splendore di Cristo non ammette sconti. In giorni lontani, seduto in compagnia dei suoi discepoli, il Maestro di Nazareth li invitava a rimanere desti, pronti a combattere, a rendere ragione della speranza che custodivano nel loro cuore: “Io sono venuto a portare il fuoco sulla terra” (Lc 12,49).
E la “geografia” della sua storia è abbozzata sin dai primi passi che, ancor bambino, disegnava mentre e ne stava coccolato nelle braccia della giovane Madre. Il vecchio Simeone, uomo saggio e fedele a Dio, aveva predetto a Maria che “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione” (Lc 2,34). Perché il suo è un messaggio che sveglia le coscienze, che allaga le sicurezze umane, che smantella i mille messaggi che costellano il nostro cielo, che non lascia in pace nessuno perché tutti son chiamati ad innamorarsi della Verità.
E coloro che – abbandonate le reti, dimenticati gli amori, ridipinto i sogni – han deciso di diventare nomadi per inseguire le sue orme sanno che questo sarà anche il loro sentiero. Il discepolo sa, ancor prima di iniziare il suo viaggio, che dovrà essere segno di contraddizione, profeta martoriato perché voce di Verità. Dovrà sapersi innamorare del silenzio del deserto, del fascino della solitudine, dell’asprezza della derisione… perché si vedrà accarezzato dal vuoto. L’uomo che denuncia, dovunque si trovi, non piace a nessuno, né ai padroni né agli schiavi. Rimane solo, ma sarà in quella drammatica solitudine che sboccerà l’unico crocevia in cui il cielo e la terra rimarranno abbracciati… Splendida un’espressione di uno scrittore inglese morto qualche anno fa, il quale diceva che “se non avete mai detto qualcosa che dispiaccia a qualcuno, è segno che non avete sempre detto la verità” (G. Greene).
Ed è proprio questo il dipinto che trasuda nello sfondo di tante pagine della Bibbia. L’uomo di fede è colui che ha il coraggio di lasciare la Parola di Dio come gli arriva, tagliente e rischiosa come una lama, capace di penetrare mettendo a nudo, aprendo tagli nella propria vita, magari imprevisti e dolorosi. Il vero discepolo è un uomo lacerato tra il cielo e la terra, appartiene a Dio e alla terra, ad una terra maledetta e ad un Dio tutto santo. L’uomo della Bibbia è uomo di tagli e di coltello.
Paolo e Barnaba si tuffano ebbri d’entusiasmo lungo i sentieri dell’Asia per far sbocciare la fede nel cuore delle persone. Affrontano tribolazioni, derisioni, ostacoli, minacce e prigionie ma nel loro cuore non viene meno l’amore per il loro Signore. Oggi, a distanza di due millenni di storia, il fascino di quel Volto non è sfumato… forse sta smarrendo la nostra passione, stiamo perdendo la poesia che zampilla in quegli occhi. E tante volte risuona splendidamente provocatoria e azzeccata la provocazione “scarabocchiata” da Ignazio Silone: “Sono stanco di stare con gente che dice di aspettare il ritorno di Cristo e la risurrezione dei morti con la stessa indifferenza con cui si aspetta il tram”.
Senza una scintilla che accenda il fuoco, tutto scorre con indifferenza.
GOD BLESS YOU
Buona settimana.