Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

Il Cardinale Casaroli realizza il suo capolavoro: va a Mosca in occasione delle celebrazioni del Millennio russo, incontra Gorbaciov al Cremlino (giugno 1988), ne prepara la venuta a Roma (dicembre 1989) e ottiene l’invito per il Papa a visitare l’URSS. Ma si arriva al doloroso paradosso che la visita di Giovanni Paolo II a Mosca non fa in tempo ad uscire dal veto del Cremlino che incappa in quello della chiesa sorella.
Da quella sconfitta ecumenica e dall’ansia apostolica – che l’induce a spronare la comunità cattolica sulla via della purificazione evangelica – viene il terzo motto del Pontificato, che scandisce l’avvicinamento al Giubileo del 2000: “A nome della Chiesa, io chiedo perdono“.

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Queste parole furono dette la prima volta in riferimento alle guerre di religione durante una visita alla Repubblica Ceca, nel maggio 1995. Esse riassumono la componente penitenziale del programma giubilare, dettato nella lettera Tertio millennio adveniente (1994), che ha – per la fase matura del Pontificato – l’importanza che ebbe la Redemptor hominis per la fase iniziale. Forse un giorno si dirà che il più grande dono di Giovanni Paolo II alla sua Chiesa è stato l’esame di fine millennio. Il riesame del caso Galileo (1991), lo studio – in appositi simposi internazionali – dell’antigiudaismo (1997) e delle inquisizioni (1998), la pubblicazione, da parte della Commissione teologica internazionale, del documento La Chiesa e le colpe del passato (2000) rappresentano il coinvolgimento della Curia romana e della Chiesa in generale nel mea culpa papale, che culmina con le sette richieste di perdono (“Mai più, mai più“) formulate dal Papa in San Pietro il 12 marzo del 2000: per i peccati in generale, per quelli commessi nella persecuzione degli eretici, contro l’unità delle Chiese, nei rapporti con gli ebrei, contro la pace e i diritti dei popoli, contro la donna e l’unità del genere umano, contro i diritti fondamentali della persona.
A partire dalla metà degli anni ’90, i giorni e le opere di Giovanni Paolo II sono guidati da un unico sogno: celebrare il Grande Giubileo ed introdurre la Chiesa nel terzo millennio. Oltre che dalla purificazione della memoria, l’anno giubilare sarà caratterizzato dalla celebrazione dei “nuovi martiri” (7 maggio 2000) e dal pellegrinaggio dei giovani a Roma (15-22 agosto), dai viaggi sul Sinai, in Terra Santa (febbraio e marzo 2000), in Grecia, Siria e Malta (maggio 2001).
Alla stagione dei mea culpa e del Giubileo appartengono i lasciti più audaci del Pontificato: l’abbraccio con l’ebraismo e la solidarietà con l'”Islam autentico” (nel 2001 visita per la prima volta una moschea a Damasco); la chiamata di tutte le Chiese a cercare, assieme a quella Cattolica, forme nuove per l’esercizio del “ministero petrino”, in modo che esso possa essere riconosciuto da tutti (Ut unum sint, 1995); la coerenza estrema in difesa della vita, che arriva a dettargli una nuova contrarietà per la pena di morte (Evangelium vitae, 1995).

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