Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

In un momento di parossistico buonismo, in cui si arriva, a tratti, al distacco della razionalità dalla realtà, è bene ricordare un grande personaggio come Elie Wiesel, che ci ha lasciati, non senza regalarci un grande insegnamento. Compresa quella sua fede difficile e sofferta, da internato ad Auschwitz, che l’ha portato a domandarsi dove fosse Dio, così dolorosamente muto di fronte al male. Eppure non ha lasciato ammutolire la speranza, ma ha ascoltato quella voce che suggeriva che Dio era lì, dolorosamente muto, ma presente, appeso alla forca, insieme a quel bambino (cfr. “La notte”).

Da sopravvissuto, ha sentito forte il dovere di testimoniare l’ingiustizia e la necessità di spolverare la memoria storica, per prevenire ulteriori genocidi, ulteriori massacri, ulteriori spargimenti di sangue: per questo, si è speso, senza risparmiarsi, per anni, a fianco degli oppressi, per denunciare ogni oppressione.

E oggi, ricordando la sua scomparsa dal suolo terreno, non possiamo che ricordarci il suo monito, quanto mai prezioso ed attuale, in tempi in cui qualcuno vorrebbe che piegassimo i nostri sogni al Nulla che vuole impossessarsi della nostra anima:

«Prendi posizione. La neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, non il torturato»

Eli Wiesel (Sighetu Marmației, 30 settembre 1928 – Boston, 2 luglio 2016)

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