CroceUna piccola croce severa
spicca contro il cielo turchino. E’ un richiamo severo, una voce, una memoria
per chi, forte della passione, rischiando c’ha lasciato come credito la vita.
All’atterraggio dell’ennesimo elicottero sul crostone dietro il rifugio un vecchio
signore – impoverito nella passione e disinnamorato del rischio che comporta
l’umano sognare – commenta: "Potevano
starsene a casa. Fosse per me li lascerei lì, altro che pagare i soccorsi"
.
E, trincando, rincarava la dose. Parole sbraitate sotto una tempesta estiva
d’agosto.
Estate di sport: tra
olimpiadi ed europei, sfide a distanza e amichevoli, gare iridate e sfide
incrociate, la stagione dell’arsura s’incolla alla fatica del gesto atletico.
Estate di sport e di morte: il Nanga Parbat, la montagna maledetta, ha chiesto
come prezzo l’audacia di K. Unterkircher. Il tempo di una perturbazione e il
K2, versante pakistano, torna ad alzare la voce e chiedere rispetto: quasi 10
morti spazzolati via da una slavina. Badare solo a se stessi è la ricetta migliore
per farsi inghiottire dalla montagna. Nelle osterie, luogo di culto e di
ridicole celebrazioni, rimbalza forte una tonta osservazione: perché pagare i
soccorsi, le spedizioni di salvataggio, i lanci in elicottero a gente che
s’innamora nello sfidare la morte? E’ perché conosciamo l’identità dell’uomo
del bar che portiamo pazienza. Non si può chiedere poi conto della passione,
dei colori, del brivido a chi riesce a malapena distinguere il Verduzzo dal
Prosecco di Valdobbiadene, il Rabarbaro dall’Amaro Lucano ma non arriva a
vedere – ostaggio del vino com’è – quel confine sottile verso il quale urta la
passione. Non riscontra la ricchezza portata al conoscere umano dalle scalate
pericolose del Messner trentino, il contributo dato alla medicina scalando senza
ossigeno, la bellezza di certi panorami appesi come poster nei soggiorni, sopra
i divani, nelle entrate. Non riserverebbe mai tenerezza per quel nuotatore
sbarcato a Pechino con la sua disarmante semplicità. Girava per i boschi a
tagliare l’erba e ora insegue gloria nella 10 km di nuoto. Si alza alle
sei, non va a ballare e fino a pochi mesi fa crollava dopo gli allenamenti. Ma
dice: "Rifarei tutto: la forza è nella
testa e nella passione"
. Sazio di tutto, non sa che farsene di quelle
briciole di pane che, invece, saziano la fame della donna cananea nel Vangelo
di oggi (Mt 15,21-28). Strappando pure l’approvazione del Cristo.
L’uomo del bar deplora
i soldi spesi per salvare gente che sfida la morte. Fosse logico nel suo
discorrere, saremmo costretti a lasciare sulla strada chi tenta le gare con le
moto schiantandosi, chi s’infossa ai lati della strada per esubero di
bicchierini, chi ingoia fiumi di pastiglie per salutare la vita dimenticando.
Chi, ad osteria chiusa, torna brillo per battere la moglie. O uccidere i figli.
Fosse logico si spegnerebbero quasi tutte le sirene delle autoambulanze. E le
si trasformerebbero in distributori viaggianti di alcolici.

Fosse logico. Ma non
sempre l’uomo è logico nei discorsi.

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