lumaca1

I numeri sono smisuratamente irrisori. Le prospettive sulle quali aprono sono sorprendentemente giganti. Sembra che nei Vangeli il Cielo sappia contare solo fino a dieci: raramente la numerazione supera il primo numero a due cifre. Quelle poche volte che accade, sembra quasi s’affretti a chiedere poi puntualmente scusa. Da uno a dieci: i primi numeri che s’imparano da bambini, i numeri che contengono il tutto (qualsiasi numero è composto di questi primi dieci numeri), la grammatica di qualsiasi altra moltiplicazione.

Che nella Scrittura – laddove il credere e la fede si moltiplicano solo condividendo – è sempre e solo una divisione (liturgia della XXIII^ domenica del tempo ordinario). Una condivisione, per l’appunto. Da uno a dieci, che è poi uno e zero: il mistero di un Regno che si nasconde nel piccolo della storia per allargare la capacità dello sguardo sull’Eterno. Sull’altrove di Dio. Pagine di Vangelo, che sono poi parole di speranza, racchiuse tutte nella fanciullezza di quei piccoli numeri. Nei Vangeli, come nei rotoli dell’Antico Testamento che li ha preceduti: anche là dietro – solo a mò di esempio – sarebbe bastato un solo giusto (il numero positivo più piccolo) per salvare un’intera città, quella di Sodoma. Una sola famiglia, anni prima, era rimasta tra i giusti di Dio: quella di Noè. In quell’uno custodito nell’Arca – e con esso una sola coppia di animali per specie – si salvò l’intero genere umano, uomini bestie. Si era solo agli inizi dell’avventura umana sulla terra, poco dopo lo splendore inimmaginabile dell’Eden, ma già il sospetto era alla portata di tutti: il Cielo da sempre preferì e preferirà il piccolo – l’apparente irrisorio, il quasi ridicolo – per sfidare la sagacia e il sapere del mondo avverso. Agli incroci della storia, poi, si rimarrà quasi sempre solo prossimi all’uno: sotto la Croce una donna rimase, in fronte al Sepolcro vuoto una donna lo riconobbe. Più s’abbassano i numeri, più la storia diventa femminile. Fino al numero più basso: uno. Anzi, una: Maria di Nazareth.
A piccoli numeri – che non significa “a piccole dosi”, visto che la percentuale di qualità sfida l’umano – corrispondono misure e prospettive illimitate. Spazi non misurabili: la salvezza e la dannazione, il bontà e la malvagità, il significato e l’insignificanza. Tempi non misurabili: l’Eterno, l’Eternità, il sempre di Dio. Dal piccolo all’immenso, per l’appunto. All’infinito dell’Eternità: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo (…) Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Te e lui solo: due persone. Casomai due o tre testimoni con te e lui: cinque. Il massimo è una comunità: che è la somma di una storia accanto all’altra. Pure Lui affida la sua Presenza a tale logica: ne bastano due, massimo tre e Lui c’è. C’è stato e ci sarà: sempre. E sempre col medesimo abbinamento: piccoli numeri vestiti con verbi che odorano d’intimità, di parole condivise, di sguardi incontrati: «ammonire, ascoltare, risolvere, sciogliere, accordare. Guadagnare». Dalla comunità più piccola che esista – io e te – al guadagno massimo che il Cielo conceda: «Avrai guadagnato il tuo fratello». Guadagnato: voce del verbo riscattare, nella cui eco batte forte il verbo salvare, proteggere, custodire. Amare.
I passi nella Scrittura sono sempre piccoli. Le rivelazioni sono sempre piccole rivelazioni; anche i sogni sono sempre piccoli sogni. Come i numeri, le presenze, gli amici del Cristo. Pochissimo all’inizio, per poi aumentare a dismisura: al raddoppio, all’infinito, all’inimmaginabile: il centuplo quaggiù e la vita eterna, robe da far girare la testa anche al più incallito dei fratelli di Giuda. L’inverso è sempre pericoloso: promettere in grande e poi firmare il quasi nulla. Lo assicura la storia, c’è scritto negli eventi, lo leggiamo nella carta dei giornali: numeri esorbitanti all’inizio per poi trovarsi con un pugno di sabbia alla fine. Un pugno di parole accartocciate e deluse: «Non potevo accettare questo modo di pensare: cercavo un Dio che mi aiutasse a vivere una vita al riparo dal caos, mentre per lui Dio era portatore di un’inquietudine infinita, e io non lo volevo» (L. Doninelli, Fa’ che questa strada non finisca mai). Cristo lo sa e non s’illude, non illude: meglio la confidenza dei piccoli numeri che l’arroganza delle grandi cifre. Dell’esagerazione. Che è poi sempre la sorella gemella della delusione.

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