Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

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La sua è stata una passione che è durata un’intera vita. È un privilegio, dunque, indipendentemente dal prezzo che Gli è stato chiesto: “Me l’avevano detto in tanti: fermati un attimo prima, perché un attimo dopo sarà troppo tardi” confida Cristo, l’acqua nella brocca e il  canovaccio tra le mani. “Non posso affatto, sono il Cristo, mi dicevo: devo loro l’esempio e l’amore”. È giovedì, giorno di pulizie. Nel cenacolo, qualcuno tra gli invitati inizia ad avere lo sguardo obliquo, a farsi clandestino in quella storia. Non solo Giuda, anche altri: qualcuno degli astanti, per tagliare l’aria, fa dei giri larghi di parole, a perdere tempo, per prendere tempo. Per Cristo, nel frattempo, scatta l’ora dei piedi: li lava, li asciuga, li bacia. Li ringrazia: per la strada percorsa assieme, la polvere sbattuta e quella respirata, per i viaggi di andata e di ritorno. A squadrarli dall’alto, i piedi danno l’impressione della confusione: c’è un disordine da emergenza in questa sala. La sera, poi, non è una qualunque: è per questa serata ch’è nato, venuto al mondo, cresciuto, fortificato. “Ormai il dado è tratto – dice tra Sé – Alternative non ce ne sono: o tutto o niente”. La sera, nel frattempo, s’è fatta buia, silente.
La Madre, da dietro l’angolo, spia la traiettoria del Figlio: gli evangelisti, la sola versione rimasta di quella sciacquata di piedi, tacciono la sua presenza. È il Beato Angelico a pitturarla (nella foto in alto): in ginocchio, accanto alla tavola, a festeggiare la prima comunione di quei primi Dodici, amici del Figlio, suoi figli(astri). “Mamma, cosa vuoi che ti dica: qui dovevo arrivare – Le bisbiglia da sotto le piantane dei Dodici -. Ti confesso che non pensavo finisse così, ma l’accetterò: d’altronde, li ho amati ancor prima che se ne accorgessero. Penso fosse questo, quando mi raccontavi cos’è l’amore, assieme a Giuseppe”. Lei, con lo sguardo di una madre, sguardi che cercano nei figli tracce di futuro: “Chissà cosa sarà di Te, amoremio. Non ti biasimo, accetterò di dipendere sempre dalla libertà che t’ho insegnato, imparandola da Te”. Glielo bisbiglia muta, acciuffano entrambi le parole al volo. Alzatosi da terra, il Cristo-adulto ha una luce nuova negli occhi, una luce di soddisfatta stanchezza. D’altronde, è l’atto finale di una musica tutta nuova: nessuna battaglia, eccetto quella che sta combattendo, avrebbe più senso combattere. “O la va, o la spacca!”. Amen e così sia.
I Dodici, se solo fossero uomini tutti d’un pezzo, firmerebbero all’istante una risposta all’altezza di quella divina provocazione. Tipo: “Adesso siediti tu, Rabbì: tocca a noi lavare i piedi a te. Accetta d’essere contraccambiato”. Magari il Cristo farebbe cenno di evitare, che non serve, di non disturbarsi: ma almeno il segno di volerlo fare Glielo dovevano. Invece nulla: la luce tempestosa dei loro occhi tradisce una litania di domande che lasciano precisi spazi di silenzio, spazi per le risposte. “Ma che sta facendo, Simone? È pazzo: guarda come si è umiliato! Uno così può essere davvero l’Iddio nel quale abbiamo creduto finora?” Satàn, il guastatore guascone, lavora col fioretto: ha già affittato il cuore di Giuda, ne restano ancora undici da accaparrarsi. “Pensateci! – serpeggia vigliacco – Anche se temo che il tempo sia scaduto”. Qualche semente del suo sguardo, inizia già a radicarsi nel cuore di questi umani. Fra poco si addormenteranno, saremo in piena emergenza: era la grande speranza di Satàn, la più sua grande meraviglia. “Ho, forse, puntato sui cavalli sbagliati, Padremmio? Mi stanno abbandonando, sembrano non capire, i loro sguardi giocano a farmi patire”. Il nemico, stasera, è nascosto dentro casa. “Stammi vicino, Mammamia!”
Avanti! È l’ordine del Padre: occorre adattarsi alle circostanze più ostili per dire d’aver amato sino in fondo. “Questo è il mio corpo, Giuda: mangiami, voglio essere tuo, qualunque cosa accada. Qualunque cosa tu faccia accadere” (Amen). Poi Taddeo, Andrea, Pietro, due Giacomo, Giovanni, Filippo, Tommaso, Bartolomeo, Matteo, Simone. (Amen). Il loro cruccio, l’indomani, resterà quello di non essere stati all’altezza della loro libertà, della loro originalità. “Vorrei soltanto capissero quanto ho desiderato ardentemente far questa cena con loro”, lamenta al suo cuore Iddio. Li guarda un’ultima volta, prima che fuggano: c’è un terrore ebete nell’aria. Il pane, quello dei fornai, ha sapore di cuoio al confronto.

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Giovanni 13,1-15).


Editoriali della Quaresima 2021
Mercoledì delle Ceneri, Ricordati che sei polvere (di stelle), 17 febbraio 2021
I^ Domenica di Quaresima, Cristo in controvento, 20 febbraio 2021
II^ Domenica di Quaresima, Il divino Lavandaio27 febbraio 2021
III^ Domenica di Quaresima, Vendono il sole per comprare una candela, 6 marzo 2021
IV^ Domenica di Quaresima, Chiaroscuri sui pipistrelli13 marzo 2021
V^ Domenica di Quaresima, La voglia di Te è più forte della voglia di me20 marzo 2021
Domenica delle Palme, Il Diomendicante e il frutto della Passione, 27 marzo 2021

La Quaresima con Giotto
I^ giovedì con Giotto, L’ingiustizia e la giustizia, 18 febbraio 2021
II^ giovedì con Giotto, L’incostanza e la fortezza25 febbraio 2021
III^ giovedì con Giotto, L’ira e la temperanza4 marzo 2021
IV^ giovedì con Giotto, La stoltezza e la prudenza, 11 marzo 2021
V^ giovedì con Giotto, L’infedeltà e la fede, 18 marzo 2021
VI^ giovedì con Giotto, L’invidia e la carità25 marzo 2021
VI^ Giovedì con Giotto, La disperazione e la speranza, 31 marzo 2021

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Dal 2 marzo, in tutte le librerie, Dei vizi e delle virtù (Rizzoli 2021), il nuovo libro di Papa Francesco e Marco Pozza

A Padova, nella Cappella degli Scrovegni, uno dei massimi capolavori dell’arte occidentale, Giotto racconta il percorso della salvezza umana attraverso le storie di Gesù e di Maria sulle pareti e il Giudizio Universale sulla controfacciata. Nel registro inferiore, in bianco e nero quasi fossero formelle in bassorilievo, Giotto dipinge le quattro virtù cardinali e le tre teologali alla destra del Cristo giudice, e alla sinistra sette vizi che delle virtù rappresentano il contraltare. Proprio a queste coppie di opposti – ingiustizia-giustizia, incostanza-fortezza, ira-temperanza, stoltezza-prudenza, infedeltà-fede, gelosia-carità, disperazione-speranza – è dedicata la nuova conversazione tra Papa Francesco e don Marco Pozza. Le virtù sono le strade che conducono alla salvezza, i vizi quelle che finiscono nella perdizione: “Le virtù ti fanno forte, ti spingono avanti, ti aiutano a lottare, a capire gli altri, a essere giusto, equanime. I vizi invece ti abbattono. La virtù è come la vitamina: ti fa crescere, vai avanti. Il vizio è essenzialmente parassitario”. Riflettere su questi temi serve a “capire bene in quale direzione dobbiamo andare, perché sia i vizi sia le virtù entrano nel nostro modo di agire, di pensare, di sentire”. Per questo, ogni capitolo è arricchito da un testo di Papa Francesco che approfondisce un tema del dialogo e da una storia di vita che don Marco Pozza ha ricavato dalla sua esperienza di cappellano del carcere di Padova. Perché nella vita quotidiana vizi e virtù procedono sempre intrecciati, e questo libro è un percorso che ci consente di ripensare insieme il compito, difficile e necessario, del discernimento tra il bene e il male.

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