Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

adolescenti-amoreLo spiega ma senza spiegarlo: tutto cerca l’Uomo dei Vangeli ma sempre cauto nel non-svelare appieno la profondità del Mistero che va racchiudendo. Glielo stanno chiedendo da quando ha messo piede in quel bagnasciuga di Genesaret a cosa si potrebbe paragonare questo Regno di cui tanta nostalgia è capace di suscitare in cuori sciocchi e assopiti. Lui tace, qualche volta s’azzarda nell’espressione di un fugace sorriso, il più delle volte accende la loro immaginazione: con racconti di contadini e massaie, flash di gigli e zizzania, di greggi e di ovili, di lievito e di senape. Forse loro non capiscono eppure un giorno capiranno, lo dovranno capire perché attorno a quel Regno così immaginato e saporito si giocherà il destino del loro essere uomini, accattoni disperati di felicità.
Non dice mai loro cosa sia esattamente il Regno: lo lascia immaginare stuzzicando la loro curiosità, frantumando la loro conoscenza dotta e ordinata, accendendo il sapore delle cose di Lassù. Non ne tratteggia l’identità perché nessuno possa dire prima di Lui “eccolo qui” o “eccolo là” e addormentarsi all’ombra della conquista: non sarà di proprietà privata di nessuno se non di Colui che il Regno l’ha voluto come spazio abitativo per la felicità ultima delle sue creature. Stavolta dice solo che “è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”. Un uomo cerca e trova. Ma potrebbe anche essere che trova senza cercare o che trova più di quello che immaginava andando alla ricerca: “trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra”. Chissà che valore quella perla! A lui, mercante esperto e fine, la bellezza di quella perla ha sbigottito l’attesa: ciò che è stato trovato ha superato di gran lunga ciò che andava cercando. A Cristo non interessa creare stupore parlando dell’uomo che cerca, ma ridestare la nostalgia pitturando la modalità di reazione a tale scoperta, ovverosia l’immediatezza della scelta: non c’è traccia di lotta interiore, di riflessione ponderata, di stima del rapporto tra perdita e guadagno: con il Regno di Dio le mezze misure non funzionano. L’unica assicurazione evangelica è lo scambio di quella perla con tutti gli averi che possedeva. Trattasi della furbizia di Dio: espone e allude al meglio inimmaginabile e poi lascia all’uomo la risposta alla domanda che mai farà: “accetti o non accetti?”. In realtà il mercante fa quello che farebbe qualsiasi persona che – avvezza al buon senso – non si lasciasse sfuggire simile occasione: ma nessun uomo è uguale ad un altro. Creati nella fantasia delle possibilità, per ognuno deve rimanere dischiusa quella del più alto destino come della più misera delle scelte.

“La sera mi appresto ad andare a dormire nel mio sacco a pelo, posto sopra un materassino coperto da un tappeto che ho comperato ad Islamabad. Riesco subito ad addormentarmi e a sognare. Dopo un po’ mi sveglio, sento che il vento si alza e fissando la mia lampada frontale torno alla realtà! Siamo qui per una “missione”: quella parete, quel seracco a metà parete non mi esce dalla testa. Ci vorranno sicuramente 10 – 12 ore per salire il seracco, mi chiedo se saranno ore inutili, ore che ci impediranno la salita? Cerco di riaddormentarmi, ma la mia mente è confusa da tante domande. La probabilità che il seracco piombi giù in quelle ore, è minima. Di certo non è una roulette russa. Però, mai dire mai! Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c’è la vita. Io la chiamo il mistero, del quale nessuno di noi ha la chiave. Siamo nelle mani di Dio e se ci chiama dobbiamo andare. Sono cosciente che l’opinione pubblica non è del mio parere, poiché se veramente non dovessimo più ritornare, sarebbero in tanti a dire: “Cosa sono andati a cercare là? Ma chi glielo ha fatto fare? ” Una sola cosa è certa, chi non vive la montagna, non lo saprà mai! La montagna chiama!”
(dal sito www.karlunterkircher.com)

Stesso spirito di tutti i viandanti, veri cercatori. Stesso spirito di Pietro, pescatore-scalatore dell’Estremo. Si chiamava ancora Simone quando sentì un urlo estremo sopraggiungere dal fratello: “Abbiamo trovato il Messia. Vieni a conoscerlo” (Gv 1,35 – 44). Lui ci va. Perché non è uno – come tanti, come troppi, forse come noi – che si accontenta di quello che ha: la barca, il lavoro, la famiglia, gli amici. Non gli basta la mappa del tesoro: vuole il tesoro pieno. La perla nella sua bellezza. Vuole di più! Sempre e solo di più. Gesù, dopo averlo fissato con i suoi occhi pungenti, lo sorprende, lo anticipa, lo spiazza: “Simone, tu ti chiamerai Pietro”. Pietro, da pietra, da roccia: qualcosa di solido, di robusto, di stabile. Simone dev’essersi fatto una risata amara. Si conosceva. Sapeva di avere tante qualità, ma non quella di essere roccia. Gli amici, la moglie, la suocera gliel’avevano cantato in tutte le salse: “Ti entusiasmi subito, ma ti sgonfi in un lampo”. Adesso questo Gesù, che lo vede per la prima volta, gli dice: “Ti chiamerai Pietro”. Non si scherza nelle pareti del cielo. Tenta l’avventura, vendi il campo, scommetti su quella perla. La Guida non svergogna mai nessuno. E lui, PietroSimone, per ripagare non si fermerà. Nonostante le bastonate, la prigionia, la persecuzione. Ormai è una roccia. Gesù, puntando sui suoi pregi e non sui difetti, l’ha trasformato!
La razza umana è forte quanto più è varia e quanto più si mette alla prova. Lo ammise senza messi termini Patrick de Gayardon, l’Icaro francese che danzava planando nell’aria: “L’estremo è ricerca. Del limite da superare, della meta più lontana che un uomo può proporsi di raggiungere. E, una volta che l’ha raggiunta, l’estremo diventa un ulteriore limite, una meta ancor più lontana”.
Sembra proprio che pure nel Vangelo ci sia un Uomo, sceso dall’Estremo Cielo per incontrare l’estremità della terra, che ai venditori di mappe preferisca follemente i cercatori incalliti dell’Estremo. Fino a rischiare la vita per Amore di un sogno.

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