Non ho fatto nessun approfondimento in materia di comunicazione: vivo di passione autodidatta. Per questo, nel dubbio, applico il teorema imparato all’università della nonna, quello del buon-senso: “Una risposta giusta data in un momento sbagliato rischia di diventare una risposta sbagliata”. Come è vero l’altro, stesso albero genealogico: “Una domanda mal posta può portare ad una risposta sbagliata”. Fatto sta che anche stavolta, soprattutto stavolta, Satana ha pisciato fuori dal buco. “Ormai ci siamo abituati!” diranno i più. Certo: questo è un punto a favore di chi è sicuro della sua presenza e della sua belligeranza. “Allora, se siamo abituati, smettila di parlarne!” alzeranno la voce fino a farla diventare rimbrotto. Assolutamente! Questo è quello che vorrebbe quel pirla-maiuscolo: di finire sotto-traccia, di passare inosservato, di sopravvivere nascosto. Per chi, come il sottoscritto, crede fermamente nell’esistenza di Satana tanto quanto crede nell’esistenza di Dio – con la differenza che Dio lo amo, a Satana gli piscio in bocca -, sa bene che quel lurido non ha mai guadagnato così tanto come da quando ha iniziato a spargere in giro la voce di essere morto. Si è finito per dimenticarsi di lui, d’importunarlo, di interrogarlo, di rinnegarlo.
Lo si è lasciato libero di zigzagare, di scorazzare a destra e a manca.
Sulla domanda – “E’ ancora opportuna la scelta del celibato nell’esercizio del ministero sacerdotale? – le risposte possono essere molteplici, fatta salva la serietà di chi vorrà dibatterne. La discussione, in atto da secoli, ultimamente ha infiammato la riflessione com’è normale che sia: ci sta che la realtà della storia interpelli l’idealità dei principi. Non è questo il punto. Che è tutt’altro: nell’attesa che Papa Francesco si esprima con una parola chiara dopo il Sinodo sull’Amazzonia e i relativi quesiti, è opportuno che una parte della Chiesa ufficiale crei ulteriore confusione, gettando nella mischia il Papa emerito? La guerra in atto, nella partita tra il mistero della salvezza e quello dell’iniquità, è alle stelle: più s’avvicina la sconfitta di Satana, più il codardo diventa pericoloso nella sua inimmaginabile finezza e acidità. C’è l’intera storia della salvezza ad accertare la serietà di questa battaglia. Stavolta più che mai, però, succede un fatto clamoroso: che la squadra avversaria, prima di entrare in azione, faccia male i conti non con la parte da fronteggiare ma con quella ritenuta, erroneamente, alleata. E’ il caso del libro Dal profondo del cuore del card. Robert Sarah – mica un prete da galera come il sottoscritto, ndr – che, al fine di dare il suo contributo in materia di celibato-e-dintorni (ne sono convinto), arruola in squadra nientemeno che Benedetto XVI. “Ci può stare. Che male c’è, dirà qualcuno”. Nessuno, a patto di non venire meno al proposito di Benedetto stesso nel rimanere, per i restanti giorni della vita, in un silenzio di preghiera, dopo la sua libera uscita dalla vita pubblica. Credo fermamente nella fermezza d’animo di Benedetto: nella sua fermezza d’animo. La scelta di gettarlo nella mischia, nel mezzo di un’attesa irrequieta, ha causato danno prima di tutto alla sua figura deferente e rispettosa, in punta di piedi: chi, magari colto da un pizzico di amarcord, voleva accreditargli chissà cosa, ha finito per fargli uno sgambetto indegno. Che, stavolta, ha costretto ciò che resta del suo entourage a fare marcia indietro pubblicamente: venga ritirato il nome di Benedetto XVI come coautore del libro e venga tolta la sua firma dall’introduzione e dalla conclusione. Cioè: Benedetto XVI, nome proprio di persona (non collettivo), non c’entra assolutamente nulla.
Tre Papi, finora, mi hanno aiutato a confermare la fede: Giovanni Paolo II è stato, per me, un papa da guardare; Benedetto XVI da ascoltare (con gusto); Francesco un papa da toccare (letteralmente). Guardare, ascoltare e toccare sono verbi tra loro non-belligeranti: tenerli uniti è il sogno di Cristo, disunirli è il tentativo (in atto) di Satana e compagnia bella. Anche stavolta Satana l’ha fatta fuori, ha grossi problemi di continenza: incuriosisce che, facendola fuori, se la sia fatta anche addosso e abbia dovuto chiedersi scusa. Il risultato prodotto? Più la guerra s’infuoca, più amo papa Francesco, la naturale prosecuzione di Benedetto XVI, prosecuzione del predecessore. E’ il buon-senso della nonna: una risposta giusta data in un momento sbagliato può diventare sbagliata.
Che, suo malgrado, tributa gli onori massimi all’uomo che si voleva sgambettare. Senza manco riuscirci, tra l’altro.