Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

potentati economiciMorire per una passeggiata. Per un caffé. O scamparla per un pelo. A Milano.
E poi venire a sapere che il responsabile di questa irrazionale e folle violenza era a piede libero, grazie alla giustizia italiana. Qualche parlamentare ha pure la faccia tosta di sottolinearlo: era fuori per un diritto sancito dalla Costituzione (tralascio la mia sempre viva polemica nei confronti della Costituzione e di un certo atteggiamento idolatra verso di essa).
Poi, sccorrendo un giornale o porgendo orecchio ad un notiziario televisivo, hai la possibilità di nefandezze finanziare punite con la carcerazione preventiva e rimani di stucco.
No, non è mia intenzione giustificare alcun crimine. Anche perché non sono nessuno per farlo.
Vorrei solo partire da questi due fatti per una riflessione più ampia.
Prevedere la carcerazione preventiva per reati finanziari e dimostrare di non essere in grado di garantirlo per soggetti che si mostrano pericolosi e violenti è come minimo un’evidente mancanza di prudenza e di rispetto per la vita più fragile ed esposta. In linea di massima, la carcerazione preventiva è oggettivamente un sistema contrario al normale svolgimento dell’iter processuale (e che, in un certo senso, ne mortifica il valore) ; tuttavia, io personalmente non avrei timore a prenderlo in considerazione nel caso in cui essa sia in grado di garantire (o quanto meno incentivare) la pubblica sicurezza.
C’è un principio che credo debba essere sancito in modo inequivocabile: nessun mio bene, né in contanti né mobile né immobile, può essere considerato in modo superiore rispetto all’integrità fisica (intesa in senso integrale, e questo in effetti complica un po’ le cose).
Come principio, qualunque danno inflitto a una persona è diretto e quindi va sancito il più presto possibile e va protetta quella persona perché non subisca altri danni e va messo l’aggressore in condizione di non nuocere. Non basta il dubbio che non sia lui, perché da è garantire che l’aggressività ferina di taluni individui non si abbatta su individui indifesi e incolpevoli. Se c’è anche una minima percentuale di possibilità che l’aggressore possa reiterare il reato, questi va messo preventivamente in carcere: non tanto in quanto punizione ma – piuttosto – in primo luogo come sistema di protezione della vittima e come prevenzione di ulteriori delitti.
È in sostanza questo il motivo per il quale anche la più “innocua” aggressione o violenza fisica ha, in un certo senso, il diritto di precedenza rispetto a qualunque altro reato legato al patrimonio, pubblico o privato che sia (truffa, collusione, corruzione, furto con destrezza).
Non a caso ho citato il furto con destrezza, ma non la rapina. Nella rapina è infatti possibile l’utilizzo delle armi per indurre spavento (solo questo, essendo potenziale causa di infarto, potrebbe anche essere fatale, per un anziano!) oppure l’aggressione fisica a mani nude o con armi di qualunque tipo, per convincere l’altra persona a consegnare il bottino richiesto. Quindi, pur essendo un reato contro il patrimonio, va in realtà ad intaccare l’integrità psico-fisica della persona prescelta.

Vi sono poi colpe morali, che non vengono spesso neppure ratificate dalla giustizia, che restano il più delle volte impunite e perpetuano la loro maligna sopraffazione su chi non ha la capacità o la possibilità di ribellarsi. Ne abbiano esempi ogni giorno. Alle volte, i diretti responsabili non sono che l’ultimo anello di una catena ad ingranaggi complessi, che a poco a poco ci sta mangiando vivi.
Rimanere senza lavoro e senza casa, pur intaccando dei beni concreti, che non sono fisici, in realtà è ugualmente una minaccia all’integrità delle persone. Significa eroderne la dignità dall’interno, mangiarne l’anima, rubarne i sogni.
Di questi fatti, la cronaca è purtroppo piena: la cadenza è ormai quotidiana. Suicidi che si susseguono senza tregua: imprenditori, commmercianti, liberi professionisti. Poco importa il mestiere esercitato: si tratta, in tutti i casi, di cittadini espasperati. Ma, su tutti, c’è uno struggente biglietto d’addio lasciato da uno degli ultimi suicidi avvenuti in questi giorni: chiedeva scusa ai carabinieri, per il disturbo arrecato con il proprio gesto. Questi sono gli uomini che si tolgono la vita, al giorno d’oggi, in quest’Italia in crisi di nervi. Abituati a non disturbare nessuno, a provvedere da soli a se stessi, non sopportano l’idea di essere nell’indigenza, di essere stati messi da qualcun altro nella condizione di non essere in grado di badare a se stessi. Si tratta di una ferita nell’intimo.
Senza dubbio c’è molto da riflettere sulla condivisbilità di gesti del genere o sulla sua loro effettiva e reale utilità. Resta un fatto: nessuno può conoscere in profondità l’altra persona e nessuno può permettersi di giudicarne il dolore.
Questi esempi finora riportati però mettono in evidenza come la crisi sia innanzitutto di valori e di incapacità di vedere quali siano le effettive priorità della vita.
Se i soldi valgono più della vita, se le banche valgono più dei cittadini, se il potere vale più di una coscienza pulita, se la speculazione vale più della sana imprenditoria che crea occupazione e posti di lavoro, la domanda diventa allora: quale mondo vogliamo per i nostri figli? Questo?
Un mondo nel quale l’Impero è assegnato al Denaro, mosso e gestito dai Burattinai, al cui cospetto tutte le altre persone non sono che burattini: inutili fantocci senza dignità. Che possono andarsene in silenzio, come in silenzio hanno vissuto, preoccupandosi di non disturbare.
Nell’indifferenza generale.

Fonti:

Carcerazione preventiva

Carcerazione preventiva: misura estrema e non prassi

Folle armato di piccone

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