Scrive
G.M. Missaglia: "Sport,
voce del verbo to sport: contare i passi, misurare il gioco con il
proprio corpo, con la propria vita. Conquistare lo spazio, controllare il
tempo, inventare un senso"
. In teoria. E in pratica?
"Ciao
papà, questa è l’ultima occasione in cui tutti vedranno quanto ti voglio bene.
La mia vita non sarà più facile, adesso, perché tu eri bravo in tutto ma
soprattutto nel fare il papà. Io non so stare senza te… Ti posso giurare che
sono e sarò sempre fiera di essere tua figlia"
(Fabiana Raciti). Che bello se
le mani idiote che sui muri dell’Appiani hanno scarabocchiato "Sbirri -1" avessero visto le lacrime di
quell’adolescente china di fronte alla bara di papà. Ammazzato. Perché? Perché
in mezzo a migliaia di persone, basta una sciarpa sulla faccia a convincersi
d’essere nascosti e insospettabili. Non solo a Catania! Ha ragione Pino
Ciociola: il calcio è un pretesto. Grosso, comodo, mediatico. Ma se non è una
partita è una mattinata di follia a scuola. E’ un disabile umiliato. E’ un
furto. Una rapina. Sponsorizzato e alimentato, magari, da interviste come
quella rilasciata da Caruso, deputato di RC, al Corriere. Come dire: prima vi diamo l’idea, ve la elaboriamo…poi vi
distruggiamo di discorsi quando la concretizzate. Ma chi sono questi ragazzi?
E’ difficile stringere loro la mano. Prima del loro volto solitamente arrivano
le notizie ANSA, il sangue, il dolore, la sofferenza e le interpretazioni degli
esperti di settore. A volte vengono tacciati come giovani "lupi" insoddisfatti,
tristi, bisognosi di atti di eroismo che li pongano tra i loro simili nella
categoria dei temerari. Eroi per soffocare la frustrazione e la voglia di
protagonismo assopita nell’anima. Eroi per far capire che ci sono! Forse che ci
siamo dimenticati di loro?
Manca solo
che – iscritti al corso di "tuttologia" di Pippo Baudo – qualcuno proponga lo
slogan: "Impiccateli tutti". Come se
un cappio legato ad un soffitto fosse la combinazione vincente di questa roulette che chiamiamo giovinezza.
Rimane l’amara constatazione di Savino Pezzotta, presidente della Fondazione
per il Sud, che s’interroga su che "cosa si agita nel mondo giovanile. Sono
figli nostri. Cosa abbiamo costruito per loro?"
.
Ma c’è da
credere che se non ci scappava il morto, sarebbe stata un’altra domenica di
"normale guerriglia".

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