L’avranno
appreso dai divi dello sport, della musica, dello spettacolo. Fatto sta che ora
rimane un tatuaggio ad imperitura memoria di un giovane amore. Sotto
quell’inchiostro, il mistero di un sogno da incubo: "Chiara". Due cuori s’erano incrociati: per caso, per fortuna, per appostamento.
Come tanti altri cuori. Incontrati, abbracciati e legati. Agganciati fino alla
gelosia: la stessa gelosia che, forse, li ha sciolti nel teatro dell’esistenza.
Fra tre giorni verrà archiviato come l’ennesimo omicidio-suicidio. Conselve
come Garlasco. Garlasco come Perugia: nomi anonimi divenuti metafore di freschezze
spezzate. Ma poi nulla di più, perché il teatro ha già altre richieste: "the show must go on" ("lo spettacolo
deve continuare"). Tra le macerie adesso si scava: alla ricerca di motivi ed
episodi, litigi e tentennamenti, amori singoli e doppiati. Supposizioni,
aneddoti e dicerie di paese. Un cenno merita una traduzione: lo snervamento di
Chiara nel vivere imprigionata. L’amore sboccia da un incontro. L’incontro
addomestica e allatta l’amore. Ma l’incontro, diventato pedinamento, incarcera
l’amore. E lo fa impazzire inaridendolo. Magari non sarà questo il movente
omicida, ma oggi troppi amori adolescenziali – guardati da fuori – chiedono una
stupida esclusiva. Senz’avvertire che la giovinezza necessita di respiro per
essere decifrata, tradotta, architettata. Tutto nasce da una grande attrazione:
e questo i ragazzi lo sanno. Forse dovremmo garantire loro che la grande opera
di architettura amorosa sarà quella di purificare il fremito di una passione
appena nata. E convertirla in progetto. Troppi amori sembrano affetti dalla
"sindrome del pollaio": si varca il cancelletto appena accoppiati e ci si
chiude dentro. Vivendo di frasi d’amore, di pruriti esistenziali, di promesse troppo
simili al mangime delle anatre domestiche. Scordando che fuori c’è un mondo che
bussa: passioni e vecchie compagnie, sogni e desideri, giovinezza del cuore e
fantasia dell’invenzione. Serrati dentro un piccolo recinto a vivere una piccolissima
storia d’amore che, eccetto qualcuna, un giorno riaprirà il pollaio e li farà
trovare spaesati. Perché, nel frattempo, la gente non li ha attesi. Li ha
guardati, li ha cercati, se n’è andata. "Amore,
sei diventata la mia dependency" – ha scritto una penna giovane sui muri di
Ponte Milvio, le cui pietre raccolgono più gridi d’aiuto che dichiarazioni
d’amore. Ma se l’amore diventa dipendenza, come lo si curerà? La Scrittura Sacra
soffre di "allergia agli steccati": propone la "terapia del ponte" come
antidoto all’abitudine. Un ponte a legame di due cuori. E sul ponte scorre la
vita, passano gli incontri, si stringono amicizie. Il ponte non chiude come i
recinti dei pollai, ma riallaccia e rilancia i passi dei viandanti.
Il ponte
sta al pollaio come l’abitudine sta all’innamoramento.
L’inizio
sembra indifferente. Solo l’inizio, purtroppo!